Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1950 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1950 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2022 della CORTE APPELLO di LECCE
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; che ha concluso chiedendo
Il AVV_NOTAIO conclude per l’inammissibilita dei ricorsi.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO. COGNOME NOME del foro di LECCE in difesa della parte civile COGNOME NOME che depositando conclusioni scritte unitamente alla nota spese si associa alle conclusioni del Procuratore Generale.
E’ presente l’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA, che depositando nomina a sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO del foro di BARI difensore di
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RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Lecce n. 1858/22 che confermava la sentenza pronunciata dal Tribunale di Brindisi del 9 dicembre 2021 con cui gli odierni ricorrenti, in concorso con il coimputato COGNOME NOME, erano condannati in relazione a due reati di tentato furto aggravato e sei reati di furto consumato, fatti accaduti tra il 29 marzo e il 17 aprile 2021.
Il ricorrente COGNOME NOME lamenta, con tre motivi di ricorso, che la motivazione della sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare o avrebbe motivato contraddittoriamente circa le doglianze già prospettate in appello relative al mancato riconoscimento delle attenuanti ex artt. 62, n. 6, e 62-bis cod. pen. nonché circa la quantificazione della pena.
In particolare, la difesa di COGNOME lamenta il mancato riconoscimento della circostanza attenuante della riparazione del danno di cui all’art. 62 n. 6, cod. pen. evidenziando che l’imputato COGNOME, ha offerto la somma di euro 350,00 alle parti civili costituite, a fronte di un danno di euro 663,00, (dato trascurato dalle due conformi sentenze) ma ciò nonostante non avveniva il riconoscimento della circostanza richiesta.
Con un secondo motivo di ricorso la difesa di COGNOME evidenzia l’omessa motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche la cui motivazione sarebbe :stata esposta in modo contraddittorio dalla corte di appello che pur dando atto dello stato di incensuratezza lo ha ritenuto irrilevante.
Con un terzo motivo di ricorso la difesa di COGNOME lamenta la completezza e la logicità della motivazione circa la determinazione della pena muovendo da una pena base superiore al minimo edittale.
Con motivi aggiunti la difesa di COGNOME insiste nel secondo motivo di ricorso e prospetta altresì la violazione di legge in relazione agli artt. 81, 132, 133 cod. pen. e 546 cod. proc. pen. avendo la cori:e di appello disatteso le doglianze circa la motivazione su ogni aumento di pena per i reati ritenuti legati dal vincolo della continuazione.
COGNOME NOME con un unico motivo di ricorso lamenta la mancanza della motivazione o comunque l’illogicità e la contraddittorietà della stessa con riferimento sia alla mancata esclusione della recidiva sia alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. In particolare il ricorrente COGNOME, richiamando quanto già sostenuto in sede di appello aggredendo la sentenza del tribunale, ribadisce che l’aumento
facoltativo della recidiva non può essere fondato soltanto sulla circostanza dell’esistenza di precedenti penali richiedendosi un’applicazione non automatica dell’istituto della recidiva ma viceversa una relazione qualificata tra tali precedenti e il delitto sub iudice; gli stessi motivi anzi avrebbero dovuto portare il giudice di appello a considerare i non gravi precedenti penali e l’ammissione di responsabilità del COGNOME, e indurre il giudice di appello a concedere le attenuanti generiche.
Il procuratore generale ha chiesto di dichiarare inammissibili i ricorsi.
La parte civile COGNOME NOME si è associata alle conclusioni del P.G. e ha depositato nota spese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio osserva in primo luogo che i motivi di ricorso nn. 1 e 2 presentati dalla difesa di COGNOME sono aspecifici e si limitano genericamente ad evidenziare l’assenza di motivazione su tali profili circostanziali laddove, invece, seppur stringatamente, la Corte di appello nel complessivo inquadramento del trattamento sanzionatorio, rifacendosi alla conforme sentenza di primo grado, ha accolto l’impianto circostanziale spiegando di condividere la constatazione di un ristoro parziale e quindi insufficiente e inidoneo a integrare l’attenuante ex art. 62, n. 6, cod.pen.. Del resto, non si trascuri che il differenziale di circa 300 eu -o si riferisce comunque alle sole parti civili costituite, non all’intero danno cagionato a tutti i soggetti che hanno subito i furti o i tentati furti.
In particolare, in relazione ai motivi di ricorso nn. 2 e 3 presentati da COGNOME COGNOME al motivo presentato da COGNOMECOGNOME sebbene su due profili diversi, si noti che sostanzialmente si inpugna l’impianto motivazionale di primo grado che è ragionevolmente recepito nella motivazione dell’appello.
Al riguardo il Collegio evidenzia che la motivazione della corte di appello accoglie e ribadisce, sotto ogni profilo sanzionatorio, il rapporto tra i precedenti di COGNOME, il ruolo di COGNOME, la fattispecie concorsuale, la gravità e molteplicità dei fatti e la meritevolezza, negata ad entrambi i ricorrenti, delle attenuanti generiche. Laddove considera anche l’assenza di elementi positivi la corte, rigettando l’appello, espone l’impossibilità di attenuare ulteriormente la pena e la necessità di valutare che i reati commessi non appaiono scollegati ma piuttosto sintomatici di un’opinabile scelta di vita. Non implicitamente, quindi, le doglianze hanno avuto una motivazione di rigetto senza omissioni, cadute logiche o incoerenze, come
del resto emerge dalla considerazione che per intero è stata confermata la motivazione della sentenza di primo grado.
Dalla lettura di entrambi i provvedimenti di condanna, infatti, emerge complessivamente che il giudizio sulla gravità del fatto è sistematicamente imperniato sulla descrizione di un fatto ontologicamente incompatibile (sia per l’entità della somma versata, sia la tipologia di danno arrecato dai furti, sia per il complessivo contesto criminoso operativo nella medesima zona con modalità esecutive particolarmente indicative di capacità aggressive) con le attenuanti richieste.
Lo stesso dicasi, ancora circa il terzo motivo di ricorso di COGNOME che prospetta la mancata o contradditoria motivazione sulla quantificazione della pena e dei singoli aumenti per i reati satelliti ritenuti in continuazione. Invero, emerge in modo chiaro, la coerenza con la sentenza di primo grado la cui conferma comprende logicamente anche la condivisione delle esplicite considerazioni di tale sentenza sia sulla pena del reato più grave, sia sugli aumenti di pena di venti giorni per ciascun reato ritenuto in continuazione.
Parimenti si evidenzi che la motivazione circa la mancata concessione delle attenuanti generiche e la quantificazione della pena appare coerente e congrua con la constatazione che l’incensuratezza non è elemento prevalente per una considerazione attenuata dei plurimi fatti contro il patrimonio a fronte del parziale risarcimento e della comparazione con la pena irrogata agli altri coimputati. La responsabilità penale è personale anche nella dosimetria della pena e pertanto nella valutazicne della sua congruità ex art. 133 cod. pen. e della modulazione della stessa.
Attesa la conformità delle decisioni non si tratta, pertanto, di motivazioni omissive, lacunose o contraddittorie sul punto della determinazione della pena, delle circostanze richieste da entrambi i ricorrenti e non concesse, e della recidiva considerata per COGNOME.
In particolare, su quest’ultimo punto, il ricorso della difesa di COGNOME sul giudizio che ha portato a considerare la recidiva e a non concedere le circostanze attenuanti generiche, ancora sostanzialmente aggredendo la completezza e la coerenza argomentativa della motivazione di appello, non ha spiegato come le pur sintetiche ma esaustive considerazioni della sentenza circa il quadro circostanziale e il ruolo aggravatore dei precedenti inducano un vizio logico che consenta al giudice di legittimità di cogliere una tale lacuna logica da travolgere la validità della sentenza. La mera prospettazione, in sede di ricorso, di avere disatteso quanto richiesto nei precedenti gradi di giudizio non conduce a ritenere sul piano logico che gli
argomenti spesi nella motivazione della sentenza impugnata siano automaticamente contraddittori, senza dover entrare nel merito di quelle valutazioni.
Non si rileva pertanto alcuna contraddittorietà o vizio logico della motivazione e, in definitiva, il Collegio dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ciascuno nonché alla rifusione in solido delle spese sostenute dalla parte civile COGNOME NOME in questo giudizio di legittimità che liquida in euro 2.457,00 cltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende ciascuno nonché alla rifusione in solido delle spese sostenute dalla parte civile COGNOME NOME in questo giudizio di legittimità che liquida in euro 2.457,00 oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma il 5 dicembre 2023
Il consigliere estensore