Attenuanti Generiche: Il Ruolo Decisivo dei Precedenti Penali
Le attenuanti generiche, previste dall’art. 62-bis del codice penale, rappresentano uno strumento fondamentale a disposizione del giudice per adeguare la pena alla specifica situazione personale dell’imputato. Tuttavia, la loro concessione non è un atto dovuto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 9261/2024, ha ribadito i confini della discrezionalità del giudice nel negarle, specialmente in presenza di precedenti penali. Approfondiamo questa importante decisione.
I Fatti del Caso: un Rientro Illegale e la Richiesta di Sconto di Pena
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un cittadino straniero condannato in primo e secondo grado alla pena di dieci mesi di reclusione per aver violato il divieto di reingresso nel territorio dello Stato. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando un vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello, in particolare per quanto riguarda il diniego delle attenuanti generiche e la quantificazione della pena.
Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avrebbero adeguatamente considerato alcuni elementi a suo favore, come una condotta successiva al reato e un presunto avvio di attività lavorativa, che avrebbero potuto giustificare una riduzione della pena.
La Decisione della Corte di Cassazione e le Attenuanti Generiche
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha chiarito che la valutazione circa la concessione delle attenuanti generiche costituisce un giudizio di fatto, ampiamente discrezionale, che non può essere riesaminato in sede di legittimità se la motivazione è logica e non contraddittoria.
L’Inammissibilità del Ricorso
I giudici hanno ritenuto che le doglianze del ricorrente fossero, in realtà, tentativi di ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa alla Corte di Cassazione. La motivazione della Corte d’Appello, infatti, era stata giudicata sufficiente, logica e basata su un’adeguata analisi degli elementi a disposizione, inclusi quelli presentati dalla difesa.
La Motivazione sul Diniego delle Attenuanti Generiche
Il punto centrale della decisione riguarda proprio la giustificazione del diniego delle attenuanti generiche. La Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione sull’assenza di elementi favorevoli concreti e, soprattutto, sulla presenza di precedenti penali, inclusa una condanna specifica per lo stesso tipo di reato. Questo, secondo i giudici, delineava un quadro di elevata capacità a delinquere, rendendo irrilevanti altri aspetti marginali.
Le Motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: per negare le attenuanti generiche, non è necessario che il giudice esamini e confuti analiticamente ogni singolo elemento favorevole indicato dalla difesa. È sufficiente che individui gli indici di preponderante rilevanza che ostano alla concessione del beneficio.
Nel caso specifico, i precedenti penali dell’imputato sono stati considerati un elemento talmente negativo e assorbente da giustificare, da soli, il diniego. La Corte ha specificato che un giudizio fondato sui precedenti penali costituisce una valutazione complessiva sulla personalità dell’imputato, un “giudizio di disvalore” che rende secondari altri elementi, come una condotta post-reato non particolarmente significativa o un’attività lavorativa non adeguatamente documentata. La ratio della norma non impone una valutazione atomistica di ogni preteso fattore attenuante, ma una sintesi giudiziale che individui gli elementi prevalenti.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre importanti spunti pratici. Innanzitutto, conferma che la presenza di precedenti penali, specialmente se specifici, rappresenta un ostacolo molto serio alla concessione delle attenuanti generiche. Per superarlo, la difesa deve presentare elementi favorevoli di eccezionale concretezza e rilevanza, in grado di controbilanciare il disvalore della storia criminale dell’imputato.
In secondo luogo, la decisione ribadisce che il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito. Le valutazioni sulla personalità dell’imputato e sulla congruità della pena, se sorrette da una motivazione logica e coerente, sono di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado. Pertanto, un ricorso basato unicamente sulla speranza di una diversa valutazione delle prove ha scarsissime probabilità di successo.
Un giudice può negare le attenuanti generiche basandosi solo sui precedenti penali dell’imputato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il diniego delle attenuanti generiche può essere fondato anche soltanto sui precedenti penali, poiché questi elementi sono sufficienti a formulare un giudizio di disvalore sulla personalità dell’imputato che risulta assorbente rispetto ad altri fattori.
Il giudice è obbligato a considerare tutti gli elementi a favore dell’imputato quando decide sulle attenuanti generiche?
No. La legge non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione su ciascuno degli elementi indicati dalla difesa. È sufficiente che il giudice indichi gli indici di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti, motivando la sua decisione in modo logico e non contraddittorio.
La condotta tenuta dall’imputato dopo il reato può essere sufficiente per ottenere le attenuanti generiche?
Nel caso specifico, non è stata ritenuta sufficiente. La Corte ha considerato il giudizio di elevata capacità a delinquere, fondato sui precedenti penali, come assorbente e prevalente rispetto alla condotta successiva al reato, rendendola di fatto non decisiva ai fini della concessione del beneficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9261 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9261 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/09/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna, pronunciata dal Tribunale di Vercelli, in data 18 gennaio 2022, nei confronti di COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) alla pena di mesi dieci di reclusione, per il reato di cui all’art. 13, comma 13, d. Igs. n. 189 del 2002, per aver trasgredito al divieto di reingresso nel territorio dello Stato.
Considerato che il motivo unico dedotto (vizio di motivazione circa il diniego delle circostanze attenuanti generiche e sull’entità della pena irrogata) è inammissibile in quanto prospetta, per una parte, doglianze in punto di fatto e, per altra parte, inerenti al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive, devolute anche con memoria depositata in sede di merito (cfr. p. 3 ove, seppure in relazione alla richiesta di sostituzione della pena detentiva, sono stati valutati in base ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen., la capacità a delinquere, i precedenti penali anche specifici l’assenza di attività lavorativa effettivamente intrapresa).
Rilevato, peraltro, che è incensurabile in sede di legittimità, il motivato il diniego delle circostanze attenuanti generiche in ragione anche dell’assenza di elementi favorevoli e dei precedenti penali (Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME Cotiis, Rv. 265826: nel senso che in tema di diniego delle circostanze attenuanti generiche la ratio della disposizione non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione in ordine a ciascuno degli elementi indicati dalla difesa, essendo sufficiente indicare gli indici di preponderante rilevanza, ritenuti ostativi dell generiche, tanto da poter fondare il diniego anche soltanto in base ai precedenti penali perché in tal modo viene formulato, comunque, un giudizio di disvalore della personalità).
Considerato, quindi, che non appare decisivo nel senso prospettato dal ricorrente, che il Giudice di appello non abbia riconosciuto rilievo alla condotta dell’imputato successiva al reato, risultando assorbente il giudizio di elevata capacità a delinquere, fondato sui precedenti penali dell’imputato e sull’esistenza anche di un precedente specifico, avendo riportato il ricorrente una condanna per reingresso illecito sul territorio nazionale, nonché sulla base della carente documentazione relativa allo svolgimento all’attualità di attività lavorativa (al di là del documentato avvio di attività di impresa).
Ritenuto, infatti, che la sussistenza di circostanze attenuanti, rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen., è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talchè la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, come quella resa nel caso al vaglio, non può essere sindacata in sede di legittimità neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per
ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6, n.7707 del 04/12/2003, dep. 2004, Rv. 229768; Sez. U, n.10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931).
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 8 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente