Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 25141 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 11/04/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 25141 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 40976/2024
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME nato a Roma il 21/01/1996,
avverso la sentenza della Corte di appello di Roma in data 13/06/2024
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Roma confermava la sentenza del Tribunale di Roma del 28/02/2024, che aveva condannato COGNOME NOMECOGNOME in relazione al delitto di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d. lgs. 74/2000, alla pena di mesi 8 di reclusione ed euro 1.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso Ł inammissibile.
3.1. Quanto alle circostanze attenuanti generiche, il Collegio rammenta che la ratio della disposizione di cui all’art. 62bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti; ne deriva che queste ultime possono essere negate anche soltanto in base ai precedenti penali dell’imputato, perchØ in tal modo viene formulato comunque, sia pure implicitamente, un giudizio di disvalore sulla sua personalità (tra le altre, sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, COGNOME, Rv. 265826), purchØ la valutazione di tale rilevanza tenga conto, a pena di illegittimità della motivazione, delle specifiche considerazioni mosse sul punto dall’interessato (Sez. 3, n. 2233 del 17/6/2021, COGNOME, Rv. 282693).
Si Ł, anche, chiarito che la richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi disattesa con motivazione implicita allorchØ sia adeguatamente motivato il rigetto della richiesta di attenuazione del trattamento sanzionatorio, fondata su analogo ordine di motivi (Sez. 6, n. 8630 del 14/02/2025, COGNOME, n.m.; Sez. 4, n. 1958 del 13/12/2023, dep. 2024, COGNOME, n.m.; Sez.
1, n. 12624 del 12/2/2019, COGNOME, Rv. 275057-01; Sez. 4, n. 2840 del 21/02/1997, La Legname e altro, Rv. 207668 – 01). La concessione o meno delle attenuanti generiche rientra, invero, nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Straface, Rv. 248737-01; sez. 1 n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959).
Tanto, in applicazione del principio generale secondo cui «non Ł censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza» (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284096 – 01).
Nel caso di specie, la pronuncia impugnata chiarisce che la pena inflitta dal primo giudice, in considerazione del quantitativo di sostanza, della sua qualità differente e della personalità del reo (attinto, tra il primo e il secondo grado di giudizio, da misura cautelare coercitiva), deve ritenersi congrua, con ciò ottemperando all’onere di motivazione richiesto.
3.2. Con riguardo alla lamentata violazione dell’art. 58 l. 689 del 1981, la motivazione del provvedimento impugnato appare logicamente congrua e coerente sia con gli indicatori normativi che con il criterio di discrezionalità decisoria, utilizzato per la prognosi sfavorevole in relazione alla concedibilità di una delle pene sostitutive, essendo stati legittimamente utilizzati i parametri di orientamento previsti dall’art. 133 cod. pen..
L’art. 20bis cod. pen., aggiunto dal d.lgs. n. 150 del 2022, elenca espressamente le pene sostitutive, la cui disciplina Ł declinata dalla I. n. 689 del 1981.
A sua volta, l’art. 58, primo comma, della I. n. 689 del 1981, modificato dal d.lgs. n. 150 del 2022, attribuisce al giudice, nei limiti fissati dalla legge e tenuto conto dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., il potere di applicare le pene sostitutive della pena detentiva «quando risultano piø idonee alla rieducazione del condannato e quando, anche attraverso opportune prescrizioni, assicurano la prevenzione del pericolo di commissione di altri reati», mentre «la pena detentiva non può essere sostituita quando sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non saranno adempiute dal condannato».
Come anche di recente confermato da questa Corte (Sez. 6, n. 10070 del 05/02/2025, di Martino, n.m.), l’indirizzo giurisprudenziale formatosi con riguardo al quadro legislativo precedente la novella del 2022 (per il quale la sostituzione delle pene detentive brevi Ł rimessa a una valutazione discrezionale del giudice, condotta con l’osservanza dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen., prendendo in considerazione, tra l’altro, le modalità del fatto per il quale Ł intervenuta condanna e la personalità del condannato (Sez. 3, n. 19326 del 27/01/2015, COGNOME, Rv. 263558), va confermato anche per le pene sostitutive configurate dalla riforma, la cui disciplina continua a subordinare la sostituzione a una valutazione giudiziale e a un giudizio prognostico positivi, ancorati ai parametri di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 6, n. 33027 del 11/5/2023, Agostino, Rv. 285090, in motivazione).
Di talchØ, i «fondati motivi» che, ai sensi della dell’art. 58, comma 1, seconda parte, legge n. 689 del 1981, sost. dall’art. 71, comma 1, lett. f), d.lgs. n. 150 del 2022, non consentono la sostituzione della pena, richiedono un’adeguata e congrua motivazione in merito al giudizio di bilanciamento, in chiave prognostica, tra le istanze volte a privilegiare forme sanzionatorie consone alla finalità rieducativa – le pene sostitutive – e l’obiettivo di assicurare l’effettività alla pena, in un’ottica di salvaguardia dei beni giuridici penalmente protetti (in tal senso, Sez. 5, n. 17959 del 26/01/2024, Avram, Rv. 286449).
Ciò posto, la Corte di appello, nella sentenza impugnata, ha valutato discrezionalmente e giustificato adeguatamente la prognosi sfavorevole in ragione della personalità dell’agente, che non consente di formulare un giudizio favorevole sulla futura ottemperanza alle prescrizioni, e quanto alla pena pecuniaria, fondata sulla avvenuta opposizione a decreto penale.
Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonchØ quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/04/2025.
Il Consigliere estensore