Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35683 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35683 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME (CUI: CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/06/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale in relazione alla dosimetria della pena e al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In primis, va rilevato che, diversamente da quanto annotato dalla cancelleria della Corte territoriale, il ricorso è stato proposto nei termini di legge.
Ciò ancorché in tema di impugnazioni, nel caso in cui il giudizio di appello sia stato trattato con procedimento camerale non partecipato e non sia stata avanzata tempestiva istanza di partecipazione ex art. 598-bis, comma 2, cod. proc. pen., l’imputato appellante non può considerarsi “giudicato in assenza”, in quanto, in tal caso, il processo è celebrato senza la fissazione di un’udienza alla quale abbia diritto di partecipare, sicché, ai fini della presentazione del ricorso per cassazion lo stesso non potrà beneficiare dell’aumento di quindici giorni del termine per l’impugnazione previsto dall’art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 49315 del 24/10/2023, L., Rv. 285499 – 01
Ed invero, la sentenza impugnata risulta pronunciata in data 23.06.2023 e depositata in pari data in cancelleria.
Il termine di 30 giorni di cui all’art. 585 comma 2 decorreva dall’8 luglio 2023 e quindi, tenuto conto del periodo feriale, scadeva 1’8 settembre 2023.
Tuttavia, il ricorso in questione è inammissibile, in quanto i motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimi perché afferiscono al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto che l’imputato ha già beneficiato di un trattamento a lui estremamente favorevole, con la quantificazione della pena nel minimo edittale, a fronte della detenzione di più dosi di diverse sostanze stupefacenti e di un comportamento non certo collaborativo e che non si vede sulla base di quali diversi ed ulteriori elementi concreti potrebbero essere riconosciute addirittura le circostanze attenuanti generiche.
Ebbene, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche, il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte
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di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obb della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
La motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugnato è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
L’obbligo motivazionale è dunque assolto laddove questa Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacab nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso -che peraltro non è quello che ci occupa- in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali so impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così questa Sez. 4, n. 46412 d 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8/5/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, COGNOME, Rv. 255153; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, COGNOME, Rv. 245596). E ancora di recente, è stato ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalit del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME ed altro, Rv. 271243).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammis bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ric al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento dell sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento d spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle mende.
Così deciso il 17/09/2024