Attenuanti Generiche e Ricorso in Cassazione: Analisi di una Dichiarazione di Inammissibilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione sui requisiti di ammissibilità del ricorso e sulla valutazione delle attenuanti generiche. La decisione sottolinea un principio fondamentale del nostro sistema processuale: i motivi di ricorso per cassazione devono essere stati precedentemente sollevati in appello. Esaminiamo nel dettaglio la pronuncia per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato dalla Corte d’Appello di Napoli, presentava ricorso per cassazione affidandosi a due principali motivi di doglianza. Con il primo, contestava la correttezza della motivazione che aveva portato alla sua condanna. Con il secondo, lamentava la violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata esclusione della recidiva, argomenti già discussi e respinti nel precedente grado di giudizio.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo una chiara analisi per ciascuno dei motivi proposti dall’imputato.
Il Primo Motivo: L’Inammissibilità per Mancata Deduzione in Appello
La Corte ha rilevato che il primo motivo di ricorso, relativo alla motivazione della responsabilità, non poteva essere esaminato. La ragione è puramente processuale: tale censura non era stata inclusa tra i motivi di appello. L’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce, a pena di inammissibilità, che non si possono dedurre in sede di legittimità questioni che non siano state specificamente proposte nei motivi di appello. La Corte ha precisato che spettava al ricorrente dimostrare, contestando il riepilogo contenuto nella sentenza impugnata, che tale motivo fosse stato effettivamente sollevato in precedenza.
Il Secondo Motivo: La Manifesta Infondatezza sulle Attenuanti Generiche e la Recidiva
Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile, ma per manifesta infondatezza. La Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse adeguatamente motivata e giuridicamente corretta.
In merito alle attenuanti generiche, i giudici di legittimità hanno ribadito un orientamento consolidato: il loro mancato riconoscimento può essere giustificato anche solo dall’assenza di elementi o circostanze di segno positivo. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato una serie di fattori negativi, quali:
* La pervicacia della condotta criminosa.
* La consistente entità della somma sottratta.
* La pluralità di reati commessi.
* Il comportamento negativo tenuto dopo il reato.
Questi elementi, secondo la Corte, erano sufficienti a giustificare il diniego del beneficio.
Per quanto riguarda la recidiva, la Suprema Corte ha confermato che il giudice di merito aveva correttamente valutato, ai sensi dell’art. 133 c.p., il legame tra i fatti in giudizio e le condanne precedenti. Tale analisi aveva dimostrato una perdurante inclinazione a delinquere e una specifica resistenza alle regole del vivere civile, giustificando così il mantenimento della recidiva.
Le motivazioni
La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su due pilastri: il rigore procedurale e il rispetto della discrezionalità del giudice di merito. Da un lato, viene riaffermato il principio secondo cui il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità). Pertanto, non possono essere introdotte questioni nuove, che avrebbero dovuto trovare spazio nel giudizio d’appello. Dall’altro lato, la Corte chiarisce i limiti del proprio sindacato sulle valutazioni di merito, come quelle relative alla concessione delle attenuanti o al giudizio sulla recidiva. Se la decisione del giudice inferiore è supportata da una motivazione logica, coerente e conforme ai criteri di legge (come quelli dell’art. 133 c.p.), essa non è censurabile in sede di legittimità. La decisione della Corte d’Appello, secondo i Supremi Giudici, era immune da vizi logici o giuridici, avendo ponderato in modo congruo tutti gli elementi a disposizione.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, evidenzia l’importanza cruciale di strutturare in modo completo ed esaustivo l’atto di appello, includendo tutte le possibili censure contro la sentenza di primo grado, poiché le omissioni non potranno essere sanate in Cassazione. In secondo luogo, ribadisce che per ottenere le attenuanti generiche non basta l’assenza di elementi particolarmente negativi, ma è necessaria la presenza di elementi di segno positivo meritevoli di considerazione. La valutazione sulla personalità del reo e sulla sua pericolosità sociale, basata su elementi concreti, rimane un perno centrale nella discrezionalità del giudice di merito, una discrezionalità che la Corte di Cassazione è tenuta a rispettare se esercitata in modo logico e conforme alla legge.
È possibile presentare un motivo di ricorso in Cassazione per la prima volta se non è stato discusso in appello?
No, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il motivo perché, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., le censure non possono essere dedotte per la prima volta in sede di legittimità se non sono state presentate come motivo di appello.
Per quale ragione la Corte ha ritenuto legittimo il diniego delle attenuanti generiche?
La Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, il quale ha negato le attenuanti generiche basandosi sull’assenza di elementi positivi e sulla presenza di fattori negativi come la pervicacia della condotta, la gravità del danno, la pluralità dei reati e il comportamento successivo al fatto.
Come viene valutata la recidiva dal giudice di merito?
La recidiva viene valutata in concreto, esaminando il rapporto tra i reati attuali e le condanne precedenti. Il giudice deve verificare se la condotta passata indica una perdurante inclinazione a delinquere che ha influenzato la commissione del nuovo reato, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34907 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34907 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2024 della Corte d’appello di Napoli dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
osservato che il primo motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità dell’odierno ricorrente, non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello, secondo quanto è prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si veda la pag. 2), che il ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
considerato che il secondo motivo di doglianza, con cui si contesta la violazione di legge in ordine agli artt. 132 e 133 cod. pen., alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla mancata esclusione della recidiva, oltre a essere meramente reiterativo di profili di censura già dedotti in appello e disattesi dalla Corte territoriale, è altresì manifestamente infondato;
che, in tema di attenuanti generiche, secondo l’indirizzo consolidato della Corte di cassazione (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), il mancato riconoscimento di dette circostanze può essere legittimamente giustificato anche con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (si veda la pag. 2 del provvedimento impugnato, là dove la Corte d’appello argomenta che la pervicacia della condotta criminosa desunta dai mezzi impiegati e dai beni aggrediti -, la consistente entità della somma sottratta, la pluralità dei reati commessi in continuazione, il comportamento altrettanto negativo assunto successivamente al reato, sono fattori che impongono il diniego della suddette attenuanti);
che, quanto alla recidiva contestata, il giudice di merito ha esaminato in concreto e in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen. il rapporto esistente tra i fatti per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se e in quale misura la pregressa condotta criminosa fosse indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che aveva influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice (si veda, in particolare, la pag. 3 dell’impugnata sentenza, dove si sottolinea come, nonostante le varie condanne a carico del ricorrente, quest’ultimo fosse tornato a delinquere, dando prova di una sua maggiore pericolosità sociale e di una specifica resistenza alle regole del vivere civile);
che il giudizio sulla pena è stato congruamente motivato in considerazione delle modalità di fatto, ove si consideri che, secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.