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Attenuanti generiche: quando il giudice può negarle

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi di due imputati condannati per furto aggravato. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di negare le attenuanti generiche, basandosi sulla gravità del reato, sulla pianificazione accurata e sui precedenti penali di uno degli imputati. La sentenza ribadisce che anche un solo elemento negativo può essere sufficiente per escludere il beneficio.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: La Cassazione Conferma il Diniego in un Caso di Furto Aggravato

La concessione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli ambiti di maggiore discrezionalità del giudice penale. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri che guidano questa valutazione, confermando come anche un singolo elemento negativo possa giustificare il diniego del beneficio. Il caso in esame riguarda un furto in abitazione aggravato, per il quale due imputati avevano richiesto una revisione della pena, sentendosi ingiustamente privati delle attenuanti.

I Fatti del Processo

Due persone venivano condannate in primo e secondo grado per un furto commesso in un’abitazione, aggravato dalla violenza sulle cose, ai sensi degli articoli 110, 624 bis e 625 n. 2 del codice penale. La Corte di Appello di Messina aveva confermato integralmente la sentenza del Tribunale, respingendo le argomentazioni della difesa. Contro questa decisione, entrambi gli imputati proponevano ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I ricorsi presentati alla Suprema Corte si basavano su argomenti distinti:

La Posizione del Primo Imputato

Il primo ricorrente lamentava il mancato riconoscimento di due circostanze attenuanti:
1. La partecipazione di minima importanza (art. 114 c.p.): Sosteneva che il suo contributo al reato fosse stato marginale e trascurabile.
2. Le attenuanti generiche: Riteneva che la sua condotta meritasse comunque una riduzione di pena.

La Posizione della Seconda Imputata

La seconda ricorrente, invece, contestava:
1. L’aggravante della violenza sulle cose: Negava che fosse stata commessa una vera e propria forzatura per entrare nell’abitazione.
2. Il diniego delle attenuanti generiche: Anche lei chiedeva il riconoscimento di elementi favorevoli per mitigare la sanzione.

La Decisione della Corte: Il Ruolo delle attenuanti generiche nel giudizio

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, confermando in toto la decisione della Corte di Appello. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto le censure difensive, offrendo importanti chiarimenti sui principi applicabili.

La Partecipazione non era “di minima importanza”

Per quanto riguarda il primo imputato, la Corte ha ribadito che l’attenuante della minima partecipazione non si basa su una mera comparazione quantitativa del contributo dei vari concorrenti. Ciò che conta è l’efficacia causale del ruolo svolto. Nel caso specifico, l’imputato, pur non essendo entrato materialmente in casa, aveva supportato l’azione criminosa sia nella fase di pianificazione sia in quella successiva alla sottrazione dei beni. Il suo apporto è stato quindi ritenuto rilevante e non marginale.

L’Aggravante della Violenza sulle Cose

Anche il motivo sollevato dalla seconda imputata è stato respinto. La Corte ha ritenuto provata l’aggravante sulla base delle dichiarazioni della persona offesa e delle prove documentali e fotografiche raccolte dalla polizia giudiziaria, che attestavano la forzatura della porta-finestra del balcone.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni sul diniego delle attenuanti generiche. La Cassazione ha ricordato che la valutazione del giudice di merito su questo punto è un giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e non contraddittoria. Il giudice non è tenuto a esaminare analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma può concentrarsi su quelli ritenuti decisivi.

Nel caso di specie, la Corte di Appello aveva correttamente negato il beneficio sulla base di una serie di elementi negativi:
* La particolare gravità del fatto: Valutata in base al valore dei beni sottratti e all’accuratezza della pianificazione.
* I precedenti penali: A carico della seconda imputata, che indicavano una propensione a delinquere.
* La scarsa attitudine collaborativa: La stessa imputata aveva omesso di rivelare dove fosse nascosta parte della refurtiva.

La Suprema Corte ha sottolineato che, come stabilito da consolidata giurisprudenza, anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato può essere sufficiente a giustificare l’esclusione delle attenuanti generiche.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale in materia di commisurazione della pena: la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto dell’imputato, ma una facoltà discrezionale del giudice. Questa discrezionalità deve essere esercitata con una motivazione coerente e logica, che può legittimamente fondarsi anche su un unico fattore negativo ritenuto prevalente. La decisione evidenzia come la gravità del reato e la personalità dell’imputato, desumibile anche da precedenti penali e dalla condotta processuale, siano elementi centrali che possono precludere l’accesso a un trattamento sanzionatorio più mite.

Quando un contributo a un reato può essere considerato di ‘minima importanza’ ai sensi dell’art. 114 c.p.?
Non quando si valuta semplicemente quanto ha fatto un correo rispetto a un altro, ma quando il suo contributo ha avuto un’efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale del piano criminoso. Nel caso di specie, aver supportato il furto in fase di programmazione ed esecuzione è stato ritenuto un contributo rilevante.

È sufficiente un solo elemento negativo per negare le attenuanti generiche?
Sì. La Corte di Cassazione ha ribadito che il giudice, per negare le attenuanti generiche, può limitarsi a considerare anche un solo elemento negativo tra quelli indicati dall’art. 133 c.p. (es. la gravità del reato, i precedenti penali), se lo ritiene prevalente e decisivo rispetto a eventuali elementi positivi.

Come viene provata l’aggravante della violenza sulle cose in un processo per furto?
Nel caso analizzato, l’aggravante è stata considerata provata sulla base di plurimi elementi: le dichiarazioni della persona offesa che ha descritto la forzatura, le rilevazioni effettuate dalla polizia giudiziaria e la documentazione fotografica che confermava lo stato della porta-finestra forzata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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