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Attenuanti generiche: quando il giudice può negarle?

Un’imputata ricorre in Cassazione contro una condanna per spaccio di lieve entità, contestando la qualificazione del fatto e il diniego delle attenuanti generiche. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che la presenza di bilancini e denaro occulato esclude l’uso personale. Inoltre, conferma che per negare le attenuanti generiche è sufficiente la mancanza di elementi positivi e la presenza di precedenti, non essendo più sufficiente la sola incensuratezza.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: La Cassazione Chiarisce i Criteri per il Diniego

Le attenuanti generiche rappresentano uno strumento fondamentale nel diritto penale, consentendo al giudice di adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, la loro concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigorosi criteri che giustificano il loro diniego, anche di fronte a reati considerati di lieve entità. Analizziamo la decisione per comprendere meglio la logica della Suprema Corte.

Il caso in esame: dallo spaccio alle attenuanti negate

Il caso riguarda una persona condannata in secondo grado per detenzione di sostanze stupefacenti, reato riqualificato come fatto di lieve entità. L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. La scorretta qualificazione del fatto, sostenendo che la detenzione fosse finalizzata all’uso personale e non allo spaccio.
2. Il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, ritenuto ingiustificato.

La Corte di Appello aveva già respinto queste argomentazioni, confermando la condanna. La questione è quindi giunta al vaglio della Corte di Cassazione.

La qualificazione del fatto: tra uso personale e spaccio

Il primo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile. La Cassazione ha sottolineato come la Corte territoriale avesse correttamente escluso la tesi dell’uso personale. Gli elementi a sostegno della qualificazione come spaccio erano solidi: una quantità di stupefacente non trascurabile, la presenza di due bilancini di precisione e il ritrovamento di banconote occultate in una busta di plastica. Secondo i giudici, questi elementi nel loro complesso sono incompatibili con una detenzione per consumo personale e indicano chiaramente un’attività di spaccio.

Il diniego delle attenuanti generiche e il ruolo del giudice

Il cuore della decisione risiede nel secondo motivo, anch’esso giudicato inammissibile. La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per ribadire i principi consolidati in materia di attenuanti generiche. In primo luogo, ha ricordato che, a seguito della riforma del 2008, il solo stato di incensuratezza dell’imputato non è più sufficiente per ottenere il beneficio. Il giudice deve ricercare elementi di segno positivo che possano giustificare una riduzione della pena.

La valutazione del giudice di merito su questo punto è un “giudizio di fatto”, che non può essere riesaminato dalla Cassazione se la motivazione è logica e non contraddittoria. Il giudice può basare la sua decisione anche su un solo elemento, tra quelli indicati dall’articolo 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del colpevole), ritenuto prevalente.

Le motivazioni della decisione della Cassazione

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva motivato il diniego delle attenuanti generiche evidenziando la totale assenza di elementi positivi e, al contrario, la presenza di precedenti a carico dell’imputata. Questa motivazione è stata considerata dalla Cassazione “congrua” e sufficiente. Il ricorso dell’imputata si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte, senza evidenziare vizi logici o giuridici nella sentenza impugnata. La Suprema Corte ha quindi confermato la decisione, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Le attenuanti generiche non sono un diritto dell’imputato, ma una concessione che deve essere meritata e motivata da concreti elementi positivi. La decisione del giudice di merito gode di ampia discrezionalità e, se ben motivata, è difficilmente attaccabile in sede di legittimità. Per la difesa, ciò significa che non basta appellarsi alla lieve entità del fatto o all’assenza di precedenti; è necessario fornire al giudice prove concrete di elementi positivi, come il comportamento processuale, la resipiscenza o le condizioni di vita personali, che possano giustificare una mitigazione della pena.

Quando può essere escluso l’uso personale di sostanze stupefacenti?
Sulla base della decisione, l’uso personale può essere escluso in presenza di indizi quali una quantità non trascurabile di sostanza, il possesso di strumenti come bilancini di precisione e il rinvenimento di denaro contante occultato, poiché tali elementi sono considerati sintomatici di un’attività di spaccio.

L’assenza di precedenti penali è sufficiente per ottenere le attenuanti generiche?
No. La Corte ha ribadito che, a seguito della riforma legislativa del 2008, la sola incensuratezza non è più un elemento sufficiente a giustificare la concessione delle attenuanti generiche. È necessaria la presenza di elementi di segno positivo.

Quali elementi può considerare il giudice per negare le attenuanti generiche?
Il giudice può negare le attenuanti basandosi sugli elementi indicati nell’art. 133 del codice penale. L’ordinanza chiarisce che anche un singolo elemento, come la personalità del colpevole desunta dai precedenti penali o le modalità del reato, può essere considerato prevalente e sufficiente per motivare il diniego del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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