Attenuanti Generiche: La Cassazione e i Limiti del Ricorso
L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno dei poteri discrezionali più significativi del giudice penale, consentendogli di adeguare la pena alla specifica realtà del caso. Tuttavia, la contestazione del diniego di tale beneficio in sede di legittimità incontra limiti precisi, come ribadito dalla Corte di Cassazione con una recente ordinanza. La Suprema Corte ha chiarito che, in assenza di vizi logici o violazioni di legge, la valutazione del giudice di merito è insindacabile.
I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo a sei anni di reclusione e 27.000 euro di multa per violazione della normativa sugli stupefacenti (art. 73, D.P.R. 309/1990). La sentenza, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte d’Appello, era stata impugnata dall’imputato con ricorso per cassazione.
L’unico motivo di doglianza sollevato dalla difesa riguardava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero errato nel negare il beneficio, incorrendo in un vizio di motivazione e in una violazione di legge.
Le ragioni dell’appello basate sulle attenuanti generiche
La difesa dell’imputato sosteneva che la Corte d’Appello non avesse adeguatamente ponderato gli elementi a favore del suo assistito, limitandosi a una motivazione generica per respingere la richiesta. L’obiettivo del ricorso era ottenere una rivalutazione che portasse a una riduzione della pena inflitta nei gradi di merito.
Le Motivazioni della Suprema Corte: La Logicità della Decisione di Merito
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara sui limiti del proprio sindacato. Gli Ermellini hanno sottolineato che il ricorso era stato proposto per un motivo non deducibile in sede di legittimità.
Il Collegio ha osservato che la motivazione della Corte d’Appello, nel negare le attenuanti generiche, era ben argomentata, priva di vizi logici e coerente con le prove emerse durante il processo. La valutazione del giudice di secondo grado, pertanto, si sottraeva a qualsiasi censura da parte della Cassazione. Il ruolo della Suprema Corte, infatti, non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito, ma solo di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione.
Citando un proprio precedente (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008), la Corte ha ribadito che il giudizio sulla concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nella discrezionalità del giudice di merito e, se sorretto da una motivazione adeguata, non può essere messo in discussione in Cassazione.
Le Conclusioni: Inammissibilità e Conseguenze
In conclusione, l’ordinanza stabilisce un principio fondamentale: un ricorso per cassazione contro il diniego delle attenuanti generiche è inammissibile se si limita a contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice, senza individuare un vizio di legittimità, come una motivazione manifestamente illogica, contraddittoria o una palese violazione di legge. All’inammissibilità del ricorso è seguita, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la valutazione di merito della Corte d’Appello sul diniego delle attenuanti generiche, mentre la motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta logica, coerente e priva di vizi di legittimità. La Cassazione non può riesaminare i fatti.
È sempre possibile contestare in Cassazione il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche?
No, è possibile farlo solo se si denuncia un vizio di legittimità, come una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, oppure una violazione di legge. Non si può chiedere alla Suprema Corte di effettuare una nuova e diversa valutazione delle circostanze fattuali.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato per legge al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3136 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3136 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a BARI il 12/07/1990
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 26 ottobre 2023 la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 18 ottobre 2022 con cui NOME era stato condannato alla pena di anni sei di reclusione ed euro 27.000,00 di multa in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione e violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento in suo favore delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità.
Il Collegio osserva, infatti, come la motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. pp. 1 e s. della sentenza impugnata) ben rappresenti e giustifichi, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di negare riconoscimento del beneficio ex art. 62-bis cod. pen. all’imputato, esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 18 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il Prssidente