Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23844 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23844 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/10/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Napoli in data 14 ottobre 2021 con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di anni cinque, mesi uno, giorni dieci di reclusione per i reati di cui agli art.589 bis e 590 bis cod.pen.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per RAGIONE_SOCIALEzione avverso la sentenza della Corte di appello per vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio con particolare riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche che erano state escluse con argomenti contraddittori e illogici.
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento al motivo di ricorso, che attiene alla misura del trattamento sanzionatorio di cui si assume la eccessività, va premesso che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 4, n. 41702 del 20/09/2004, Nuciforo, Rv. 230278).
Il giudice del merito esercita la discrezionalità che la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754).
La pena applicata non è superiore alla misura media edittale e, in relazione ad essa, non era dunque necessaria un’argomentazione più dettagliata da parte del giudice (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, Rignanese, Rv. 267949).
Il sindacato di legittimità sussiste solo quando la quantificazione costituisca il frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico.
Al contrario, nella fattispecie, la pena è stata correttamente commisurata in considerazione dei precedenti riportati dall’imputato, i quali costituiscono indice della sua inclinazione a delinquere e della sua pericolosità sociale.
Al contempo il giudice distrettuale ha escluso che ricorressero i presupposti per il riconoscimento del beneficio delle circostanze attenuanti generiche valorizzando in particolare i criteri offerti dall’art.133 cod.pen. comma 1 e 2 cod.pen. ed in particolare la particolare gravità della condotta, caratterizzata da colpa macroscopica nonché dalla guida di ciclomotore non assicurato e in assenza della patente di guida, nonché
in ragione dell’offensività delle conseguenze del reato. Sotto diverso profilo ha valorizzato la particolare inclinazione al delitto del prevenuto, in ragione dei precedenti penali anche di grave allarme sociale. Al contempo ha escluso che la scelta del rito abbreviato possa costituire espressione di resipiscenza e ravvedimento, trattandosi di scelta determinata da strategia difensiva.
La motivazione risulta coerente con la giurisprudenza di legittimità sul punto la quale insegna che non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così sez. 3, n. 23055 del 23.4.2013, Banic e altro, rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale), laddove il beneficio in questione, a seguito delle intervenuta modifica normativa dell’art.62 bis cod.pen, non costituisce più una sorta di automatico riconoscimento all’imputato eventualmente incensurato, ma una attribuzione dalla valenza premiale (sez.I, 18.5.2017, Lamina, Rv.271315) che necessita di specifica motivazione sugli elementi posti a fondamento del beneficio. La motivazione del giudice di appello a sostegno della esclusione del beneficio risulta congrua e priva di difetti logici e si presenta pertanto insindacabile dinanzi al giudice di legittimità.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla RAGIONE_SOCIALE delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2024