Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27119 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27119 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME COGNOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/10/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso, nonché le conclusioni del difensore che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza del 25 ottobre 2023 la Corte di Appello di Messina, giudice di rinvio a seguito dell’annullamento dalla Cassazione con sentenza n. 12107/23 della precedente sentenza di appello, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Messina, assolveva COGNOME NOME dal reato di cui agli artt. 223, 216, primo comma, I. fall. e rideterminava la pena inflittale in anni tre di reclusione, oltre a dichiararla inabilitata all’esercizio di un’impresa commerciale e incapace ad esercitare uffici direttivi per la durata di tre anni.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso l’imputata tramite il difensore articolando un unico motivo di doglianza, incentrato sulla violazione di legge in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche e del correlato vizio di motivazione in punto alla mancata concessione delle stesse, della sospensione condizionale della pena e dell’eccesso di pena.
La mancata concessione delle attenuanti generiche, a parere del ricorrente, si appalesava errata in quanto l’imputata era stata assolta dal reato sub b) con ciò elidendosi la circostanza aggravante di cui all’art. 219 I. fall.
Ciononostante, la Corte di Appello, pur essendo venuta meno tale circostanza aggravante, non concedeva le circostanze attenuanti.
Il ricorrente valorizzava, poi, una serie di elementi che avrebbero dovuto condurre a diversa soluzione, quali la mancata costituzione di parte civile della curatela fallimentare; correlativamente non riteneva esaustiva la motivazione del provvedimento impugnato circa la mancata concessione delle attenuanti in ragione della assenza di alcun elemento positivamente valutabile.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, l’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO concludeva per il rigetto del ricorso.
La ricorrente depositava memoria ex art. 611, comma 1, cod. proc. pen., contestando le conclusioni dell’AVV_NOTAIO e insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il principio di diritto enunciato dalla Corte nel giudizio rescindente è quello secondo cui la responsabilità per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale richiede l’accertamento della previa disponibilità in capo all’imprenditore fallito dei beni mancanti, nella loro esatta dimensione, accertamento che non è condizionato da alcuna presunzione né da alcun onere di dimostrazione in capo al fallito, con la conseguenza che, ancorché le scritture di impresa costituiscano prova, ex art.
2710 cod. civ nei riguardi dell’imprenditore, il giudice deve valutare, anche nel silenzio del fallito, l’attendibilità della annotazione contabile e dare congrua motivazione ove questa non sia ove questa non sia apprezzabile per l’intrinseco dato oggettivo.
In ragione, dunque, della accertata frammentarietà delle scritture contabili, della loro ribadita inattendibilità e inadeguatezza a rappresentare la reale situazione patrimoniale della società, la Corte di Appello, in esito al giudizio rescissorio, assolveva l’imputata dal reato contestatole e rideterminava la pena.
Il giudizio rescindente affidava al giudice di rinvio anche la valutazione in merito sia alle circostanze attenuanti, sia alla circostanza aggravante ex rt. 219 I. fall.
Come ricordato dal ricorrente che se ne duole, nonostante l’intervenuta assoluzione per il fatto sub b) e il correlato venire meno della circostanza aggravante, la Corte territoriale non ha ritenuto sussistenti motivi di positiva valutazione per la concessione delle attenuanti generiche.
Tale motivazione è del tutto corretta ed in linea con gli insegnamenti della Corte sul punto, che affermano che «il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis cod. pen., disposta con il dl. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato» (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; ex multis, Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv. 270986).
Il ricorrente lamenta la mancata valutazione della assoluzione per il capo b) ovvero della mancata costituzione di parte civile della curatela fallimentare al fine di concedere le invocate attenuanti.
Nessuna di tali circostanze costituisce elemento di positiva valutazione ex art. 62 bis cod. pen.: l’assoluzione dal reato sub b) ha avuto dei riflessi immediati sul piano delle circostanze, elidendo l’aggravante ex art. 219 I. fall., ma non si vede come possa essere valutata anche al fine di concedere le attenuanti generiche per il residuo reato, poiché la capacità a delinquere può essere desunta dagli elementi ritenuti sussistenti per il reato per il quale è stata pronunziata condanna (Sez. 6, n. 9456 del 12/04/1988, COGNOME, Rv. 179236 – 01).
Quanto, poi, alla mancata costituzione di parte civile, è noto come tale scelta possa dipendere da una molteplicità di fattori, assolutamente indipendenti dalla personalità del fallito, ovvero dalle caratteristiche e/o gravità dei suoi agiti e dunque – è circostanza neutra rispetto alla concedibilità delle attenuanti generiche.
La Corte rileva che, nonostante nel ricorso siano stati individuati altri due p di doglianza, relativamente alla eccessività della pena e alla mancata concessio del beneficio della sospensione condizionale della pena, nel corpus dell’atto non è alcun cenno al contenuto di tali doglianze, meramente enunciate in rubrica.
Il ricorso deve dunque essere respinto con condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 31 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente