Attenuanti generiche: la Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia processuale: un ricorso basato su motivi generici, che si limita a riproporre questioni già valutate, è destinato all’inammissibilità. La pronuncia offre spunti cruciali sul diniego delle attenuanti generiche e sulla corretta valutazione della lieve entità nei reati di droga, delineando i confini entro cui la difesa può muoversi.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un uomo da parte del Tribunale e della Corte d’Appello di Napoli per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Durante un controllo, l’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo di hashish dal quale era possibile ricavare ben 1156 dosi. Oltre alla droga, erano stati sequestrati anche strumenti per la pesatura e il confezionamento, nonché diversi telefoni cellulari, elementi che complessivamente delineavano un quadro di attività illecita ben organizzata e non occasionale.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione, basando le proprie doglianze su due punti principali:
1. Vizio di motivazione: si contestava il ragionamento dei giudici di merito riguardo all’affermazione della responsabilità penale.
2. Violazione di legge: si lamentava il mancato riconoscimento della fattispecie di lieve entità (prevista dal comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/90) e la mancata concessione delle attenuanti generiche.
In sostanza, la difesa chiedeva alla Suprema Corte una riconsiderazione degli elementi di fatto, proponendo una ricostruzione alternativa della vicenda, e contestava la severità del trattamento sanzionatorio.
La Decisione della Corte: il Diniego delle Attenuanti Generiche e la Genericità dei Motivi
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte. La decisione si fonda su argomentazioni nette che riaffermano principi consolidati della giurisprudenza di legittimità. I giudici hanno sottolineato come il primo motivo fosse del tutto generico e riproduttivo di censure già adeguatamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. La Corte ha ricordato che il giudizio di cassazione non è una terza istanza di merito e non consente di rileggere gli elementi di fatto o di adottare nuovi parametri di valutazione.
Le Motivazioni della Corte
La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni distinguendo i vari profili di censura proposti dalla difesa.
Sulla Genericità del Ricorso
Il punto centrale della decisione è la genericità dei motivi. I giudici di merito avevano logicamente dedotto la destinazione allo spaccio della sostanza dalla grande quantità, dalla presenza di attrezzatura specifica e dai numerosi telefoni. La difesa, secondo la Corte, si è limitata a proporre una “diversa interpretazione degli elementi probatori”, un’operazione non consentita in sede di legittimità. Il ricorso per cassazione deve individuare vizi di diritto specifici, non offrire una narrazione alternativa dei fatti.
Sul Diniego della Lieve Entità e delle Attenuanti Generiche
Anche i motivi relativi alla qualificazione del reato e alla pena sono stati giudicati inammissibili. Per quanto riguarda la fattispecie di “lieve entità”, i giudici hanno ritenuto corretta la valutazione della Corte d’Appello, che aveva escluso tale ipotesi sulla base di elementi indicativi della professionalità dell’attività e della rilevante capacità di diffusione dello stupefacente sul mercato. Questi fattori sono incompatibili con la nozione di “minima offensività” richiesta per l’applicazione della norma più favorevole.
Infine, sul diniego delle attenuanti generiche, la motivazione è stata considerata adeguata e conforme ai criteri di legittimità. La Corte di merito aveva negato il beneficio in ragione della gravità del fatto e della personalità negativa dell’imputato. La Cassazione ha ribadito che, per concedere o escludere le attenuanti, il giudice può limitarsi a considerare anche un solo elemento tra quelli previsti dall’art. 133 del codice penale, se ritenuto prevalente e decisivo.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che un ricorso per cassazione, per superare il vaglio di ammissibilità, deve essere specifico e criticare puntualmente i vizi logico-giuridici della sentenza impugnata, senza limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni difensive. Inoltre, riafferma che la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale può negarle anche solo sulla base della gravità oggettiva del reato, purché la sua decisione sia sorretta da una motivazione congrua e non manifestamente illogica.
Quando un ricorso in Cassazione viene considerato ‘generico’ e quindi inammissibile?
Un ricorso è considerato generico quando si limita a riproporre le stesse censure già adeguatamente esaminate e respinte nei gradi di merito, oppure quando offre una diversa interpretazione degli elementi di fatto senza individuare specifici vizi di legittimità (errori di diritto) nella sentenza impugnata.
Perché la Corte ha negato la qualificazione del reato come ‘fatto di lieve entità’?
La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, i quali hanno escluso la lieve entità sulla base di elementi concreti come l’ingente quantitativo di stupefacente (sufficiente per 1156 dosi), che indicava professionalità nell’attività illecita e una notevole capacità di diffusione sul mercato, incompatibili con la nozione di minima offensività.
È sufficiente un solo elemento per negare le circostanze attenuanti generiche?
Sì, secondo la giurisprudenza costante della Cassazione, il giudice può negare le circostanze attenuanti generiche basandosi anche su un solo elemento tra quelli indicati dall’art. 133 del codice penale (come la gravità del reato o la personalità del colpevole), qualora lo ritenga prevalente e determinante per la sua decisione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 516 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 516 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a AIROLA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/12/2022 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con sentenza resa in data 20 dicembre 2022, la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Napoli nei confronti di COGNOME NOME per il delitto di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 309/90.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo: 1. vizio di motivazione in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato con riferimento al reato a lui ascritto; 2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 ed in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso è inammissibile. Il primo motivo di doglianza è del tutto generico e riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dai giudici di merito con puntuale e congrua motivazione. La Corte territoriale, nell’offrire risposta alle censure difensive, ha posto in evidenza come il ricorrente fosse stato trovato in possesso di sostanza stupefacente del tipo hashish, da cui erano ricavabili n. 1156 dosi, oltre ad attrezzatura idonea per la pesatura ed il confezionamento della sostanza in dosi da vendere e di diversi telefoni cellulari. Da tali elementi ha desunto in modo logico la destinazione alla vendita della sostanza stupefacente sequestrata. La difesa offre una diversa interpretazione degli elementi probatori raccolti, proponendo una non consentita alternativa ricostruzione della vicenda, non delibabile in questa sede (cfr., ex multis Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, Rv. 280601 – 01:”In tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito”).
Del pari inammissibili risultano gli ulteriori motivi di doglianza. Quanto al diniego della riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, è sufficiente evidenziare come i giudici di merito, attingendo correttamente a tutti i dati probatori disponibili ed effettuando una valutazione complessiva della condotta serbata dall’imputato, abbiano negato la ricorrenza della fattispecie di lieve entità sulla base di una serie di elementi indicativi della professionalità dell’attività illecita intrapresa dall’imput e della rilevante capacità di diffusione sul mercato degli stupefacenti, non compatibile con la nozione della minima offensività.
Quanto alla determinazione della pena in concreto irrogata e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, è d’uopo rilevare come la decisione assunta sia assistita da conferente motivazione: la Corte di merito ha negato il beneficio invocato in ragione della gravità del fatto e della negativa personalità dell’imputato. La motivazione risponde ai criteri stabiliti in sede di legittimità (cfr. Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Rv 279549 – 02: “Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 icod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente”).
Consegue alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., al
versamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13/6/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 novembre 2023.