Attenuanti Generiche: La Cassazione sul Diniego per Mancanza di Pentimento
L’ordinanza n. 7609/2024 della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla concessione delle attenuanti generiche, specialmente in materia di reati fiscali. La decisione sottolinea come il comportamento post-reato dell’imputato, in particolare la mancanza di pentimento e di collaborazione, possa giustificare pienamente il diniego di questo beneficio. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio i principi applicati dai giudici.
I Fatti di Causa
Il caso riguarda due persone condannate dalla Corte d’Appello di Torino per reati fiscali previsti dal d.lgs. 74/2000. Nello specifico, una persona era accusata di dichiarazione fraudolenta (art. 2), mentre l’altra rispondeva sia di dichiarazione fraudolenta che di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8). Entrambi gli imputati, ritenendo ingiusta la pena e il mancato riconoscimento di circostanze a loro favore, hanno deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione.
Le ragioni del diniego delle attenuanti generiche
Il punto centrale del ricorso era la contestazione della decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti generiche. Gli imputati lamentavano una violazione di legge e un vizio di motivazione su questo specifico punto e sulla quantificazione della pena. La difesa sosteneva che la loro condotta processuale e personale avrebbe dovuto portare a un trattamento sanzionatorio più mite.
La Congruità della Pena
La Corte di Cassazione ha prima di tutto esaminato la questione della pena inflitta. Le condanne erano rispettivamente di 1 anno e 10 mesi e di 1 anno e 8 mesi di reclusione. I giudici hanno osservato che entrambe le pene erano inferiori al “medio edittale”, ovvero al punto intermedio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge per i reati contestati. Citando un precedente orientamento (Cass. n. 29968/2019), la Corte ha ribadito un principio fondamentale: quando la pena è inferiore alla media, il giudice non ha l’obbligo di fornire una motivazione ulteriore e dettagliata sulla sua adeguatezza, essendo già di per sé una sanzione mite.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha ritenuto inammissibili i ricorsi, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello. La motivazione del diniego delle attenuanti generiche è stata giudicata logica, coerente e priva di vizi. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato che gli imputati non avevano manifestato alcun segno di “resipiscenza” (pentimento), non avevano collaborato in alcun modo e non si erano attivati per riparare il danno causato all’erario. Al contrario, il loro comportamento era stato caratterizzato da una frode al fisco attuata con molteplici modalità e protratta per diverse annualità. Questa condotta complessiva, secondo la Cassazione, giustifica ampiamente la decisione di non concedere alcun beneficio volto a mitigare la pena.
Le conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza un principio consolidato nella giurisprudenza: le attenuanti generiche non sono un diritto automatico dell’imputato, ma una concessione che il giudice valuta discrezionalmente sulla base di elementi concreti. La sentenza chiarisce che l’assenza totale di segnali positivi dopo la commissione del reato, come il pentimento, la collaborazione o il risarcimento del danno, costituisce un valido e sufficiente motivo per negarle. Inoltre, viene confermato che una pena inferiore al medio edittale è di per sé un indicatore di clemenza che non richiede complesse giustificazioni da parte del giudice. Questa decisione serve da monito, evidenziando l’importanza del comportamento dell’imputato non solo prima, ma anche dopo il reato.
È possibile ottenere le attenuanti generiche senza mostrare pentimento o collaborazione?
No, la sentenza conferma che l’assenza di collaborazione, pentimento (resipiscenza) e tentativi di riparare il danno sono motivi logici e razionali per negare la concessione delle attenuanti generiche.
Il giudice deve sempre motivare in modo approfondito la misura della pena inflitta?
Non sempre. Come chiarito dalla Corte, se la pena applicata è inferiore al “medio edittale” (il punto medio della pena prevista dalla legge), non sussiste un obbligo di motivazione ulteriore rispetto ai criteri generali dell’art. 133 del codice penale.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro, equitativamente fissata dal giudice, in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7609 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7609 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a BARI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che NOME COGNOME è stata condannata alle pene di legge per il reato dell’art. 2 d.lgs. 74 del 2000 e NOME COGNOME alle pene di legge per il reato dell’art. 8 e dell’art. 2 d.lgs. del 2000;
Rilevato che entrambi lamentano con separati ricorsi la violazione di legge e il vizi motivazione per il diniego delle circostanze attenuanti generiche e in merito alla pena irroga
Rilevato che la motivazione sulla pena è congrua rispetto ai criteri dell’art. 133 cod. pen., pe la COGNOME è stata condannata con la continuazione ad anni 1 e mesi 10 di reclusione, mentre il COGNOME è stato condannato con la continuazione ad anni 1 e mesi 8 di reclusione, in entrambi i casi, a pene inferiori al medio edittale (si veda Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288-01 che esclude l’obbligo di motivazione ulteriore rispetto ai criteri dell’art. 133 cod. quando la pena sia inferiore al medio edittale);
Rilevato che il diniego delle attenuanti generiche è stato giustificato con motivazione logi razionale per il fatto che gli imputati non avevano collaborato né mostrato segni di resipiscenz né avevano operato per riparare il danno, ma avevano, per contro, mostrato di voler frodare i fisco con più modalità e per più annualità;
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi debbano essere dichiarati inammissibili e rilevato che declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere de spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processual della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente