Attenuanti generiche: i limiti del ricorso in Cassazione
Le attenuanti generiche rappresentano uno strumento fondamentale a disposizione del giudice per adeguare la pena alla specifica situazione personale dell’imputato e ai fatti del reato. Tuttavia, la loro concessione o il loro diniego è frutto di una valutazione discrezionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui questa valutazione può essere contestata in sede di legittimità, stabilendo un principio chiaro: se la motivazione del giudice è logica e coerente, non è possibile un riesame.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna per tentato furto in abitazione in concorso, pronunciata prima dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello. All’imputata era stata inflitta una pena di sei mesi di reclusione e una multa. La difesa, non condividendo la decisione dei giudici di merito, ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.
L’unico Motivo di Ricorso: il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche
L’imputata, tramite il proprio difensore, ha basato il suo ricorso su un unico motivo: la presunta mancanza di motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale. Secondo la difesa, i giudici non avrebbero adeguatamente spiegato le ragioni per cui tali circostanze favorevoli non sono state applicate nel calcolo della pena.
La Decisione della Corte: Motivazione Logica e Non Sindacabile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno osservato che la Corte d’Appello aveva, in realtà, fornito una motivazione chiara e ben argomentata per negare il beneficio. La decisione del giudice di secondo grado è stata giudicata priva di vizi logici e coerente con quanto emerso durante il processo.
Di conseguenza, la valutazione compiuta non era sindacabile in sede di legittimità. La Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti, ma una sede in cui si controlla la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. Quando la motivazione del giudice di merito esiste ed è immune da vizi, il compito della Suprema Corte si arresta.
Le Motivazioni
La Corte Suprema ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: la valutazione sulla concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione può essere contestata in Cassazione solo in caso di motivazione assente, palesemente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la motivazione della Corte d’Appello, pur sintetica, è stata ritenuta sufficiente a spiegare le ragioni del diniego, rendendo il ricorso infondato in punto di diritto. Proporre un ricorso basato su un dissenso rispetto alla valutazione del giudice, senza individuare un vizio logico-giuridico, equivale a chiedere alla Cassazione una nuova e non consentita valutazione dei fatti.
Conclusioni
Questa pronuncia conferma che la strada per contestare il diniego delle attenuanti generiche in Cassazione è molto stretta. Non è sufficiente che l’imputato ritenga di meritare uno sconto di pena; è necessario dimostrare un errore manifesto nel ragionamento del giudice. In assenza di tale prova, il ricorso è destinato all’inammissibilità, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso. La decisione sottolinea l’importanza di una difesa tecnica che sappia distinguere tra critiche di merito, non ammesse in Cassazione, e vizi di legittimità, gli unici che possono portare a un annullamento della sentenza.
È possibile fare ricorso in Cassazione se il giudice non concede le attenuanti generiche?
Sì, ma solo se la motivazione del giudice è mancante, palesemente illogica o contraddittoria. Non è possibile ricorrere semplicemente perché non si è d’accordo con la valutazione del giudice, se questa è adeguatamente giustificata.
Cosa significa che un ricorso è ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non può essere esaminato nel merito dalla Corte di Cassazione perché presenta vizi formali o, come in questo caso, si basa su motivi non consentiti dalla legge per questo tipo di giudizio, come la rivalutazione dei fatti già decisi dai giudici precedenti.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come stabilito dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7152 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7152 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GONZAGA il 06/11/1958
avverso la sentenza del 22/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 22 maggio 2024 la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronuncia del Tribunale di Modena del 10 dicembre 2020 con cui NOME era stata condannata alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 155,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 110, 56, 624-bis cod. pen.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, mancanza di motivazione in ordine al mancato riconoscimento in suo favore delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio osserva, infatti, come la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. ultima pagina della sentenza impugnata) ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di negare il riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. all’imputata, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 21 novembre 2024