Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26203 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26203 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/03/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NOCERA INFERIORE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NOCERA INFERIORE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NOCERA INFERIORE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
r+€1-it-e il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME eSe ha concluso chiedendo 04 C. tis Covl CP GLYPH rt2 GLYPH 1 71 -“C. r t;·Ir 0- – bitIsite-i4-€4.faiaseme
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe, in parziale riforma della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Firenze, in data 2 settembre 2022, ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di furto aggravato contestato al capo 4) della rubrica a NOME COGNOME e NOME COGNOME, per non essere proseguibile l’azione penale per difetto di querela; ha, in relazione a tutte le imputazioni, escluso l’aggravante di cui all’art. 416bis.1 cod. pen.; ha, quindi, rideterminato la pena inflitta dal primo Giudice a NOME COGNOME e NOME COGNOME in relazione alla loro partecipazione in un’associazione, di cui al capo 1 di imputazione, finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio, contro la pubblica amministrazione e in materia di armi, di stupefacenti e di immigrazione clandestina, nonché in relazione alla commissione di una serie di reati come quelli appena menzionati (di cui, per il primo, ai capi 2, 5, 6, 7, 8, 9, 9-bis, 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 21 e, per il secondo, ai capi 2, 3, 6, 7 e 15), rispettivamente in anni cinque, mesi sette e giorni venti di reclusione e anni due, mesi dieci e giorni dieci di reclusione ed euro 7.000 di multa; ha, infine, rideterminato la pena inflitta dal primo Giudice a NOME COGNOME, per i reati di detenzione e porto in luogo pubblico di ordigno esplosivo artigianale, nonché di danneggiamento, di cui ai capi di imputazione 16 e 17, aggravati dall’avere agito alle 4 di notte e, quindi, in circostanze di tempo tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, in anni due, mesi tre di reclusione ed euro 4.600 di multa.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME.
2.1. Col primo motivo di impugnazione la difesa denuncia violazione dell’art. 533, comma 1, cod. proc. pen.
Si duole il difensore che la colpevolezza del ricorrente non sia stata accertata oltre ogni ragionevole dubbio e che la motivazione della sentenza impugnata sia illogica laddove afferma l’inattendibilità di COGNOME e la falsità delle dichiarazioni spontanee dallo stesso rese.
Rileva la difesa che: – già in denuncia COGNOME ebbe a chiarire di essersi limitato, per l’intestazione del contratto di noleggio del veicolo coi quale fu trasportato l’ordigno, a dare la propria patente di guida a COGNOME; – le dichiarazioni di NOME COGNOME, secondo cui COGNOME
avrebbe partecipato alla consegna del veicolo e al pagamento delle spese di noleggio, risultano smentite dal contenuto di un’intercettazione ambientale su supporto informatico, versata in atti dalla difesa; – dalle minacce ricevute da COGNOME e dalla sottrazione del suo cellulare da parte di COGNOME, come anche dal fatto che COGNOME si sia addormentato tranquillamente in albergo a riprova dell’assenza di qualsivoglia agitazione, non può evincersi la consapevolezza dell’imputato di partecipare ad un attentato; – è illogica la motivazione della sentenza impugnata laddove desume l’inattendibilità della denuncia di COGNOME dal rapporto amichevole, dimostrato, non si sa in che modo, dal medesimo con COGNOME in occasione del controllo operato dalla Polizia stradale; – tali aporie motivazionali dimostrano come la condanna del ricorrente sia avvenuta in violazione del principio secondo cui la colpevolezza deve essere accertata al di là di ogni ragionevole dubbio.
2.2. Col secondo motivo di ricorso vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, per averle la Corte negate con una motivazione che non ha tenuto conto né della genuinità della denuncia né della scelta di recisione di qualsivoglia legame con eventuali gruppi malavitosi di appartenenza.
2.3. Con il terzo motivo di impugnazione si rilevano violazione degli artt. 132 e 133 cod. pen. e vizio e/o assenza di motivazione in ordine all’individuazione di una pena base superiore al minimo edittale e di un aumento di pena per la continuazione.
Il difensore per tali motivi insiste per l’annullamento della sentenza impugnata anche senza rinvio.
Propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore di fiducia, anche NOME COGNOME, deducendo vizio di motivazione circa l’esclusione delle circostanze attenuanti generiche.
Secondo il difensore la valutazione negativa della vita pregressa dell’imputato è stata illegittimamente “duplicata”, essendo stata riferita sia all’aumento per la recidiva, per confermarlo, sia alle circostanze attenuanti generiche, per escluderle.
Ricorre, infine, ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME, deducendo vizio di motivazione in ordine all’esclusione delle circostanze attenuanti generiche.
Lamenta la difesa che la Corte di appello di Firenze ha negato tali circostanze, sulla base esclusivamente della gravità dei reati per cui si procede e dello stabile inserimento di COGNOME nel sodalizio associativo di riferimento, senza valutare, a differenza di altri imputati giudicati nel medesimo processo, il suo profilo personale pregresso e in particolare la sua quasi incensuratezza.
Il difensore insiste per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte, AVV_NOTAIO, conclude per l’inammissibilità dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
Inammissibile è il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME.
2.1. Inammissibile, in quanto finalizzato ad una non consentita rivalutazione di elementi fattuali, è il primo motivo di impugnazione.
Invero, la Corte territoriale ricostruisce in fatto la vicenda delittuosa addebitata all’odierno ricorrente, con argomentazioni scevre da vizi logici e giuridici e ben ancorate alle emergenze processuali.
Si evidenzia, invero, per primo, il contenuto, palesemente illogico ed intrinsecamente inattendibile, delle dichiarazioni spontanee rese da COGNOME in data 23 febbraio 2021 (secondo cui l’imputato, che, in base a quanto da lui illogicamente denunciato, si sarebbe limitato a dare la propria patente di guida a COGNOME affinché lo stesso potesse prendere a noleggio la vettura senza preoccuparsi delle conseguenze, aveva meramente assistito ai fatti in una condizione di prostrazione a causa delle minacce di COGNOME); e si sottolinea come la versione dei fatti resa dal prevenuto sia smentita, oltre che dalle dichiarazioni del noleggiatore del veicolo, NOME COGNOME, circa la presenza e la partecipazione alla stipula del contratto e alla consegna dell’auto di COGNOME (circostanze non revocate in dubbio neppure dal contenuto dell’intercettazione ambientale versata in atti), anche dalle ulteriori risultanze probatorie illustrate dalla sentenza impugnata (a p.95), che dà conto e ragione della
reciprocità dell’accordo delittuoso tra COGNOME e COGNOME (frame di videocamera da cui emerge che, mentre uno degli occupanti era sceso dal lato passeggero con lo zainetto contenente l’ordigno, l’altro, rimasto a bordo del veicolo, lo aveva atteso con la portiera aperta, facendo inversione di marcia e allontanandosi rapidamente al ritorno del complice; constatazione da parte degli agenti di P.g. intervenuti in un sinistro in cui era coinvolta l’autovettura a bordo della quale viaggiavano COGNOME e COGNOME, circa la relazione amichevole tra questi ultimi).
2.2. Inammissibili sono anche il secondo e il terzo motivo del summenzionato ricorso.
Invero, sugli aspetti posti in rilievo nel ricorso la Corte di appello di Firenze si è già specificamente pronunciata, evidenziando che: – la formale assenza di precedenti penali a carico dell’imputato è controbilanciata dai precedenti di polizia per resistenza a pubblico ufficiale, rifiuto di fornire le proprie generalità, atti contrari alla pubblica decenza e oltraggio; – del tutto corretta appare la motivazione dell’impugnata sentenza circa il diniego delle attenuanti generiche, in ragione dell’assenza di circostanze concrete atte a fondare la mitigazione della pena; – non può ritenersi sufficiente, a tale riguardo, la postuma presa di distanza dell’imputato dal commesso delitto, frutto di una scelta opportunistica, data l’inattendibilità delle dichiarazioni così rese; – la valutazione del primo Giudice in punto di dosimetria della pena non può che confermarsi; – invero, il narrato di COGNOME per quanto riguarda la sua personale posizione si è rivelato inattendibile ed estrinsecamente contraddetto; – la valutazione negativa della personalità dell’imputato e la gravità dei fatti si desumono dalle modalità della condotta, avendo COGNOME preso parte all’attentato gli dalla fase organizzativa, offrendosi di prendere a noleggio l’autovettura per portarsi a Firenze in piena notte, compiere l’attentato ed allontanarsi precipitosamente.
A fronte di tali argomentazioni, è evidente l’inammissibilità dei motivi di ricorso che ancora una volta omettono di confrontarsi con la motivazione impugnata e di considerare che la concessione delle circostanze attenuanti generiche e la graduazione della pena derivano da un giudizio di fatto incensurabile se adeguatamente e ragionevolmente motivato.
Inammissibile è anche il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME, in quanto manifestamente infondato.
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Invero, il giudice nell’esercizio del suo potere discrezionale, può legittimamente negare la concessione delle attenuanti generiche e, contemporaneamente, ritenere la recidiva, valorizzando per entrambe le valutazioni il riferimento ai precedenti penali dell’imputato, in quanto il principio del ne bis in idem sostanziale non preclude la possibilità di utilizzare più volte lo stesso fattore per giustificare scelte relative ad elementi la cui determinazione è rimessa al prudente apprezzamento dell’Autorità decidente (Sez. 6, n. 47537 del 14/11/2013, Quagliara, Rv. 257281).
Nel caso in esame, peraltro, nell’escludere le circostanze attenuanti generiche, la Corte territoriale non si è basata soltanto sui precedenti penali, ma anche sul ruolo preminente dell’imputato nell’associazione per delinquere di riferimento e sulla pluralità e gravità dei reati-fine commessi, nonché sul fatto di avere commesso i reati per cui si procede, nonostante fosse stato sottoposto, non molto tempo prima, alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, in tal modo ancor più dimostrando la sua rilevante propensione a delinquere (p.98).
Inammissibile è, infine, il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
Il ricorrente omette, invero, di considerare che il giudizio sulla concedibilità delle circostanze attenuanti generiche è un giudizio di fatto e che la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione ovvero la valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente preternnessi nell’apprezzamento del giudice impugnato. Con riguardo all’imputato la Corte territoriale, che avrebbe potuto fondare il diniego delle circostanze attenuanti generiche anche soltanto sull’assenza di elementi positivi, valorizza la gravità dei plurimi reati commessi e lo stabile inserimento in una struttura delinquenziale consolidata, finalizzata alla commissione di numerosi reati di varia tipologia (p.99).
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e di una somma che si ritiene equo determinare in euro tremila a favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo le condizioni previste dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000.
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2024.