Attenuanti Generiche: la Cassazione Conferma che la Fedina Penale Pulita Non Basta
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nel diritto penale riguardo la concessione delle attenuanti generiche. Questo provvedimento chiarisce che l’assenza di precedenti penali, la cosiddetta ‘incensuratezza’, non costituisce di per sé un elemento sufficiente per ottenere una riduzione della pena. La decisione del giudice deve basarsi sulla presenza di elementi positivi concreti. Analizziamo insieme questa importante pronuncia.
I Fatti di Causa
Il caso nasce dal ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte di Appello per reati gravi, tra cui usura e partecipazione ad un’associazione per delinquere con un ruolo di vertice. La sentenza di secondo grado aveva confermato la sua responsabilità penale, basandosi su prove solide come le dichiarazioni della persona offesa, intercettazioni telefoniche, servizi di osservazione della polizia e il ritrovamento di cambiali durante una perquisizione.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione affidandosi a tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione sulla responsabilità per il delitto di usura.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione riguardo la sussistenza dell’elemento psicologico necessario per il reato associativo.
3. Vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.
I primi due motivi sono stati rapidamente liquidati dalla Suprema Corte come mere riproposizioni di censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza che il ricorrente muovesse critiche specifiche alla logica della sentenza impugnata.
La Concessione delle Attenuanti Generiche secondo la Cassazione
Il punto focale della decisione riguarda il terzo motivo di ricorso. La Corte di Cassazione lo ha ritenuto manifestamente infondato, confermando la correttezza della decisione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva negato le attenuanti per l’assenza di elementi positivi da valorizzare e per l’irrilevanza della semplice incensuratezza.
La Suprema Corte ha colto l’occasione per ribadire l’interpretazione dell’art. 62-bis del codice penale, soprattutto dopo la modifica legislativa del 2008. La norma stabilisce che la concessione delle attenuanti non è un diritto automatico derivante dalla sola assenza di elementi negativi (come i precedenti penali), ma richiede una valutazione positiva da parte del giudice. In altre parole, non basta ‘non aver fatto nulla di male in passato’; è necessario che emergano circostanze o comportamenti positivi che giustifichino una pena più mite.
Le Motivazioni della Sentenza
La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità con argomentazioni nette. Per quanto riguarda le accuse di usura e associazione, la sentenza d’appello era stata ben motivata, basandosi su un quadro probatorio solido e coerente. Il ricorso, non riuscendo a scalfire tale costrutto, si è rivelato inefficace.
Sul tema cruciale delle attenuanti generiche, i giudici hanno spiegato che il diniego è legittimo quando il giudice di merito si limita a constatare l’assenza di elementi positivi. L’applicazione della diminuente prevista dall’art. 62-bis c.p. è un giudizio di fatto, e la sola condizione di incensuratezza è, per espressa previsione normativa post-riforma 2008, irrilevante ai fini della concessione. Di conseguenza, la Corte d’Appello aveva correttamente esercitato il proprio potere discrezionale nel negare il beneficio, non ravvisando alcun elemento di segno positivo nella personalità dell’imputato.
Le Conclusioni
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale ormai stabile: le attenuanti generiche non sono una ‘medaglia’ per chi ha la fedina penale pulita, ma uno strumento che il giudice può utilizzare per adeguare la pena alla specifica situazione del reo, a condizione che vi siano elementi concreti e positivi che lo meritino. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che per sperare in una riduzione di pena non è sufficiente appellarsi all’assenza di precedenti, ma è necessario portare all’attenzione del giudice fatti e circostanze che dimostrino un percorso di revisione critica, una collaborazione processuale o altri aspetti positivi della propria personalità e condotta.
È sufficiente non avere precedenti penali per ottenere le attenuanti generiche?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che la sola condizione di incensuratezza (assenza di precedenti penali) è di per sé irrilevante e non sufficiente per la concessione delle attenuanti generiche, specialmente dopo la riforma legislativa del 2008.
Cosa deve valutare il giudice per concedere le attenuanti generiche?
Il giudice deve verificare la presenza di elementi o circostanze di segno positivo che connotano la personalità dell’imputato e che giustifichino una riduzione della pena. La semplice assenza di elementi negativi non è abbastanza.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone le stesse argomentazioni?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile se si limita a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza formulare una critica specifica e puntuale contro il ragionamento giuridico della sentenza impugnata. In pratica, non si può chiedere alla Cassazione di riesaminare semplicemente i fatti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24537 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24537 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il 03/03/1952
avverso la sentenza del 27/09/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti il ricorso di NOME COGNOME e la memoria difensiva depositata in data odierna alle ore 6.26 e, quindi, tardiva recante in intestazione la dicitura ” motivi integrativi di ricorso per cassazione”;
considerato che il primo ed il secondo motivo di ricorso -con i quali si deducono rispettivamente il vizio di motivazione in ordine al giudizio di responsabilità per il delitto di usura (capo H di imputazione), nonché la violazione di legge con riferimento all’art. 416 cod. pen. e il vizio di motivazione in punto di sussistenza dell’elemento psicologico relativamente alla partecipazione al reato associativo contestato al capo A) di imputazione – sono meramente riproduttivi di profili di censura già vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici e fattuali dalla Corte di merito e privi di specifica critica al costrutto sviluppato nella sentenza impugnata che:
(a) quanto all’addebito di usura, ha evidenziato come le dichiarazioni della persona offesa NOME COGNOME che aveva ricostruito i rapporti di debito-credito) erano corroborate dal contenuto inequivoco delle conversazioni intercettate in corso di indagine, dagli esiti dei servizi di osservazione eseguiti dalla polizia giudiziaria della perquisizione domiciliare a carico dell’odierno ricorrente ove era stata rinvenuta una delle cambiali sottoscritte dalla persona offesa (pagg. da 24 a 28); (b) quanto al reato associativo, ha evidenziato il consapevole apporto reso dall’odierno ricorrente all’interno del sodalizio criminoso con ruolo apicale (pagg. 33 e 34);
considerato che il terzo motivo di ricorso – con il quale si deduce il vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento di attenuanti generiche, è manifestamente infondato atteso che la Corte di appello ha fondato il diniego sulla assenza di elementi positivi valorizzabili in tal senso e l’irrilevanza della condizione di incensuratezza; tale costrutto argomentativo è esenta da censure atteso che l’applicazione della diminuente prevista dall’art. 62 bis cod. pen., oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un diritto conseguente alla assenza di elementi negativi connotanti la personalità dell’imputato, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola; soprattutto dopo la modifica dell’art. 62-bis cod. pen. operata con il d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modif. dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, è irrilevante, di per sé solo, lo stato di incensuratezza dell’imputato, è sufficiente che il giudice di merito si limiti a dar conto della assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 24128
del 18/03/2021, COGNOME Rv. 281590; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022,
COGNOME, Rv 283489; Sez. 3, n. 20664 del 16/12/2022, dep. 2023, Ventimiglia, non mass.).
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 3 giugno 2025.