Attenuanti generiche: il potere discrezionale del giudice e i limiti del ricorso in Cassazione
Il riconoscimento delle attenuanti generiche rappresenta un momento cruciale nel processo penale, poiché consente al giudice di adeguare la pena alla specifica realtà del caso concreto. Tuttavia, cosa accade quando queste vengono negate? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del sindacato di legittimità su tale decisione, ribadendo l’ampio potere discrezionale del giudice di merito.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata avverso una sentenza della Corte d’Appello che aveva confermato il diniego delle attenuanti generiche. La difesa sosteneva che la motivazione del giudice fosse carente e illogica, non avendo considerato adeguatamente gli elementi a favore della propria assistita. La questione è giunta così all’esame della Suprema Corte, chiamata a valutare la legittimità della decisione impugnata.
La Decisione della Corte sulla concessione delle attenuanti generiche
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la decisione della Corte territoriale. Secondo gli Ermellini, il ricorso è stato proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità, in quanto mirava a ottenere una nuova e diversa valutazione del merito della vicenda, attività preclusa alla Suprema Corte. La ricorrente è stata quindi condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Sentenza
La decisione della Corte si fonda su principi consolidati in materia di commisurazione della pena e di valutazione delle circostanze. Analizziamo i punti chiave della motivazione.
Il Giudizio di Fatto sulle Attenuanti Generiche
La Corte ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione delle attenuanti generiche costituisce un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità se la motivazione del giudice di merito non è contraddittoria o manifestamente illogica. Il ruolo della Cassazione non è quello di rivalutare le prove o le circostanze, ma solo di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logica del ragionamento seguito nella sentenza impugnata.
I Parametri dell’Art. 133 del Codice Penale
Il giudice di merito aveva negato le attenuanti facendo riferimento ai parametri stabiliti dall’art. 133 del codice penale, in particolare alla gravità della condotta e alla personalità della ricorrente. La Cassazione ha ritenuto tale motivazione corretta e sufficiente. Sottolinea, infatti, che il giudice può limitarsi a esaminare anche un solo elemento che ritenga prevalente per giustificare il diniego del beneficio, come la capacità a delinquere del colpevole o la gravità del reato.
La Motivazione per una Pena Sotto la Media Edittale
Un altro aspetto interessante riguarda la motivazione del trattamento sanzionatorio. La Corte ha ricordato che, secondo un orientamento costante, qualora la pena inflitta sia inferiore alla media edittale (ovvero al punto intermedio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge), non è necessaria una motivazione specifica e dettagliata. È sufficiente un richiamo generico all’adeguatezza, alla congruità e all’equità della pena, poiché in tale richiamo si considerano implicitamente contenuti gli elementi dell’art. 133 c.p.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nel concedere o negare le attenuanti generiche. La decisione, se motivata in modo logico e coerente con i criteri legali, difficilmente può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione. Per la difesa, ciò significa che le argomentazioni a sostegno della richiesta di attenuanti devono essere solide e ben documentate già nei gradi di merito, poiché le possibilità di successo in sede di legittimità sono limitate alla sola denuncia di vizi di legittimità e non a una riconsiderazione dei fatti.
Quando un giudice può rifiutare di concedere le attenuanti generiche?
Un giudice può negare le attenuanti generiche basandosi su una valutazione discrezionale degli elementi indicati dall’art. 133 del codice penale, come la gravità della condotta e la personalità dell’imputato. Secondo la Corte, anche un solo elemento negativo può essere sufficiente a giustificare il diniego.
È possibile impugnare in Cassazione una decisione che nega le attenuanti generiche?
Sì, ma solo per motivi di legittimità. La Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti, ma può solo verificare se la motivazione del giudice di merito sia contraddittoria, manifestamente illogica o basata su un’errata applicazione della legge. Se la motivazione è coerente, il ricorso è inammissibile.
Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato la pena inflitta?
No. Secondo la sentenza, quando la pena inflitta è inferiore alla media edittale (il valore medio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge), non è richiesta una motivazione specifica e dettagliata, essendo sufficiente un richiamo generico alla congruità e all’adeguatezza della sanzione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 295 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 295 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GIULIANOVA il 16/08/1992
avverso la sentenza del 20/06/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Il ricorso nell’interesse di COGNOME NOME è inammissibile perché è stato proposto per motivi non consentiti in sede di legittimità.
Quanto al primo motivo, la motivazione sul rigetto della richiesta di applicazione delle circostanze attenuanti generiche è corretta in diritto ed immune da vizi logici, avendo il giudice fatto riferimento ai parametri ex art. 133 cod. pen.: alla gravità della condotta ed alla personalità del ricorrente (cfr. pag. 3).
L’applicazione delle circostanze attenuanti generiche costituisce un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità se la motivazione non sia contraddittoria ed indichi gli elementi ex art. 133 cod. pen. su cui si è fondato il rigetto. Tra ta elementi, il giudice può limitarsi a prendere in esame quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla capacità a delinquere del colpevole o alla gravità del reato può essere sufficiente in tal senso.
I motivi sono stati dedotti avverso il trattamento sanzioniatorio che, però, è corretto in diritto, è sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza nel caso in cui sia irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo all’adeguatezza, alla congruità, alla non eccessività, all’equità e simili della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. cod. pen. Inoltre, il criterio di determinazione è desumibile anche dal testo della sentenza e non solo nella parte destinata alla quantificazione della pena (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949). In tal caso, l’uso del potere discrezionale del giudice è insindacabile ed è inammissibile il ricorso che tenda ad una nuova valutazione della congruità della pena.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle knmende.
Così deciso il 1 dicembre 2023.