Attenuanti Generiche: Il Potere Discrezionale del Giudice e i Limiti del Ricorso in Cassazione
La concessione delle attenuanti generiche rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a personalizzare la pena in base alle specificità del caso concreto. Con l’ordinanza n. 2443 del 2024, la Corte di Cassazione torna a ribadire i principi che governano questa materia, chiarendo i confini del proprio sindacato sulla decisione del giudice di merito. La pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere perché, a volte, una richiesta di sconto di pena apparentemente motivata possa essere legittimamente respinta.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato sia in primo grado che in appello per il reato di uso di atto falso, previsto dall’articolo 489 del codice penale. L’imputato, tramite il suo difensore, si è rivolto alla Suprema Corte lamentando un unico, ma articolato, motivo di doglianza: la mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche. A suo avviso, la Corte d’Appello di Trento avrebbe errato nel negargli il beneficio, fornendo una motivazione carente e illogica. Inoltre, contestava l’eccessività della pena inflitta.
La Valutazione delle Attenuanti Generiche secondo la Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato sotto ogni profilo. La decisione si basa su principi consolidati nella giurisprudenza di legittimità, che meritano di essere analizzati nel dettaglio.
La Motivazione del Diniego: Sufficienza e Logicità
Il punto centrale della pronuncia riguarda la motivazione con cui il giudice di merito può negare le attenuanti generiche. La Corte Suprema chiarisce che non è necessario un esame analitico di ogni singolo elemento potenzialmente favorevole all’imputato. Il giudice non è tenuto a redigere una lista di pro e contro, ma può limitarsi a indicare gli elementi che ha ritenuto decisivi per la sua scelta.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fondato il diniego su plurimi fattori:
* La discreta gravità del fatto;
* L’irrilevanza del consenso dell’imputato all’acquisizione di atti di indagine;
* L’assenza di concreti segnali di resipiscenza (pentimento);
* Una valutazione complessivamente positiva della condotta processuale non sufficiente a giustificare uno sconto di pena.
Secondo la Cassazione, questa motivazione è da considerarsi immune da vizi logici e, pertanto, non sindacabile in sede di legittimità. Se la valutazione del giudice di merito è coerente e ben argomentata, essa supera il vaglio della Suprema Corte, anche se altri elementi favorevoli non sono stati esplicitamente menzionati, in quanto implicitamente ritenuti non prevalenti.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il giudizio sulla concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i parametri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha gestito il processo, ma può solo verificare che la decisione sia stata presa sulla base di un percorso argomentativo logico e non palesemente contraddittorio. Lo stesso principio si applica alla quantificazione della pena: se il giudice ha fornito un congruo riferimento agli elementi ritenuti rilevanti per la sua determinazione, la sua decisione è insindacabile in sede di legittimità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la strada per ottenere una riforma della decisione sulle attenuanti generiche in Cassazione è molto stretta. Non è sufficiente evidenziare l’esistenza di elementi favorevoli all’imputato che il giudice di merito non ha esplicitamente considerato. È necessario, invece, dimostrare un’evidente illogicità o una palese contraddittorietà nella motivazione della sentenza impugnata. Questa pronuncia serve da monito: la discrezionalità del giudice di merito è ampia e, se correttamente esercitata e motivata, la sua decisione sulla pena è destinata a resistere al vaglio della Suprema Corte. Per la difesa, ciò significa che le argomentazioni a sostegno delle attenuanti devono essere non solo presentate, ma rese così pregnanti da non poter essere logicamente ignorate o superate dal giudice.
Quando un giudice può negare la concessione delle attenuanti generiche?
Un giudice può negare le attenuanti generiche quando, attraverso una valutazione discrezionale basata sui criteri degli artt. 132 e 133 c.p., ritiene che non sussistano elementi positivi tali da giustificare una riduzione della pena. La decisione deve essere supportata da una motivazione logica e non contraddittoria.
Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi a favore e a sfavore dell’imputato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, non è necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli. È sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri superati o disattesi da tale valutazione.
La Corte di Cassazione può riesaminare la decisione sulla quantità della pena decisa dal giudice di merito?
No, la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione, ma può solo controllare che la motivazione del giudice sia adeguata, logica e basata sui principi normativi, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2443 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2443 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di TRENTO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
f
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Trento, che ha confermato la condanna riportata in primo grado dal predetto in ordine al reato di cui all’art. 489 cod. pen.;
Considerato che il primo e unico motivo di ricorso, che – richiamando i vizi di cui all 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen. – contesta la mancata applicazione delle circostanze attenuan generiche, non è consentito in sede di legittimità ed è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 5 e 6 della sentenza con riferimento alla discreta gravità del fatto, all’ininfluenz consenso prestato all’acquisizione al fascicolo degli atti di indagine, all’insussistenza di segn concreta resipiscenza e, più in generale, di positiva valutazione ai f ni della richiesta) d motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da quest Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego del concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutt gli elementi favorevoli sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri valutazione; che, quanto all’eccessività della pena, il motivo si rivela del pari manifestame infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti attenuanti e per fissare la pena base rientra nella cliscrezionalità del giudice di merito, c esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che, nella specie, l’ argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si vedano in particolare le citate pag. 5 e 6 della se impugnata);
Rilevato in definitiva che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 dicembre 2023