Attenuanti generiche: la discrezionalità del giudice e i limiti del ricorso
L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più delicati e discrezionali del processo penale. Con la recente ordinanza n. 22879 del 2024, la Corte di Cassazione torna a fare chiarezza sui criteri che legittimano il diniego di tali circostanze e sui limiti di un ricorso basato su questa unica doglianza. La decisione sottolinea come una motivazione congrua da parte del giudice di merito sia sufficiente a rendere l’impugnazione inammissibile.
Il caso: un ricorso contro il diniego delle attenuanti generiche
Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. L’unico motivo di impugnazione era il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, una circostanza che, se concessa, avrebbe potuto comportare una riduzione della pena. Il ricorrente lamentava che i giudici di secondo grado non avessero valutato correttamente gli elementi a suo favore. La questione, quindi, non verteva sulla colpevolezza, ma esclusivamente sulla quantificazione della sanzione.
La valutazione delle attenuanti generiche e il potere del giudice
La Cassazione ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato nella sua giurisprudenza. Nel decidere sulla concessione delle attenuanti generiche, il giudice di merito esercita un ampio potere discrezionale. Non è tenuto a prendere in considerazione e a confutare analiticamente ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole emerso dagli atti processuali.
È infatti sufficiente che la sua decisione sia supportata da una motivazione logica e coerente. Questa può basarsi su un riferimento specifico agli elementi negativi ritenuti decisivi o, al contrario, sulla semplice constatazione dell’assenza di elementi positivi meritevoli di considerazione. Una volta che il giudice ha esplicitato le ragioni del suo convincimento in modo non contraddittorio, la sua valutazione è da considerarsi legittima.
Le motivazioni della decisione
La Corte ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato” e, di conseguenza, inammissibile. I giudici di legittimità hanno riscontrato che la Corte d’Appello aveva correttamente esercitato la propria discrezionalità, esplicitando in modo ampio e chiaro le ragioni che l’avevano portata a negare le attenuanti. La motivazione della sentenza impugnata è stata ritenuta esente da criticità o vizi logici.
La Cassazione ha specificato che, una volta fornito un congruo riferimento agli elementi ritenuti prevalenti (in questo caso, negativi), tutti gli altri argomenti portati dalla difesa si considerano implicitamente disattesi o superati. Pertanto, tentare di ottenere una nuova valutazione nel merito in sede di legittimità, quando la decisione è ben motivata, si risolve in un tentativo infruttuoso. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende è stata la diretta conseguenza dell’inammissibilità del ricorso.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
Questa ordinanza conferma che la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto dell’imputato, ma il risultato di una valutazione discrezionale del giudice. Le implicazioni pratiche sono significative: un ricorso in Cassazione fondato esclusivamente su questo punto ha scarse probabilità di successo se la decisione del giudice di merito è supportata da una motivazione logica e coerente, anche se sintetica. Per la difesa, è cruciale dimostrare un vizio palese nella motivazione (come contraddittorietà o manifesta illogicità), piuttosto che sollecitare una rivalutazione degli elementi di fatto, preclusa in sede di legittimità.
Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi a favore e a sfavore dell’imputato?
No, secondo la Corte non è necessario. È sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o alla semplice assenza di elementi positivi per giustificare il diniego, superando implicitamente tutti gli altri argomenti.
Qual è la conseguenza di un ricorso giudicato ‘manifestamente infondato’ dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Cosa significa che il giudice esercita la sua ‘discrezionalità’ nel concedere le attenuanti generiche?
Significa che il giudice ha un potere di valutazione autonoma, basato sugli elementi del processo e sui criteri di legge, per decidere se concedere o meno la riduzione di pena. Questa decisione, se adeguatamente motivata, non è facilmente censurabile in sedi superiori.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22879 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22879 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COTUGNO DOMENICO nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, inerente al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è manifestamente infondato in quanto i giudici del merito hanno correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente esplicitando le ragioni del loro convincimento;
che, invero, nel motivare il diniego della diminuente richiesta, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un cong riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazion che, nella specie, i giudici del merito hanno ampiamente esplicitato, con argomentazioni esenti da criticità giustificative, le ragioni del loro convinciment (si vedano, in particolare, pagg. 8 e 9);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 28 maggio 2024.