Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 36879 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 36879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/12/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nell’accoglimento del motivo di ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Corte di appello di Napoli con sentenza del 05/12/2023 ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale della stessa città del 10/06/2020, rideterminando la pena inflitta COGNOME NOME in anni tre e mesi nove di reclusione ed euro 7500,00 di multa per il delitto allo stesso ascritto in rubrica (artt. 81, 110, 644, comma quinto, n. 3 e 4, cod. pen.).
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, COGNOME NOME che ha proposto un unico articolato motivo di ricorso, che qui si riporta nei limiti strettamente necessari per la motivazione, con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione perché omessa e manifestamente illogica in considerazione della mancata valutazione di elementi di prova quanto alla concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis cod.pen., nonché artt. 125, comma 3, in relazione all’art. 603 cod.proc.pen.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivo non consentito, generico e manifestamente infondato; il ricorrente si limita difatti a reiterare il motivo proposto in sede di appello senza confrontarsi con la motivazione della sentenza della Corte di appello, che ha richiamato nella sua valutazione i criteri di cui all’art. 133 cod.pen., precisando come fossero del tutto assenti elementi positivamente valorizzabili, di fatto neanche allegati alla difesa e come la gravità della condotta imputata si dovesse ritenere ostativa alla concessione delle richieste circostanze attenuanti generiche. Si deve in tal senso rilevare non solo la reiteratività, ma anche la genericità del motivo proposto (Sez.4, n. 256 del 18/09/1997, COGNOME, Rv. 210157-02; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, COGNOME, Rv. 236945-01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01; Sez. 2, n. 11951 del 20/01/2014, COGNOME, Rv. 259435-01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, COGNOME NOME, Rv. 277710 -01).
In conclusione, occorre ricordare che questa Corte ha ripetutamente affermato che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di
incensuratezza dell’imputato. (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489-01).
Il ricorso deve in conclusione essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ai sensi dell’art. 616 cod.proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12 luglio 2024 La Cons. est.