Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13758 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13758 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 04/02/1974
avverso la sentenza del 22/11/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza impugnata, ha confermato nel resto la decisione del Tribunale di Napoli del 2 ottobre 2023, che aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ascrittogli previsto dall’ art. 73, comma 1 e 4, d.P.R. n. 309/1990, relativo alla detenzione di grammi 38,07 di hashish a fini di spaccio e alla cessione dì gr.4,17 della stessa sostanza.
Avverso tale sentenza, ricorre, con proprio difensore, NOME COGNOME sulla base di un unico motivo, con il quali deduce erronea applicazione della legge penale in punto di: mancato inquadramento nella ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990; in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e per l’eccessivo aumento applicato per la continuazione
2.2. Il motivo relativo alla mancata concessione delle attenuanti generiche è inammissibile per genericità. Le attenuanti generiche non possono essere intese come oggetto di benevola e discrezionale “concessione” del giudice, ma come il riconoscimento di situazioni non contemplate specificamente, non comprese cioè
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tra le circostanze da valutare ai sensi dell’art. 133 cod. pen., che presentano tuttavia connotazioni tanto rilevanti e speciali da esigere una più incisiva, particolare, considerazione ai fini della quantificazione della pena” (cfr., Sez. 2, n. 14307 del 14.3.2017, COGNOME; Sez. 2, n. 30228 del 5.6.2014, COGNOME); il loro riconoscimento non costituisce, pertanto, un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richiede elementi di segno positivo (v. ex multis sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, n.m.); inoltre, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen., al giudice di merito non è richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/5/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737). Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modifiche nella legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell’imputato (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 1, Sentenza n, 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01). Correttamente, pertanto, i giudici di appello hanno ritenuto che, in assenza di precisa indicazione di elementi che potessero costituire oggetto di positiva valutazione (peraltro neppure dedotti in sede di ricorso), la richiesta fosse inammissibile. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Quanto all’aumento per la continuazione, la sentenza ha congruamente motivato, rilevando l’aumento irrisorio di mesi tre di reclusione ed euro 200 di multa, sulla pena minima base applicata (anni due di reclusione ed euro 5500 di multa), e a fronte di tale motivazione, il ricorrente propone una critica del tutto generica alludendo alla mera applicazione di formule aritmetiche.
3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del
procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
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Così è deciso, il 25 marzo 2025.
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