Attenuanti Generiche: No alla Sconto di Pena in Caso di Brutale Aggressione
L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più discrezionali del giudizio penale, permettendo al giudice di adeguare la pena alla specifica realtà del fatto e alla personalità dell’imputato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questa discrezionalità, confermando che la brutalità dell’azione e la pericolosità sociale del reo sono elementi sufficienti per negare qualsiasi sconto di pena.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una violenta aggressione avvenuta tra più persone. Durante l’alterco, l’imputato ha prima colpito la vittima alla testa con un’arma da fuoco, usandola come corpo contundente, e subito dopo ha esploso due colpi in aria. La scena è stata osservata da un testimone estraneo ai fatti, che ha immediatamente allertato le forze dell’ordine. Le dichiarazioni del testimone, insieme a quelle della vittima e di suo fratello, hanno permesso di ricostruire la dinamica e di identificare l’aggressore.
Nonostante l’imputato avesse negato l’uso di una pistola, le testimonianze concordanti e il ritrovamento di un bossolo calibro 38 a soli dieci metri dal luogo dell’aggressione hanno costituito un quadro probatorio solido a suo carico.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche nei Giudizi di Merito
Sia in primo grado che in appello, i giudici hanno negato la concessione delle attenuanti generiche. La decisione è stata motivata sulla base di diversi elementi concreti:
* La brutalità dell’aggressione: la vittima ha riportato gravi lesioni a causa del colpo ricevuto alla testa.
* La pericolosità dell’azione: l’uso di un’arma da fuoco in un luogo pubblico, con l’esplosione di colpi, ha creato un serio pericolo anche per eventuali passanti.
* L’assenza di esitazione: l’imputato non ha mostrato alcuna remora nell’utilizzare l’arma, dimostrando una notevole spregiudicatezza.
* Il mancato ritrovamento dell’arma: la pistola non è mai stata recuperata, portando i giudici a presumere che fosse ancora nella disponibilità dell’imputato, con conseguente persistenza della sua pericolosità sociale.
La Decisione della Cassazione: un Ricorso Basato sui Fatti
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione proprio in relazione al diniego delle attenuanti generiche. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile.
Le Motivazioni
La Corte ha chiarito che le censure sollevate dal ricorrente non erano critiche sulla corretta applicazione della legge, ma tentativi di ottenere una nuova e diversa valutazione dei fatti. Questo tipo di doglianza, definito “in punto di fatto”, non è consentito in sede di legittimità, dove il ruolo della Cassazione è limitato a verificare la corretta applicazione delle norme e la logicità della motivazione, senza poter riesaminare le prove.
I giudici hanno quindi confermato la correttezza della decisione della Corte d’Appello, ritenendo che la motivazione fornita per negare le attenuanti fosse logica, coerente e basata su elementi di prova concreti e specifici, quali la gravità del fatto e la personalità dell’imputato.
Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto automatico, ma una valutazione discrezionale del giudice che deve essere ancorata a elementi concreti. La gravità oggettiva del reato, le modalità dell’azione, la personalità del colpevole e la sua pericolosità sociale sono tutti fattori decisivi. Quando un ricorso alla Corte di Cassazione si limita a contestare la valutazione di questi elementi fattuali, senza individuare un reale vizio di legge, è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Perché sono state negate le attenuanti generiche in questo caso?
Le attenuanti generiche sono state negate a causa della particolare gravità del fatto, evidenziata dalla brutale aggressione con una pistola usata come corpo contundente, dalle gravi lesioni inflitte alla vittima, dal rischio creato per i passanti con l’esplosione di colpi e dal fatto che l’arma non è mai stata trovata, suggerendo una persistente pericolosità dell’imputato.
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche dell’imputato non riguardavano violazioni di legge, ma si risolvevano in “doglianze in punto di fatto”, ovvero un tentativo di ottenere una nuova valutazione delle prove e della ricostruzione dei fatti, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione.
Quali prove sono state considerate decisive per dimostrare l’uso della pistola?
Le prove decisive sono state le dichiarazioni concordanti delle due vittime e di un testimone oculare, corroborate dal ritrovamento di un bossolo di pistola nelle immediate vicinanze del luogo dell’aggressione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2546 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2546 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a SAN GIOVANNI COGNOME il 01/01/1985
avverso la sentenza del 16/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Rilevato in fatto e considerato in diritto
Ritenuto che le censure dedotte nel ricorso di NOME COGNOME nel quale il difensore si duole della violazione di legge in relazione agli artt. 192 co. 2, 533 cod. proc. pen. e del vizio di motivazione in ordine al diniego della concessione delle circostanze attenuanti generiche – oltre ad essere manifestamente infondate, si risolvono in doglianze in punto di fatto, non consentite in questa sede.
Considerato che dette censure sono, altresì, riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di Appello di Bari nella sentenza impugnata. Invero, detta Corte evidenzia che: – con riferimento alle modalità dell’aggressione rilevano le dichiarazioni di NOME COGNOME che, come terzo estraneo, aveva casualmente assistito alla scena e aveva avvisato telefonicamente i carabinieri raccontando di aver visto una colluttazione tra più uomini, dei quali uno aveva impugnato una pistola con cui aveva colpito la testa di un altro e da cui subito erano partiti due colpi; – successivamente alla telefonata del COGNOME, COGNOME NOME si presentava negli uffici dei Carabinieri riferendo di essere stato aggredito con il fratello NOME, dai fratelli COGNOME dall’odierno ricorrente e che quest’ultimo aveva utilizzato una pistola con cui aveva esploso dei colpi senza attingere nessuno; – il giorno successivo NOME COGNOME sporgeva denuncia con cui precisava i retroscena della lite e le modalità dell’aggressione subita; – nonostante il ricorrente in sede di interrogatorio abbia negato di aver utilizzato una pistola, risulta pacifico, in virtù delle dichiarazi assolutamente concordanti dei fratelli COGNOME e del teste COGNOME, che COGNOME era in possesso di una pistola; – ciò è provato anche dal rinvenimento del bossolo cal. 38 nelle immediate vicinanze del punto in cui i colpi erano esplosi; – a differenza di quanto sostenuto dalla difesa, è stato lo stesso imputato ad aver dichiarato che la Banca Unicredit alla cui altezza è stato trovato il bossolo distava solo 10 metri dal luogo dell’aggressione. La Corte, inoltre, giustifica la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, facendo leva sulla brutale aggressione posta in essere nei confronti di NOME COGNOME il quale ha subito gravi lesioni, sulla mancanza totale di esitazione nell’utilizzare l’arma come corpo contundente, sul fatto che i colpi avrebbero potuto attingere anche ignari passanti, e sulla circostanza che la pistola non è mai stata rinvenuta e che, pertanto, deve ritenersi tuttora nella disponibilità del ricorrente. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Rilevato, quindi, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2024.