Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35648 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35648 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con un primo motivo vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità, con riferimento al mancato confrontarsi del giudice di merito con la censura posta con l’atto di appello relativa alla modalità con cui er stato effettuato il riconoscimento dell’imputato da parte degli operatori di p.g. con il secondo motivo di ricorso violazione di legge in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, alla rideterminazione della pena nei minimi edittali e alla sospensione condizionale della pena.
I motivi in questione non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il rico e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e pertanto immune da vizi di legittimità.
2.1. I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto e si sono confrontati con le doglianze poste con l’atto di appello, ritenendo che la difesa si sia limitata a pro spettare mere ipotesi circa le ragioni alternative della presenza dell’imputato sul luogo di spaccio e sulla sua identificazione.
Si evidenzia in sentenza che ieppure l’imputato che, come ricordato dalla difesa, è stato presente al processo, ha mai sostenuto di trovarsi nel Parco delle Groane per acquistare stupefacente né, tanto meno, ha sostenuto di non esservi stato di modo che potrebbero porsi dubbi circa l’identificazione operata dalle forze dell’ordine.
Per contro, la fuga e l’abbandono dello zaino per terra sono stati logicamente ritenuti segni inequivocabili di una presenza legata all’attività di vendita e non acquisto di droga. Infatti, è del tutto inverosimile che un soggetto che si avvicina
al luogo di spaccio per comprare vi si trattenga oltre il tempo necessario all’acquisto sostando su un tronco adibito ad esposizione e, soprattutto, che lasci il proprio zaino vicino al “palo”, con il necessario incombente di recuperarlo dopo l’acquisto.
È invece del tutto spiegabile perché lo spacciatore lasci i propri effetti personali lontano dal luogo di cessione in modo da ostacolare la propria identificazione ove scoperto.
Rispetto a tale motivata, logica e coerente pronuncia il ricorrente, peraltro genericamente, chiede una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione e l’adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione. Ma un siffatto modo di procedere è inammissibile perché trasformerebbe questa Corte di legittimità nell’ennesimo giudice del fatto.
2.2. Le doglianze poste con il secondo motivo di ricorso sono manifestamente infondate in quanto afferiscono al trattamento punitivo laddove lo stesso appare sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243),
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto del loro diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche valutando la mancanza di elementi positivi valutabili ai fini del riconoscimento delle stesse e confermando la previsione del primo giudice sulla ininfluenza del precedente stato di incensuratezza dell’imputato sul giudizio prognostico favorevole alla concessione delle generiche, atteso che, successivamente alla commissione del reato per cui si procede l’imputato ha poi riportato altra condanna per fatti ulteriori (in sentenza si dà at che, come risultante dal certificato penale disponibile all’atto della pronuncia d secondo grado, pochi giorni prima della sentenza di primo grado l’imputato aveva riportato altra condanna – segnatamente in data 4.4.2022, divenuta irrevocabile il 12.7.2022- per fatti successivamente commessi da parte del Tribunale di Milano, alla pena patteggiata di anni 4 mesi 3 gg. 10 di reclusione oltre la multa per i medesimo reato.
Circostanza quest’ultima che è stato ritenuto ulteriormente corroborare il diniego delle richieste attenuanti generiche alba luce anche della condotta successiva al reato, nel solco del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordin al diniego della concessione del’ attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a q ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli al da tale valutazione (così Sez 3, n. 23055 del 23/4/2013, RAGIONE_SOCIALE e altro, Rv.
256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenua generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (cfr. e multis Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME ed altri, Rv. 260610 – 01; conf. Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 — 01;)
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma del ‘art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2024