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Attenuanti generiche: quando il giudice può negarle

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per la detenzione di oltre 3 kg di marijuana. La Corte ha confermato la decisione di merito che negava sia la qualificazione come fatto di lieve entità sia la concessione delle attenuanti generiche, basandosi sulla gravità della condotta e sulla personalità del reo, come previsto dall’art. 133 c.p.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche e Stupefacenti: La Cassazione Chiarisce i Limiti

La concessione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più discrezionali del giudizio penale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i criteri che guidano questa scelta, specialmente in materia di detenzione di sostanze stupefacenti. Il caso in esame riguarda un ricorso dichiarato inammissibile, proposto da un soggetto condannato per il possesso di oltre 3 kg di marijuana.

I Fatti di Causa

L’imputato, dopo la condanna della Corte d’Appello, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando tre aspetti principali:
1. Il mancato riconoscimento dell’ipotesi di reato di lieve entità (art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90) e della destinazione della sostanza a uso personale.
2. Il diniego delle attenuanti generiche.
3. L’eccessiva entità della pena inflitta.

La Corte di Appello aveva già valutato e respinto queste richieste, ma l’imputato ha insistito nel sottoporle al vaglio della Suprema Corte.

L’Analisi della Cassazione e il Diniego delle Attenuanti Generiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni della difesa. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno ribadito un principio fondamentale: la Cassazione non può riesaminare i fatti. La valutazione sulla quantità della droga (oltre 3,375 kg) come elemento ostativo all’uso personale e alla lieve entità è una questione di merito, già correttamente decisa nei gradi precedenti. Qualsiasi contestazione su questo punto si traduce in una mera “doglianza in punto di fatto”, non ammissibile in sede di legittimità.

Sul tema centrale delle attenuanti generiche, l’ordinanza ha confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello. Il diniego era stato motivato facendo riferimento ai parametri dell’art. 133 del codice penale, ovvero la gravità della condotta e la personalità del ricorrente. La Cassazione ricorda che la valutazione per la concessione di questo beneficio è un giudizio di fatto, insindacabile se la motivazione è logica e non contraddittoria. Inoltre, il giudice non è tenuto ad analizzare tutti gli elementi possibili, ma può legittimamente basare la sua decisione anche su un solo aspetto ritenuto prevalente, come in questo caso la gravità del reato.

La Congruità della Pena

Anche il motivo relativo alla pena è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato che la pena inflitta era già stata ridotta in appello e risultava inferiore al “medio edittale” (il punto intermedio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge). Secondo un orientamento consolidato, quando la pena è al di sotto di questa soglia, non è necessaria una motivazione dettagliata. È sufficiente un richiamo generico a criteri di adeguatezza e congruità. Tentare di ottenere una nuova valutazione sulla congruità della pena in Cassazione costituisce un tentativo inammissibile di rimettere in discussione il potere discrezionale del giudice di merito.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su principi cardine del processo penale di legittimità. In primo luogo, la netta separazione tra giudizio di fatto (riservato ai tribunali di merito) e giudizio di diritto (proprio della Cassazione). Le critiche alla ricostruzione dei fatti non possono trovare spazio in questa sede. In secondo luogo, il potere discrezionale del giudice di merito nella concessione delle attenuanti generiche e nella determinazione della pena è ampio, e il suo esercizio è censurabile solo in caso di vizi logici evidenti o di violazione di legge, non per una diversa valutazione di opportunità. Il rigetto è stato fondato sulla corretta applicazione dell’art. 133 c.p., che impone di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. La detenzione di un quantitativo così ingente è stata considerata un elemento di gravità tale da giustificare, da solo, il diniego del beneficio.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce che il ricorso in Cassazione deve basarsi su motivi di diritto e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la decisione conferma che la loro concessione non è un diritto dell’imputato, ma una valutazione discrezionale del giudice. Una motivazione che si fonda sulla gravità oggettiva del reato, come l’ingente quantità di stupefacente, è sufficiente a giustificare il diniego del beneficio, rendendo le doglianze sul punto manifestamente infondate. Infine, la decisione sul quantum della pena, se al di sotto della media edittale, non richiede una motivazione analitica, essendo sufficiente il richiamo alla sua adeguatezza.

Quando può essere negata la concessione delle attenuanti generiche?
La loro concessione può essere negata quando il giudice, valutando la gravità del reato e la personalità del colpevole (art. 133 c.p.), ritiene che non vi siano elementi per una diminuzione di pena. Anche un solo elemento negativo, come la particolare gravità della condotta, è sufficiente a giustificare il diniego.

Un ricorso in Cassazione può contestare l’entità della pena decisa dal giudice di merito?
Generalmente no, se la pena è stata fissata al di sotto della media edittale e il ricorso mira solo a ottenere una nuova valutazione della sua congruità. Il potere discrezionale del giudice in questo ambito è insindacabile, a meno che la motivazione sia palesemente illogica o contraddittoria.

Perché il motivo sull’uso personale di una grande quantità di droga è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché costituisce una ‘doglianza in punto di fatto’. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti già accertati dai giudici di merito (come la destinazione della sostanza), ma si limita a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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