Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26241 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26241 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 07/07/1979
avverso la sentenza del 29/01/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del suo difensore, avverso la sentenza indicata in epigrafe – con la quale la Corte di Appello di Roma ha confermato la condanna in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 5, d. P.R. n. 309/1990, riformando la sentenza del tribunale locale del 9 maggio 2018 quanto alla revoca della confisca della somma di 580 euro – deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio e alla mancata concessione delle attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibili in questa sede di legittimità. Lo stesso, in particolare, lungi dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limita a reiterare profili di censura già adeguatamente e correttamente vagliati e disattesi dalla Corte di appello, prospettando deduzioni generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste.
Il motivo sopra richiamato attiene, invero, al trattamento punitivo, benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Con riguardo alle circostanze attenuanti di cui all’art. 62 bis cod. pen. la Corte territoriale ha ritenuto motivatamente di negarle sul rilievo che, anche alla luce del curriculum criminale dell’appellante, non si ravvisano elementi utili da poter considerare positivamente per la concessione delle circostanze attenuanti generiche. Il provvedimento impugnato appare, pertanto, collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché a suo negativo comportamento processuale).
In punto di pena, irrogando una pena inferiore al c.d. medio edittale, la Corte territoriale ha evidenziato che, nel caso in esame, l’imputato non ha manifestato
alcun segno di ravvedimento e la circostanza che egli abbia agito predisponendo una pur rudimentale organizzazione (gli operanti hanno anche notato un soggetto con la funzione di vedetta che non sono riusciti ad identificare) denota la sua pericolosità desunta anche dai precedenti a suo carico, sicché non è consentita una prognosi positiva nei suoi confronti e va esclusa la possibilità di riconoscere le attenuanti generiche.
L’obbligo motivazionale è dunque assolto laddove questa Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso -che peraltro non è quello che ci occupa- in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così questa Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8/5/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, Monterosso, Rv. 255153; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, COGNOME, Rv. 245596). E ancora di recente, è stato ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME ed altro, Rv. 271243). E’ stato altresì sottolineato, ancora di recente, che. in tema di determinazione della pena, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, se il parametro valutativo è desumibile dal testo della sentenza nel suo complesso argonnentativo e non necessariamente solo dalla parte destinata alla quantificazione della pena. Sez. 3, n. 38251 del 15/6/2016, COGNOME, Rv. 267949). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. seni. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
R.G.N. 13635/2025
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-
mende.
Così deciso il 08/07/2025