Attenuanti Generiche: La Cassazione Chiarisce i Limiti del Giudizio di Bilanciamento
L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più delicati nel processo di determinazione della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante lezione su come il giudizio di bilanciamento tra circostanze attenuanti e aggravanti influisce sulla quantificazione finale della sanzione. La Suprema Corte ha chiarito che concedere la prevalenza alle attenuanti non significa “cancellare” la gravità del fatto rappresentato dall’aggravante.
I Fatti di Causa: Un Ricorso Contro la Valutazione della Pena
Il caso esaminato riguarda un imprenditore condannato in via definitiva a una pena di due anni e otto mesi di reclusione per reati fallimentari. La Corte d’Appello, in sede di rinvio, pur riconoscendo la prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità (prevista dall’art. 219 della legge fallimentare), aveva fissato una pena base superiore al minimo edittale, giustificandola proprio con la “considerevole gravità del danno causato”.
L’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una palese contraddizione: come poteva la Corte motivare la severità della pena con un’aggravante che essa stessa aveva ritenuto “subvalente” rispetto alle attenuanti?
L’Analisi della Corte: Perché le Attenuanti Generiche Prevalenti non Eliminano la Gravità del Fatto
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato e privo di specificità. Il ragionamento dei giudici si sviluppa lungo due direttrici principali.
La Distinzione tra Giudizio di Bilanciamento e Dosimetria della Pena
Il punto centrale della decisione è la distinzione tra il giudizio di bilanciamento delle circostanze (art. 69 c.p.) e la successiva determinazione della pena (art. 133 c.p.). La Cassazione ha affermato che il fatto che le attenuanti generiche prevalgano su un’aggravante non elimina la sussistenza di quest’ultima. L’aggravante, sebbene “superata” nel bilanciamento, rimane un elemento del fatto-reato e la sua gravità può e deve essere considerata dal giudice nella valutazione complessiva ai sensi dell’art. 133 c.p. per:
1. Determinare la pena base: Il giudice può scegliere un valore superiore al minimo legale proprio in considerazione della gravità oggettiva del reato, di cui l’entità del danno è un indicatore primario.
2. Quantificare la riduzione per le attenuanti: La riduzione di pena (fino a un terzo) non deve essere necessariamente applicata nella sua massima estensione. Il giudice può operare una riduzione inferiore al massimo proprio perché la gravità del fatto, pur in presenza di attenuanti, lo sconsiglia.
In sostanza, non vi è alcuna contraddizione nel riconoscere la prevalenza delle attenuanti e, al contempo, tener conto della gravità del danno per modulare la pena.
Il Principio di Specificità del Ricorso
La Corte ha inoltre rilevato che il ricorso era inammissibile perché non si confrontava adeguatamente con la motivazione della sentenza impugnata. La Corte d’Appello, infatti, aveva concesso la prevalenza delle attenuanti non perché l’aggravante fosse di lieve entità, ma per altre ragioni favorevoli all’imputato: la notevole distanza temporale dei fatti, la condotta tenuta dopo il reato e l’età avanzata del condannato. Questi elementi sono stati ritenuti più significativi, ma non hanno cancellato la gravità del danno economico provocato.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Cassazione si fonda sul principio che la valutazione della pena è un processo complesso che non si esaurisce nel mero calcolo aritmetico derivante dal bilanciamento delle circostanze. Il giudice conserva un potere discrezionale, da esercitare con una motivazione logica e coerente, nel pesare tutti gli indici dell’art. 133 c.p. La prevalenza delle attenuanti non comporta un automatismo, ma sposta semplicemente l’equilibrio del giudizio, senza neutralizzare gli elementi sfavorevoli all’imputato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per la difesa tecnica: un ricorso basato su una presunta contraddizione logica deve affrontare e smontare l’intero percorso argomentativo del giudice, non solo un suo singolo passaggio. Dimostra inoltre che, anche in caso di esito favorevole nel giudizio di bilanciamento, la gravità oggettiva del reato rimane un fattore determinante per la quantificazione finale della pena. La concessione delle attenuanti generiche prevalenti è una vittoria importante, ma non garantisce automaticamente l’applicazione della pena minima.
Se le attenuanti generiche sono dichiarate prevalenti su un’aggravante, quest’ultima viene completamente annullata ai fini della determinazione della pena?
No. La prevalenza delle attenuanti sull’aggravante non esclude la sussistenza di quest’ultima. Il giudice può ancora considerare la gravità del reato, inclusi gli elementi dell’aggravante (come l’entità del danno), per determinare la pena base e l’entità della riduzione da applicare per le attenuanti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile anche per ‘mancanza di specificità’?
Perché l’imputato non si è confrontato con la reale motivazione della sentenza d’appello. La Corte d’Appello aveva concesso la prevalenza delle attenuanti non perché l’aggravante fosse di scarsa importanza, ma in virtù di altri elementi favorevoli all’imputato (risalenza nel tempo dei reati, condotta post-reato, età avanzata).
Quali elementi ha considerato la Corte d’Appello per concedere le attenuanti generiche prevalenti?
La Corte ha valutato come prevalenti elementi favorevoli all’imputato quali la risalenza nel tempo dei reati, la condotta tenuta dopo la loro consumazione e la sua età avanzata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36620 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FOSSANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/11/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO e CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME, per mezzo dei suoi difensori AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso contro la sentenza emessa in data 28 novembre 2024 con cui la Corte di appello di Bologna, quale giudice del rinvio disposto dalla Corte di cassazione in data 21 febbraio 2023, parzialmente riformando la sentenza emessa dal Tribunale di Torino emessa in data 20 febbraio 2019, lo ha condannato alla pena di anni due e mesi otto di reclusione, dichiarando le attenuanti generiche prevalenti sulla residua aggravante di cui all’art. 219, comma 1, legge fallimentare;
rilevato che il ricorrente deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione per avere la Corte di appello applicato una pena base superiore al minimo edittale giustificandola con la considerevole gravità del danno causato, così contraddicendo la sua stessa valutazione della subvalenza dell’aggravante di cui all’art. 219, comma 1, legge fallimentare, e per avere applicato una riduzione, per le attenuanti generiche prevalenti, inferiore al massimo, sempre motivando la decisione, contraddittoriamente, con la rilevante gravità del danno causato;
ritenuto che il ricorso sia manifestamente infondato, in quanto la valutazione della prevalenza delle attenuanti generiche sull’aggravante dell’avere cagionato un danno di rilevante gravità non esclude la sussistenza di quest’ultima, e non preclude la valutazione della gravità del reato, ai sensi dell’art. 133 cod. pen., per la gravità del danno causato, valutazione che incide sulla determinazione della pena base nonché sull’applicazione della riduzione prevista per le attenuanti generiche;
ritenuto che il ricorso sia inammissibile anche perché privo di specificità, in quanto non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, che ha concesso la prevalenza delle attenuanti generiche non perché ha ritenuto scarsamente rilevante l’aggravante in questione, ma perché ha valutato prevalenti gli elementi favorevoli all’imputato, costituiti dalla risalenza nel tempo dei reati giudicati, dalla condotta tenuta dopo la loro consumazione e dalla sua età avanzata, così non incorrendo in alcuna contraddittorietà né manifesta illogicità;
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di
elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 ottobre 2025
Il Consigliere estensore
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