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Attenuanti generiche: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata contro la sentenza della Corte d’Appello che le aveva negato la concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha confermato che il diniego è legittimo quando il giudice di merito motiva la sua decisione basandosi sull’assenza di elementi positivi riguardanti la condotta e la personalità dell’imputato, come desumibili dagli atti e dal casellario giudiziale. Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato, portando alla condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: La Cassazione Chiarisce Quando il Diniego è Legittimo

L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più discrezionali del processo penale, consentendo al giudice di adeguare la pena alla specificità del caso concreto. Tuttavia, questa discrezionalità non è illimitata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4501/2024) ha ribadito i principi che governano la materia, confermando la legittimità del diniego quando mancano elementi positivi a favore dell’imputato. Analizziamo nel dettaglio questa importante decisione.

Il caso: il ricorso contro il diniego delle attenuanti generiche

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata contro una sentenza della Corte d’Appello. Il motivo centrale del gravame era la contestazione della mancata applicazione del beneficio previsto dall’art. 62-bis del codice penale, ovvero le cosiddette attenuanti generiche. La difesa sosteneva che la Corte territoriale avesse omesso di motivare adeguatamente le ragioni del suo diniego, violando così un principio fondamentale del diritto.

La ricorrente chiedeva, in sostanza, un nuovo esame della sua posizione, sperando che la Suprema Corte riconoscesse il suo diritto a una pena più mite. La questione sottoposta ai giudici di legittimità era quindi chiara: la motivazione addotta dalla Corte d’Appello per negare il beneficio era sufficiente e logicamente corretta?

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Questa decisione significa che i giudici non solo hanno respinto le argomentazioni della ricorrente, ma le hanno ritenute talmente prive di fondamento da non meritare neppure un esame approfondito nel merito. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi inammissibili.

Le motivazioni: l’importanza di elementi positivi per le attenuanti generiche

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Cassazione ha giustificato l’inammissibilità. La Suprema Corte ha evidenziato come il Giudice d’appello avesse, in realtà, fornito una motivazione del tutto adeguata, logica e ineccepibile. Nello specifico, la Corte territoriale aveva negato le attenuanti generiche sulla base di una valutazione complessiva della vicenda processuale e della persona dell’imputata.

Il punto cruciale, sottolineato dalla Cassazione, è che la Corte d’Appello aveva rilevato “l’assenza di riscontri positivi attorno alla condotta e alla persona dell’imputato”. Questa valutazione era stata compiuta esaminando sia gli atti del processo sia il casellario giudiziale della ricorrente. In altre parole, il giudice di merito non aveva trovato alcun elemento concreto che potesse giustificare una riduzione della pena. La decisione della Cassazione ribadisce un principio consolidato: le attenuanti generiche non sono un diritto automatico, ma un beneficio che deve essere meritato e giustificato da specifici elementi positivi. La sola assenza di elementi particolarmente negativi non è, di per sé, sufficiente a imporle.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. In primo luogo, conferma che il giudice ha un ampio potere discrezionale nel concedere o negare le attenuanti generiche, ma tale potere deve essere esercitato attraverso una motivazione che, seppur sintetica, sia logica e coerente con le risultanze processuali. In secondo luogo, chiarisce che l’onere di far emergere gli elementi positivi utili alla concessione del beneficio grava sull’imputato e sulla sua difesa. Non basta lamentare genericamente una pena troppo severa; è necessario indicare e provare fatti e circostanze (come il comportamento processuale, la confessione, il ravvedimento, l’impegno nel risarcire il danno) che possano positivamente influenzare il giudizio del magistrato. Infine, la decisione serve da monito: un ricorso in Cassazione basato su motivi manifestamente infondati, che critica una valutazione di merito ben motivata, non solo non ha speranze di successo, ma espone il ricorrente a sanzioni economiche.

Quando un giudice può legittimamente negare le attenuanti generiche?
Un giudice può negare le attenuanti generiche quando, sulla base degli atti processuali e del casellario giudiziale, non emergono elementi positivi relativi alla condotta e alla personalità dell’imputato che possano giustificare una riduzione della pena. Una motivazione che evidenzia tale assenza è considerata logica e sufficiente.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello aveva già fornito una motivazione logica e ineccepibile per il diniego delle attenuanti, e il ricorso non presentava argomenti validi per contestare tale valutazione.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Quando un ricorso penale viene dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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