Attenuanti Generiche: i Limiti al Ricorso in Cassazione
La concessione o il diniego delle attenuanti generiche rappresenta uno dei punti più delicati del processo penale, poiché incide direttamente sull’entità della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 12407/2024, offre un’importante lezione sui limiti del ricorso avverso la decisione del giudice di merito di non applicare tali circostanze. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: non si può chiedere alla Cassazione una nuova valutazione dei fatti, ma solo contestare un vizio logico nel ragionamento del giudice.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per reati di falso (artt. 495, 48, 479 e 476, comma 2, c.p.) confermata dalla Corte di Appello di Torino. L’imputato, non soddisfatto della decisione, decideva di presentare ricorso per Cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava la mancata concessione delle attenuanti generiche. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non aveva motivato adeguatamente il suo diniego, omettendo di considerare alcuni aspetti favorevoli all’imputato, come le sue condizioni economiche.
La Decisione della Corte e le Attenuanti Generiche
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato che la decisione della Corte territoriale era stata, al contrario, congrua e logicamente argomentata. Il giudice di secondo grado aveva esercitato correttamente il proprio potere discrezionale, basando il diniego su elementi concreti e pertinenti, così come previsto dall’articolo 133 del codice penale, che elenca i criteri per la commisurazione della pena.
Le Motivazioni
Il cuore della pronuncia risiede nella distinzione tra un controllo di legittimità, proprio della Cassazione, e un riesame del merito, precluso in tale sede. La Corte di Cassazione ha chiarito che il ricorso dell’imputato non denunciava un reale ‘vizio di motivazione’ (cioè una motivazione assente, contraddittoria o palesemente illogica), ma mirava a ottenere un diverso e più favorevole apprezzamento dei fatti.
La Corte d’Appello aveva infatti giustificato la sua scelta evidenziando diversi fattori negativi:
1. La gravità dei fatti: I reati commessi non erano di lieve entità.
2. Il fine della condotta: L’agire illecito era finalizzato a sottrarsi a sanzioni amministrative, dimostrando una specifica inclinazione a delinquere per convenienza personale.
3. I precedenti penali: L’imputato aveva già riportato una condanna penale.
4. L’assenza di condotte positive: Non era emerso alcun elemento di condotta successivo al reato che potesse essere valutato favorevolmente.
Di fronte a una motivazione così strutturata, la Cassazione ha concluso che non vi era spazio per una censura. Il tentativo di introdurre una diversa valutazione delle condizioni economiche dell’imputato è stato giudicato come un inammissibile tentativo di rimettere in discussione il giudizio di fatto riservato ai giudici di merito.
Le Conclusioni
L’ordinanza ha importanti implicazioni pratiche. Innanzitutto, ribadisce che il ricorso in Cassazione per il diniego delle attenuanti generiche ha successo solo in casi rari, ovvero quando la motivazione del giudice di merito è effettivamente viziata da illogicità manifesta o contraddittorietà. Proporre un ricorso basato sulla speranza che la Suprema Corte ‘veda i fatti’ in modo diverso è una strategia destinata al fallimento.
In secondo luogo, la decisione evidenzia le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile. L’imputato, oltre al pagamento delle spese processuali, è stato condannato a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. Questa sanzione viene applicata quando l’inammissibilità è evidente e, quindi, si ravvisa una ‘colpa’ nel proporre un’impugnazione priva di fondamento giuridico. La sentenza funge da monito: prima di adire la Corte di Cassazione, è essenziale una rigorosa valutazione sulla reale sussistenza dei vizi di legittimità deducibili.
È possibile ricorrere in Cassazione per il semplice fatto che il giudice non ha concesso le attenuanti generiche?
No, non è possibile ricorrere per chiedere una semplice riconsiderazione nel merito. Il ricorso è ammesso solo se si denuncia un vizio di motivazione reale, come una spiegazione mancante, palesemente illogica o contraddittoria da parte del giudice.
Quali elementi considera un giudice per concedere o negare le attenuanti generiche?
Il giudice valuta discrezionalmente gli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale, tra cui la gravità dei fatti commessi, i precedenti penali dell’imputato, lo scopo della sua azione illecita e l’assenza di qualsiasi condotta che meriti un apprezzamento favorevole.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se l’inammissibilità è ritenuta ‘evidente’ e quindi colpevole, il ricorrente è condannato anche a pagare una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come nel caso di specie dove l’importo è stato fissato in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12407 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12407 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ASTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME,f-
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Torino che ne ha confermato la responsabilità per i delitti di cui agli artt. 495 e 48, 479 e 476, c 2, cod. pen.;
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si denuncia il vizio di motivaz in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato e versato in fatto, in quanto la Corte distrettuale ha dato conto in maniera congru logica degli elementi rientranti nel novero di quelli previsti dall’art. 133 cod. pen. considerato preponderanti nell’esercizio del potere discrezionale ad essa riservato (cfr. Sez. n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269 – 01), rimarcando la gravità dei fatti commessi dall’imputato ha commess fatti di non lieve entità, evidenziando come il suo agire penalmente illecito fosse finalizz sottrarsi a sanzioni amministrative, come egli avesse già riportato condanna penale e difettass qualsivoglia condotta passibile di favorevole apprezzamento; e tale apprezzamento non può essere utilmente censurato in questa sede perorando un diverso apprezzamento di fatto (segnatamente delle condizioni economiche dell’imputato);
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui conseg ex art. 616 cod. proc. peri. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnaz (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro’tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/12/2023.