Attenuanti Generiche e Ricorso in Cassazione: i Limiti Imposti dalla Giurisprudenza
L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno dei poteri più discrezionali del giudice penale, consentendogli di adeguare la pena alla specifica situazione personale dell’imputato. Tuttavia, la contestazione del loro diniego in sede di legittimità incontra limiti precisi. Con la recente ordinanza n. 34976 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio consolidato: non è possibile ottenere una nuova valutazione sulla congruità della pena se la decisione del giudice di merito è motivata in modo logico e sufficiente.
Il Caso in Esame
Un imputato proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato la sua condanna. L’unico motivo di doglianza riguardava la violazione degli articoli 62-bis (attenuanti generiche) e 133 (gravità del reato: valutazione agli effetti della pena) del codice penale. In sostanza, il ricorrente lamentava sia il mancato riconoscimento delle attenuanti, sia la determinazione di una pena base ritenuta eccessiva, chiedendo di fatto un giudizio più mite.
La Valutazione delle attenuanti generiche da parte della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Gli Ermellini hanno chiarito che il ricorso non mirava a denunciare un errore di diritto o un vizio logico della motivazione, ma piuttosto a sollecitare una nuova e diversa valutazione sulla congruità della pena. Questo tipo di richiesta esula dai poteri della Corte di Cassazione, che funge da giudice di legittimità e non di merito. Il suo compito non è decidere se la pena poteva essere più bassa, ma solo se il giudice che l’ha determinata ha seguito un percorso logico-giuridico corretto e privo di palesi arbitrarietà.
Le Motivazioni della Decisione
Il cuore della decisione risiede nella validità della motivazione fornita dalla Corte d’Appello. I giudici di secondo grado avevano negato le attenuanti generiche e giustificato la misura della pena valorizzando specifici elementi: la gravità oggettiva della condotta, l’entità del danno provocato alla persona offesa e, soprattutto, l’assenza di ‘resipiscenza’ o di altri fattori positivi che potessero indicare un ravvedimento da parte dell’imputato. Secondo la Cassazione, tale valutazione, essendo sorretta da argomentazioni sufficienti e non illogiche, non può essere censurata in sede di legittimità. La decisione del giudice di merito non è apparsa frutto di ‘mero arbitrio’, ma di un ponderato apprezzamento dei criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale stabile: il ricorso in Cassazione non è la sede per rinegoziare la pena. L’imputato che intende contestare il diniego delle attenuanti generiche o la severità del trattamento sanzionatorio deve dimostrare che la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o del tutto assente. Un ricorso che si limita a proporre una diversa lettura degli elementi già valutati dal giudice di merito è destinato a essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile ricorrere in Cassazione semplicemente perché si ritiene la propria pena troppo severa?
No. Secondo questa ordinanza, il ricorso in Cassazione non è ammesso se mira unicamente a una nuova valutazione della congruità della pena. È necessario dimostrare un errore di diritto o un vizio logico grave nella motivazione della sentenza impugnata, non un mero disaccordo con la sanzione applicata.
Quali elementi può considerare un giudice per negare le attenuanti generiche?
Il giudice può negare la concessione delle attenuanti generiche basandosi su una valutazione complessiva del fatto e della personalità dell’imputato. Come evidenziato nel caso di specie, elementi rilevanti sono la gravità della condotta, il danno causato alla vittima e l’assenza di segni di pentimento (resipiscenza) o di altri elementi favorevoli.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34976 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34976 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MONTEFINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/01/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di impugnazione con cui il ricorrente lamenta violazione degli artt. 62 -bis e 133 cod. pen. e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche ed alla determinazione de trattamento sanzioNOMErio non è consentito in sede di legittimità in quanto ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, sorre da sufficiente motivazione, non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionam illogico (vedi Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 2 47512 del 03/11/2022, COGNOME, non massimata). I giudici di appello, infat hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego delle invocate attenuan alla determinazione di una pena base superiore al limite edittale, la gravità condotta e del danno provocato dalla persona offesa nonché l’assenza resipiscenza ovvero di altri elementi favorevoli ad una mitigazione della pena ( pag. 2 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.