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Attenuanti generiche: quando il giudice può negarle

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte conferma la decisione di non concedere le attenuanti generiche a causa dell’assenza di elementi positivi e della condotta dell’imputato, che non aveva fatto nulla per meritarle, fornendo anche generalità diverse al suo ingresso in Italia. Inammissibile anche il motivo sulla riqualificazione del fatto come di lieve entità, data l’ingente quantità di principio attivo.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: La Cassazione Chiarisce i Limiti della Concessione

Le attenuanti generiche rappresentano uno strumento fondamentale nel sistema penale, permettendo al giudice di adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, la loro concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce che, in assenza di elementi positivamente valutabili, il giudice può legittimamente negarle. Analizziamo il caso per comprendere meglio i principi applicati.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado a quattro anni e sei mesi di reclusione e 20.000 euro di multa per reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti e ricettazione. La Corte d’Appello di Firenze confermava la sentenza di primo grado. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Errata motivazione sulla mancata qualificazione di uno dei reati come ‘fatto di lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990.
2. Violazione dell’art. 62-bis del codice penale per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle Attenuanti Generiche

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo importanti chiarimenti su entrambi i punti sollevati dalla difesa. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa sia degli elementi di fatto che dei principi giuridici consolidati.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Il punto centrale della pronuncia riguarda il diniego delle attenuanti generiche. La Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale consolidato: per motivare il rigetto della richiesta, il giudice non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi.

Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva evidenziato una totale assenza di elementi positivi. L’imputato non solo non aveva compiuto alcuna azione per meritare un trattamento più mite, ma aveva anche tenuto un comportamento ostativo, fornendo generalità diverse da quelle reali al momento del suo ingresso in Italia. Questa condotta, unita all’inerzia post-delictum, ha costituito un fattore decisivo per escludere il beneficio.

La Quantità di Stupefacente e la Lieve Entità

Anche il primo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ritenuto inammissibile la richiesta di riqualificare il reato come ‘fatto di lieve entità’. La motivazione si basa sui dati oggettivi emersi dalle analisi chimiche: la cocaina sequestrata aveva un peso complessivo di oltre 48 grammi, con un principio attivo di quasi 44 grammi, sufficiente a ricavare ben 291 dosi. Una quantità così ingente è stata considerata intrinsecamente incompatibile con l’ipotesi del fatto di lieve entità, rendendo la doglianza manifestamente infondata.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha sottolineato come la valutazione del giudice di merito sul diniego delle attenuanti sia insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata. La motivazione non deve essere onnicomprensiva, ma deve basarsi sugli elementi ritenuti prevalenti. In questo caso, l’assenza di qualsiasi segnale di resipiscenza o di collaborazione e, al contrario, la presenza di comportamenti fuorvianti, hanno legittimamente fondato la decisione negativa. La Corte ha inoltre confermato che la valutazione sulla lieve entità del fatto deve tener conto di tutti gli indici previsti dalla norma, tra cui la quantità della sostanza, che in questo caso era di per sé sufficiente a escludere la fattispecie meno grave.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: le attenuanti generiche non sono un diritto dell’imputato, ma una concessione discrezionale del giudice basata su una valutazione complessiva della sua condotta. Un atteggiamento processuale e personale passivo o, peggio, mendace, può precludere l’accesso a questo beneficio. La sentenza riafferma la necessità per l’imputato di dimostrare, con fatti concreti, di meritare una riduzione della pena. L’inammissibilità del ricorso, infine, ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a sottolineare la responsabilità di chi adisce la Suprema Corte con motivi palesemente infondati.

Quando un giudice può negare le attenuanti generiche?
Un giudice può negare la concessione delle attenuanti generiche quando non rileva elementi positivamente valutabili nella condotta dell’imputato. Come chiarito dalla Corte, è sufficiente che il giudice motivi la sua decisione facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi, come l’assenza di azioni meritevoli o la presenza di comportamenti negativi, quale il fornire false generalità.

Perché una grande quantità di principio attivo impedisce di qualificare lo spaccio come ‘fatto di lieve entità’?
La qualificazione di un reato di spaccio come ‘fatto di lieve entità’ (art. 73, comma 5) dipende da una valutazione complessiva di vari parametri, tra cui la quantità e la qualità della sostanza. Una quantità ingente di principio attivo, tale da poter ricavare un elevato numero di dosi (nel caso di specie, 291), è considerata un indice oggettivo di particolare gravità che, di per sé, può essere sufficiente a escludere la fattispecie meno grave.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per colpa del ricorrente?
Quando un ricorso per cassazione viene dichiarato inammissibile e tale inammissibilità è attribuibile a colpa del ricorrente (ad esempio, perché basato su motivi manifestamente infondati), l’art. 616 del codice di procedura penale prevede che il ricorrente sia condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, il cui importo viene fissato equitativamente dalla Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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