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Attenuanti generiche: quando il giudice può negarle?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per una violazione del Codice della Strada. La Corte ha confermato la decisione di merito di non concedere le attenuanti generiche, motivando che la sola assenza di precedenti penali non è sufficiente e che la reiterazione della condotta, anche se per un fatto precedente non era stato ritenuto imputabile, è un elemento negativo rilevante. Anche la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata esclusa per le stesse ragioni.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: La Cassazione Chiarisce i Limiti alla Discrezionalità del Giudice

Le attenuanti generiche rappresentano uno strumento fondamentale nel diritto penale, consentendo al giudice di adeguare la pena alla specifica situazione personale dell’imputato. Tuttavia, la loro concessione non è automatica. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione su quando e perché queste circostanze possono essere negate, specialmente in presenza di condotte reiterate.

I Fatti del Caso

Il caso in esame riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello per una violazione del Codice della Strada, con una pena di due mesi di arresto e duemila euro di ammenda. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e il diniego delle attenuanti generiche con conseguente mancata riduzione della pena.

I Motivi del Ricorso e la Valutazione della Corte

Il ricorrente sosteneva che i giudici di merito avessero errato nel non applicare l’istituto della particolare tenuità del fatto e nel negare le circostanze attenuanti generiche. Secondo la difesa, queste omissioni costituivano una violazione di legge e un vizio di motivazione della sentenza d’appello.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali su entrambi i punti sollevati.

La Negazione delle Attenuanti Generiche e la Reiterazione della Condotta

Il cuore della decisione riguarda proprio le attenuanti generiche. La Corte ha ribadito un principio consolidato, rafforzato dalla riforma dell’art. 62-bis del codice penale: per negare le attenuanti, è sufficiente che il giudice motivi l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo. Non è necessario dimostrare la presenza di elementi negativi.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva considerato decisiva la circostanza che l’imputato avesse reiterato lo stesso comportamento illecito. Era emerso, infatti, che già nel 2019 era stato avviato un procedimento per lo stesso reato nei suoi confronti, anche se in quell’occasione era stato dichiarato non imputabile. Questa reiterazione è stata vista come un elemento negativo che giustificava ampiamente il diniego delle attenuanti, rendendo irrilevante la semplice assenza di precedenti penali (stato di incensuratezza).

La Valutazione sulla Particolare Tenuità del Fatto

Anche riguardo al primo motivo di ricorso, la Cassazione ha seguito un ragionamento simile. La valutazione sulla tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p., richiede un’analisi complessa di tutti gli aspetti della vicenda, come le modalità della condotta e il grado di colpevolezza (art. 133 c.p.). Questa è una valutazione di merito, che spetta al giudice di primo e secondo grado e che la Cassazione può sindacare solo in caso di motivazione assente o palesemente illogica. In questo caso, la motivazione della Corte d’Appello, basata sulla reiterazione della condotta, è stata ritenuta logica e corretta, escludendo così la possibilità di applicare la causa di non punibilità.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e quello di legittimità. La valutazione delle circostanze attenuanti e della tenuità del fatto rientra pienamente nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella dei giudici dei gradi precedenti, ma solo verificare che la loro decisione sia sorretta da una motivazione logica e coerente con i principi di diritto. In questo caso, la Corte d’Appello aveva correttamente applicato i principi, valorizzando la condotta reiterata dell’imputato come indice di una maggiore offensività e di un’assenza di elementi positivi meritevoli di una riduzione di pena.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma che la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto dell’imputato, ma una valutazione discrezionale del giudice basata su elementi concreti. La sola incensuratezza non basta per ottenere una riduzione di pena, soprattutto se altri elementi, come la ripetizione del comportamento illecito, depongono in senso contrario. La decisione sottolinea l’importanza per la difesa di fornire al giudice elementi positivi concreti e apprezzabili che possano giustificare la concessione del beneficio, andando oltre la semplice assenza di precedenti penali.

Perché sono state negate le attenuanti generiche all’imputato?
La Corte ha negato le attenuanti generiche perché ha ritenuto sufficiente l’assenza di elementi positivi apprezzabili. Inoltre, ha considerato come elemento negativo la reiterazione della condotta illecita, nonostante per un precedente episodio l’imputato fosse stato dichiarato non imputabile.

Per quale motivo non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità è stata esclusa perché la valutazione della tenuità del fatto è un giudizio complesso che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte d’Appello ha logicamente motivato la sua decisione basandosi sulla reiterazione del comportamento, considerandola un indicatore di un grado di offensività non trascurabile.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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