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Attenuanti generiche: quando il ricorso è inammissibile

Un imputato, condannato per un reato di lieve entità in materia di stupefacenti, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la valutazione su tali circostanze spetta al giudice di merito. L’appello è infondato se non dimostra un vizio logico palese nella motivazione della sentenza impugnata, ma si limita a chiedere una nuova valutazione dei fatti. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: i Limiti al Ricorso in Cassazione

L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli strumenti più discrezionali a disposizione del giudice per adeguare la pena alla specifica situazione del reo e del fatto commesso. Tuttavia, cosa accade quando un imputato si vede negare questo beneficio e decide di impugnare la decisione fino in Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente della Suprema Corte chiarisce i confini entro cui tale ricorso può essere considerato ammissibile, ribadendo la distinzione fondamentale tra valutazione di merito e controllo di legittimità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo da parte del Tribunale per un reato di lieve entità legato agli stupefacenti, previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990. La pena inflitta era di cinque mesi e dieci giorni di reclusione, oltre a una multa. La sentenza veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello.

L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione, affidandosi a un unico motivo: un presunto vizio di motivazione della sentenza d’appello in merito al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale.

La Valutazione delle Attenuanti Generiche e la Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato del nostro ordinamento processuale: il giudizio di cassazione è un giudizio di legittimità, non un terzo grado di merito. Questo significa che la Suprema Corte non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella compiuta dai giudici delle istanze precedenti (Tribunale e Corte d’Appello).

Il riconoscimento o il diniego delle attenuanti generiche rientra pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale valutazione può essere censurata in sede di legittimità solo in casi eccezionali, ovvero quando la motivazione fornita dal giudice a sostegno della sua decisione sia:

* Totalmente assente;
* Manifestamente illogica;
* Contraddittoria.

Nel caso specifico, la Corte di Cassazione ha riscontrato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente per negare il beneficio, spiegando in modo adeguato le ragioni della sua scelta. Di conseguenza, il motivo di ricorso non mirava a denunciare un reale vizio della motivazione, ma a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle circostanze fattuali, attività preclusa alla Corte di legittimità.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte è chiara e didattica. Viene sottolineato che il Collegio d’Appello aveva “ben rappresentato e giustificato” le ragioni per cui non concedere il beneficio. La decisione del giudice di secondo grado era stata espressa con una motivazione “priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali”.

In virtù di ciò, la valutazione operata diventa “insindacabile in sede di legittimità”. L’appello dell’imputato, di fatto, non contestava un errore di diritto o un’irragionevolezza manifesta, ma esprimeva semplicemente un dissenso rispetto alla valutazione discrezionale del giudice. Questo tipo di doglianza non rientra tra i motivi per cui è consentito ricorrere in Cassazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma un principio cruciale: non è sufficiente dissentire dalla decisione di un giudice per poterla impugnare con successo in Cassazione. È necessario individuare un vizio specifico e grave nella struttura logico-giuridica della motivazione. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, il cui riconoscimento è ancorato a una valutazione complessiva dell’imputato e del contesto, i margini per un ricorso ammissibile sono molto stretti.

La dichiarazione di inammissibilità ha comportato, come conseguenza di legge, la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende, a titolo sanzionatorio per aver promosso un ricorso privo dei presupposti di ammissibilità.

È possibile contestare in Cassazione il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche?
Sì, ma solo se si dimostra che la motivazione del giudice di merito è totalmente mancante, palesemente illogica o contraddittoria. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una semplice rivalutazione dei fatti che, a parere del ricorrente, giustificherebbero il beneficio.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso penale in Cassazione?
La legge prevede che, in caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente venga condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte senza un valido motivo. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000,00 euro.

Perché la valutazione sulle attenuanti generiche è considerata di merito e non di legittimità?
Perché si basa sull’analisi di elementi fattuali e soggettivi, come la personalità dell’imputato, la sua condotta processuale e le modalità del reato. Si tratta di un giudizio complessivo che spetta al giudice che ha diretto il processo e valutato le prove, non alla Corte di Cassazione, il cui compito è solo verificare la corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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