Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11141 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11141 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a LENTINI il 15/01/1992
avverso la sentenza del 31/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che, con sentenza del 31 gennaio 2024, la Corte di appello di Catania ha confermato – rideterminando la pena in diminuzione – la sentenza di primo grado, resa all’esito di giudizio abbreviato, che aveva condannato l’imputato per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, per detenzione, a fini di spaccio, di marijuana e cocaina;
che, avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, con il quale censura la violazione dell’art. 62-bis cod. pen. e vizi della motivazione, in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, nonostante l’incensuratezza dell’imputato stesso, la scarsa significatività dei fatti, la confessione degli addebiti, il comportamento collaborativo.
Considerato che il ricorso è inammissibile, perché riferito a un vizio motivazionale e a una violazione di legge e palesemente insussistenti, nonché del tutto privo di riferimenti critici alla motivazione della sentenza impugnata;
che, in ogni caso, la Corte di appello ha ampiamente preso in considerazione le doglianze difensive, delle quali quella proposta in questa sede, relativamente alle circostanze tematiche generiche, rappresenta la mera ripetizione;
che, del tutto correttamente, si sono valorizzati in senso negativo: la quantità dello stupefacente, le modalità di conservazione dello stesso, la pervicacia criminale dimostrata nel realizzare la condotta da parte di un soggetto che, pur formalmente incensurato, si trovava sottoposto a misura cautelare custodiale nell’ambito di diverso procedimento per reati analoghi;
che, tenuto conto della sentenza del 13 giugno 2000, n. 86, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2024.