Attenuanti Generiche: Quando il Passato Criminale Pesa sulla Decisione
L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno dei poteri discrezionali più significativi del giudice penale, consentendogli di adeguare la pena alla specifica personalità dell’imputato. Tuttavia, questa discrezionalità non è illimitata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 6642/2024) chiarisce i limiti del ricorso contro il diniego di tali benefici, soprattutto quando l’appello si basa su argomenti già valutati e respinti.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine da una condanna per furto aggravato ai danni di un viaggiatore. L’imputato, già gravato da una recidiva qualificata, veniva condannato in primo grado. La Corte d’Appello, in parziale riforma, riduceva la pena ma confermava la condanna nel resto, negando la concessione delle attenuanti generiche. Contro questa decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, insistendo sulla necessità di riconoscere tali benefici.
Il Ricorso in Cassazione e le Ragioni della Difesa
Il ricorrente lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, basando la sua richiesta su elementi quali la confessione resa e le sue disagiate condizioni personali. L’obiettivo era ottenere un’ulteriore riduzione della pena, sostenendo che i giudici di merito non avessero valutato adeguatamente questi aspetti positivi della sua condotta e situazione.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e le Attenuanti Generiche
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella, logicamente motivata, dei giudici di merito. Il ricorso, infatti, non sollevava questioni di violazione di legge, ma si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello. Questo tipo di doglianze, che mirano a una nuova valutazione del merito, sono inammissibili in sede di legittimità.
L’analisi della Corte sul Diniego delle Attenuanti
La Corte ha ritenuto che la motivazione dei giudici d’appello fosse congrua, logica e non contraddittoria. Essi avevano correttamente negato le attenuanti sulla base di elementi negativi preponderanti:
* La lunga storia criminale dell’imputato e la sua manifesta inclinazione al delitto.
* Le circostanze del reato: l’uomo era stato sorpreso, subito dopo il furto della valigia, mentre tentava di spendere banconote false, un fatto che denota una persistente tendenza a delinquere.
* La confessione: è stata giudicata irrilevante perché intervenuta solo dopo che l’imputato era stato fermato e trovato in possesso della valigia rubata (contenente effetti femminili e un’etichetta con nome e numero di telefono della vittima), configurandosi più come un’ammissione dell’evidenza che come un reale segno di ravvedimento.
* Le condizioni personali: sono state considerate come espressione di uno “stile di vita” e non come un fattore attenuante.
Le Motivazioni
La motivazione della Cassazione si allinea alla giurisprudenza consolidata. Il percorso argomentativo seguito dalla Corte d’Appello è stato considerato del tutto coerente con i principi che regolano la concessione delle attenuanti generiche. Il giudice di merito ha l’onere di motivare il diniego solo quando esistono elementi positivi di un certo rilievo; in questo caso, gli elementi portati dalla difesa sono stati correttamente valutati come insufficienti o irrilevanti. La confessione tardiva e le condizioni personali non potevano superare il peso negativo della recidiva, della storia criminale e della condotta complessiva dell’imputato.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un concetto fondamentale: per contestare in Cassazione il diniego delle attenuanti generiche, non è sufficiente lamentare una valutazione dei fatti diversa da quella auspicata. È necessario dimostrare che la motivazione del giudice di merito sia palesemente illogica, contraddittoria o inesistente. In assenza di tali vizi, la valutazione del giudice di merito rimane insindacabile. Il caso insegna che elementi come una confessione non spontanea o difficoltà personali non costituiscono un diritto automatico alla riduzione della pena, specialmente di fronte a un profilo criminale consolidato. La decisione finale ha comportato, oltre alla dichiarazione di inammissibilità, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Una confessione garantisce sempre l’ottenimento delle attenuanti generiche?
No. In questo caso, la confessione è stata ritenuta irrilevante perché avvenuta solo dopo che l’imputato è stato fermato e trovato in possesso della refurtiva, rendendola di fatto una semplice ammissione dell’evidenza.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché proponeva motivi non consentiti nel giudizio di legittimità, limitandosi a ripresentare le stesse censure già esaminate e respinte con motivazione congrua dalla Corte d’appello, senza sollevare vere questioni di diritto.
Le condizioni personali disagiate dell’imputato possono giustificare le attenuanti generiche?
Non necessariamente. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che le disagiate condizioni personali fossero l’espressione di uno “stile di vita” e non un elemento tale da giustificare una riduzione della pena, soprattutto a fronte di una lunga storia criminale e di una particolare inclinazione al delitto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6642 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6642 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/06/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso avverso sentenza del 24/6/2022, con la quale la Corte d’appello di Bologna, in parziale r quella del Tribunale cittadino, con la quale il predetto era stato condannato per danni di un viaggiatore, con la recidiva qualificata (in Bologna, il 9/6/2017), h pena e confermato nel resto;
ritenuto che il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non conse giudizio di legittimità, siccome costituiti da doglianze riproduttive di censure r giudice dell’appello, esaminate e rigettate con motivazione congrua, non contradd neppure manifestamente illogica, avendo i giudici territoriali ritenuto insussisten positivi per il riconoscimento delle generiche e per rimodulare la pena (tra cui la criminale dell’imputato; la manifestata, particolare inclinazione al delitto, egli e sorpreso, subito dopo il furto della valigia, intento a spendere bancono evidenziando l’irrilevanza di quelli allegati a difesa (la confessione essendo inter che l’uomo era stato fermato e trovato in possesso della valigia contente effetti recante in vista etichetta con nominativo e numero di cellulare non del fermato; le condizioni personali essendo state considerate espressione di uno stile di vita);
che, nella specie, il percorso argomentatìvo seguito è del tutto coerente con i p volte affermati dalla giurisprudenza di legittimità quanto alla ratio delle generiche (sez. 2, n. 5247 del 15/10/2020, dep. 2021, P., Rv. 280639; sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, COGNOME, Rv. 265826), al relativo onere motivazionale del giudice (sez. 2, n. 23903 del 15 Marigliano, Rv. 279549) e alla natura del giudizio sul riconoscimento o il diniego dell (sez. 5, n. 43952 del 13/4/2017, Pettine/li, Rv. 271269);
che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento dell processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende, non ravvis ragioni di esonero quanto alla causa d’inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 17 gennaio 2024