Attenuanti generiche: l’onere della prova ricade sull’imputato
La concessione delle attenuanti generiche rappresenta un momento cruciale nella determinazione della pena. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza sui criteri di applicazione di questo istituto, sottolineando il ruolo attivo che l’imputato deve avere nel dimostrare di meritarle. La decisione conferma un orientamento rigoroso: non basta una semplice richiesta, ma servono elementi concreti e positivi.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso un’ordinanza della Corte di Appello di Torino. Quest’ultima aveva negato la concessione delle attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale. L’imputato ha quindi deciso di impugnare tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando il mancato riconoscimento di circostanze che, a suo dire, avrebbero dovuto portare a una riduzione della pena. Il suo ricorso si basava su un unico motivo: la contestazione di tale diniego.
La Decisione della Corte di Cassazione sulle Attenuanti Generiche
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Secondo gli Ermellini, i giudici di merito avevano esercitato correttamente il loro potere discrezionale, fornendo una motivazione ampia e chiara per la loro decisione. La Corte ha colto l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali che regolano la concessione delle attenuanti generiche, ponendo l’accento sugli oneri che gravano sulla parte che le richiede.
Le Motivazioni della Sentenza
Le motivazioni alla base della decisione sono precise e si articolano su tre punti cardine:
1. Onere di deduzione a carico dell’imputato: La Corte ha affermato che l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è un automatismo. Al contrario, essa richiede la presenza di “elementi di segno positivo” che è onere della parte interessata dedurre in modo specifico. Non è sufficiente una richiesta generica; l’imputato deve fornire al giudice le ragioni concrete e i fatti positivi (come la buona condotta, il ravvedimento, etc.) che possano giustificare una mitigazione della pena.
2. Specificità del motivo di ricorso: Il ricorso è stato giudicato privo di “concreta specificità”. L’imputato non ha saputo contestare in modo puntuale le ragioni esposte dalla Corte d’Appello, limitandosi a lamentare il diniego senza argomentare in modo costruttivo.
3. Sufficiente motivazione del diniego: Un principio di grande rilevanza pratica è stato ribadito: nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in considerazione ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole emerso dagli atti. È invece sufficiente che la sua motivazione si concentri sugli elementi negativi ritenuti decisivi per la decisione, oppure che evidenzi la semplice assenza o la mancata deduzione di elementi positivi da parte dell’imputato. Questo snellisce l’obbligo motivazionale del giudice e ne rafforza la discrezionalità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio in materia di commisurazione della pena. La concessione delle attenuanti generiche non è un diritto dell’imputato, ma il risultato di una valutazione discrezionale del giudice basata su elementi concreti. La decisione impone un ruolo proattivo alla difesa, che non può limitarsi a una richiesta formale, ma deve costruire un’argomentazione solida, supportata da prove specifiche che mettano in luce gli aspetti positivi della personalità e della condotta dell’imputato. In assenza di tale sforzo, il diniego del giudice, anche se motivato in modo sintetico, risulterà pienamente legittimo.
A chi spetta l’onere di provare i presupposti per la concessione delle attenuanti generiche?
Secondo la Corte, l’onere di dedurre specificamente elementi di segno positivo che giustifichino il riconoscimento delle attenuanti generiche spetta alla parte interessata, ovvero all’imputato.
Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi favorevoli e sfavorevoli?
No, non è necessario. La Corte ha chiarito che è sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o, in alternativa, la semplice constatazione dell’assenza o mancata deduzione di elementi positivi.
Qual è stata la conseguenza per il ricorrente la cui impugnazione è stata dichiarata inammissibile?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19061 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19061 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/07/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si contesta il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, oltre ad essere privo di concre specificità, è manifestamente infondato in quanto i giudici del merito hann correttamente esercitato la discrezionalità attribuita, ampiamente esplicitand ragioni del loro convincimento (Si veda, in particolare, pag. 6);
che, invero, l’applicazione delle circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen. richiede elementi di segno positivo che la parte interessata ha l’onere di ded specificamente;
che, inoltre, nel motivare il diniego della diminuente richiesta, non necessario che il giudice di merito prenda in considerazione tutti gli eleme favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è suffici congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovv all’assenza e/o mancata deduzione di elementi positivi;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024.