Attenuanti Generiche: i Limiti del Ricorso in Cassazione
Con l’ordinanza n. 30766/2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: i limiti di sindacabilità delle decisioni di merito riguardanti le attenuanti generiche e la determinazione della pena. La pronuncia ribadisce principi consolidati, offrendo un’importante lezione sulla distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
I Fatti del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. I motivi di doglianza erano essenzialmente due:
1. Mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche: Il ricorrente lamentava che il giudice di merito avesse erroneamente negato la concessione di questo beneficio.
2. Eccessività della pena: Si contestava l’entità dell’aumento di pena applicato per la continuazione tra i reati, ritenendolo sproporzionato.
L’imputato chiedeva, in sostanza, alla Suprema Corte una nuova valutazione di elementi già esaminati nei precedenti gradi di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha ritenuto entrambi i motivi manifestamente infondati, confermando integralmente la correttezza dell’operato della Corte d’Appello. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Attenuanti Generiche e Discrezionalità del Giudice
La decisione della Cassazione si fonda su principi giurisprudenziali stabili e chiari, che delineano nettamente i confini del suo intervento. Analizziamo le ragioni dietro l’inammissibilità di ciascun motivo.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
La Corte ha specificato che la contestazione sul diniego delle attenuanti generiche non è consentita in sede di legittimità quando il giudice di merito ha fornito una motivazione logica e priva di vizi evidenti. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva motivato la sua scelta sulla base dell’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato.
La Cassazione ha richiamato un principio fondamentale: il giudice non è tenuto a prendere in esame ogni singolo elemento, favorevole o sfavorevole, dedotto dalle parti. È sufficiente che la sua motivazione si concentri sugli elementi ritenuti decisivi, implicitamente superando tutti gli altri. Un riesame di tale valutazione fattuale è precluso alla Corte di Cassazione, il cui compito non è quello di giudicare nuovamente i fatti, ma di assicurare la corretta applicazione della legge.
La Determinazione della Pena
Anche il secondo motivo, relativo all’eccessività della pena, è stato respinto sulla base di un principio simile. La graduazione della sanzione, inclusi gli aumenti per la continuazione e le diminuzioni per le circostanze, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato in aderenza ai criteri indicati dagli artt. 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo).
Se il giudice assolve al suo onere motivazionale, facendo riferimento a elementi concreti e utilizzando argomenti logico-giuridici corretti per determinare la pena finale, la sua decisione non può essere messa in discussione in sede di legittimità. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare che quest’ultima sia stata espressa in modo coerente e non palesemente irragionevole.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza in esame conferma che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio di merito. Le valutazioni relative alla concessione delle attenuanti generiche e alla commisurazione della pena sono prerogative del giudice che ha gestito il processo e analizzato le prove. L’accesso alla Suprema Corte è consentito solo per denunciare vizi di legge o motivazioni manifestamente illogiche o contraddittorie, non per sollecitare una nuova e diversa interpretazione degli elementi fattuali. Questa pronuncia serve da monito: un ricorso basato su mere doglianze di merito, senza l’individuazione di specifici vizi di legittimità, è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e al pagamento di una sanzione pecuniaria.
È possibile ricorrere in Cassazione se non si è d’accordo con il diniego delle attenuanti generiche?
No, non è possibile se il giudice di merito ha fornito una motivazione logica e non palesemente errata. La valutazione sulla concessione delle attenuanti è un giudizio di fatto che non può essere riesaminato dalla Corte di Cassazione, la quale si limita a un controllo sulla legittimità e coerenza della motivazione.
La Corte di Cassazione può ridurre una pena ritenuta troppo alta?
No, la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione, ma può annullare la sentenza solo se la motivazione sulla quantificazione della pena è totalmente assente, manifestamente illogica o contraddittoria.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, il cui importo è fissato dalla Corte (in questo caso, tremila euro).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30766 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30766 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/12/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso próposto nell’interesse di .0Iadele NOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 8 della sentenza impugnata dove il giudice del merito ha correttamente motivato relativamente al diniego delle predette attenuanti considerata l’assenza di elementi positivamente valutabili a favore dell’imputato) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
ritenuto che il secondo motivo di ricorso, che contesta genericamente l’eccessività della pena relativamente all’aumento operato per la continuazione ex art. 81 cod. pen. non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 8 della sentenza impugnata dove il giudice del merito facendo uso di corretti argomenti logico giuridici ha correttamente determiNOME la pena finale);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21 giugno 2024.