Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 866 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 866 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 28/03/1972
avverso la sentenza del 25/03/2024 della Corte d’appello di Firenze
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che il primo motivo di ricorso, con cui si contesta l’eccessività della pena irrogata nei confronti dell’odierno ricorrente per il reato di concorso in tentata rapina impropria, anche alla luce dell’intervenuta pronuncia n. 86 del 16 aprile 2024 della Corte Costituzionale, è manifestamente infondato, poiché, sulla base di quest’ultimo arresto della Consulta, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante della lieve entità, il giudice deve considerare «la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero la particolare tenuità del danno o del pericolo», e, nel caso di specie, depone, palesemente, per l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della diminuente de qua quanto ricostruito e accertato dai giudici di merito, i quali, oltre a indicare il non esigu valore dell’ingiusto profitto, nel rigettare le doglianze relative al riconoscimento della recidiva e all’applicazione delle attenuanti generiche, hanno sottolineato la gravità dei fatti (si vedano, in particolare, le pagg. 7 e 8 dell’impugnata sentenza);
osservato che manifestamente infondato risulta anche il secondo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione per omessa disapplicazione della recidiva contestata, poiché – come emerge dalle pag. 7 e 8 dell’impugnata sentenza – la Corte territoriale sul punto ha offerto un’adeguata motivazione, facendo corretta applicazione dei principi della giurisprudenza di legittimità secondo cui la valutazione del giudice non può fondarsi esclusivamente sulla gravità dei fatti e sull’arco temporale in cui questi risultano consumati, essendo egli tenuto a esaminare in concreto, in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., il rapporto esistente tra il fatto per cui si procede e le precedenti condanne, verificando se e in quale misura la pregressa condotta criminosa sia indicativa di una perdurante inclinazione al delitto che abbia influito quale fattore criminogeno per la commissione del reato sub iudice;
ritenuto, infine, che il terzo motivo di ricorso, con cui si contesta vizio di motivazione in ordine all’omessa applicazione delle circostanze attenuanti generiche, è, a sua volta, manifestamente infondato, atteso che i giudici di appello, a tale riguardo, hanno fornito una motivazione esente da evidenti illogicità (si veda la pag. 8 della sentenza impugnata), anche considerato il principio, affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli at ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione;
che, infatti, giova ribadire anche il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), tenuto conto che anche i soli precedenti penali possono essere valorizzati in tale direzione (cfr., ad es., Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 19 novembre 2024.