Attenuanti generiche: il potere del giudice nella valutazione
Il riconoscimento delle attenuanti generiche rappresenta un momento cruciale nel processo penale, poiché consente al giudice di adeguare la pena alla specifica realtà del fatto e alla personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (Num. 4416/2024) ci offre l’occasione per approfondire i limiti del potere discrezionale del giudice in questa materia e i criteri che guidano la sua decisione. Il caso riguarda un uomo condannato per furto e indebito utilizzo di una carta di credito, il cui ricorso si basava esclusivamente sulla mancata concessione di tali circostanze.
I fatti del processo
L’imputato, dopo una condanna in primo grado, vedeva la sua pena parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Brescia, la quale, pur escludendo un’aggravante, confermava la condanna per i delitti di furto e utilizzo illecito di una carta di pagamento. Non soddisfatto della decisione, l’uomo proponeva ricorso per Cassazione, affidandolo a un unico motivo: il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. A suo avviso, i giudici di merito non avevano adeguatamente valutato alcuni elementi che avrebbero potuto giustificare una riduzione della pena.
La decisione della Corte di Cassazione sulle attenuanti generiche
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicandolo manifestamente infondato. La decisione si allinea a un principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità. Gli Ermellini hanno chiarito che, quando un giudice decide di negare le attenuanti generiche, non è obbligato a passare in rassegna e confutare analiticamente ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole emerso dagli atti o dedotto dalle parti. La valutazione del giudice è globale e discrezionale, seppur vincolata a un obbligo di motivazione.
Le motivazioni: il potere discrezionale del giudice
Il cuore della motivazione risiede nel perimetro del potere discrezionale del giudice. Secondo la Cassazione, per ritenere una sentenza correttamente motivata sul punto, è sufficiente che il giudice faccia riferimento agli elementi che ha ritenuto decisivi per formare il suo convincimento. In altre parole, basta che indichi le ragioni principali del diniego, come la gravità del fatto, la personalità dell’imputato o l’assenza di elementi positivi di particolare rilievo. 
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano evidentemente ritenuto preponderanti gli aspetti negativi della condotta, e questa valutazione, se non illogica o contraddittoria, non è sindacabile in sede di legittimità. La decisione della Corte Suprema sottolinea che tutti gli altri elementi non menzionati si considerano implicitamente superati o disattesi dalla valutazione complessiva effettuata dal giudice.
Conclusioni: implicazioni pratiche
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale per la difesa tecnica: la richiesta di attenuanti generiche deve essere supportata da argomentazioni forti e specifiche, capaci di incidere sulla valutazione complessiva del giudice. Non è sufficiente elencare una serie di circostanze potenzialmente favorevoli. La decisione ci insegna che contestare in Cassazione il diniego di tali attenuanti è una strada in salita se la motivazione del giudice di merito, pur sintetica, si basa su elementi concreti e non appare manifestamente illogica. La conseguenza di un ricorso inammissibile, inoltre, è onerosa: l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
 
Un giudice deve spiegare perché ha scartato ogni elemento a favore dell’imputato nel negare le attenuanti generiche?
No, secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, non è necessario. È sufficiente che il giudice motivi la sua decisione facendo riferimento agli elementi ritenuti decisivi per il diniego e all’assenza di fattori positivi di rilievo.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione si basa solo sulla richiesta di attenuanti generiche già negate in appello con motivazione adeguata?
Se il motivo di ricorso è considerato manifestamente infondato perché la decisione del giudice d’appello è logicamente motivata, la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, senza entrare nel merito della questione.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (nella fattispecie, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4416 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 4416  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BERGAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia che, in parziale riforma della decisione di primo grado, esclus l’aggravante contestata al capo b), aveva ridetermiNOME la pena inflitta per i del di indebito utilizzo di una carta di credito e furto;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si censura il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato poiché, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, non è necessario che il giudice di merito nel motivare il diniego del predette circostanze prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che f riferimento a quelli ritenuti decisivi o rilevanti nonché all’assenza di eleme positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (si in particolare, pag. 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2024
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La Consigliera estensore
Il Presidente