Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5784 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5784 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il 01/01/1978
avverso la sentenza del 08/01/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e alla dosimetria della pena. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e d correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Lo stesso, peraltro, afferisce al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto- e pertanto immune da vizi di legittimità.
3.1. I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto del loro diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62 bis cod. pen., evidenziando come deponga in senso negativo l’elevata capacità a delinquere dell’imputato, desumibile dal tentativo di fuga, dal possesso di sostanze stupefacenti, dal rifiuto di sottoporsi ad accertamenti sanitari, nonché dai molteplici precedenti penali, peraltro correlati dall’assenza di successive condotte riparative o di significativo ravvedimento.
Il provvedimento impugnato appare, pertanto, collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabi dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisiv comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione
(così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, COGNOME e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
3.2. Anche la motivazione in punto di dosimetria della pena nel provvedimento impugnato è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto di non ravvisare elementi che possano giustificare una mitigazione del trattamento sanzionatorio atteso che l’imputato, nella vicenda in esame, ha dimostrato una elevata capacità a delinquere come desumibile dalla condotta tenuta nel momento in cui veniva avvistato dai Carabinieri: -si dava alla fuga nonostante l’intimazione a fermarsi avvenuta dai militari tramite l’accensione dei lampeggianti; -veniva trovato in possesso di sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana (dopo averne verosimilmente ceduta altra quando veniva avvistato dai verbalizzanti) e con alito vinoso; -sottoposto ad accertamenti sanitari, si rifiutava di eseguirli. Anche i molteplici precedenti attestati dal certificato del casellario e l’assenza di eventuali condotte riparative o di significativa resipiscenza successive depongono per la Corte territoriale in senso contrario al riconoscimento di un più benevolo trattamento sanzionatorio, tenendosi peraltro conto che la pena è stata già contenuta nel minimo edittale.
L’obbligo motivazionale è dunque assolto laddove questa Corte di legittimità ha più volte precisato che la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra, tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabil nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso -che peraltro non è quello che ci occupa – in cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (così questa Sez. 4, n. 46412 del 5/11/2015, COGNOME, Rv. 265283; Sez. 4, n. 21294 del 20/3/2013, COGNOME, Rv. 256197; conf. Sez. 2, n. 28852 dell’8/5/2013, COGNOME e altro, Rv. 256464; Sez. 3, n. 10095 del 10/1/2013, Monterosso, Rv. 255153; Sez. 2, n. 36245 del 26/6/2009, COGNOME, Rv. 245596). E ancora di recente, è stato ribadito che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione, è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. co espressioni del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come
pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME ed altro, Rv. 271243)
Né può porsi in questa sede la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, COGNOME, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22/01/2025