Attenuanti Generiche: Le Scuse Non Bastano, Servono Fatti Concreti
L’ottenimento delle attenuanti generiche è spesso un punto cruciale nei processi penali, potendo influenzare significativamente l’entità della pena. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che la loro concessione non è automatica e non può basarsi su mere dichiarazioni di pentimento. La Suprema Corte ha chiarito che per meritare uno sconto di pena, l’imputato deve dimostrare con azioni concrete un sincero ravvedimento, soprattutto quando la gravità dei fatti e i suoi precedenti raccontano una storia diversa.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un giovane condannato in primo e secondo grado per una serie di reati, tra cui lesioni personali aggravate, tentate lesioni e minaccia aggravata. I giudici di merito, riconoscendo il cosiddetto ‘vincolo della continuazione’ tra i vari episodi, avevano inflitto una pena ritenuta congrua. L’imputato, non soddisfatto della decisione, ha presentato ricorso in Cassazione, affidandosi a un unico motivo: il presunto ‘vizio di motivazione’ della Corte d’Appello nel negargli la concessione delle attenuanti generiche.
La Difesa dell’Imputato
La difesa sosteneva che i giudici non avessero adeguatamente considerato alcuni elementi a favore del giovane, come le scuse presentate in aula durante le sue dichiarazioni spontanee e la sua giovane età. Secondo la tesi difensiva, questi fattori avrebbero dovuto indurre la Corte a concedere una riduzione della pena.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello non solo sufficiente, ma anche del tutto logica e corretta. Gli Ermellini hanno smontato punto per punto gli argomenti difensivi, delineando i criteri per una corretta valutazione delle attenuanti generiche.
In primo luogo, le scuse dell’imputato sono state definite ‘generiche’ e, soprattutto, non sono state seguite da alcun gesto concreto, come un’offerta di riparazione o di risarcimento del danno alle vittime. La Corte ha sottolineato che il pentimento, per avere un peso giuridico, deve tradursi in azioni tangibili che dimostrino una reale presa di coscienza.
In secondo luogo, la giovane età non è stata considerata un elemento sufficiente a mitigare il giudizio. I giudici hanno osservato che, nonostante l’età, l’imputato aveva agito con ‘modalità particolarmente aggressive’, reiterando la sua condotta criminosa in una ‘progressione significativa’. Questo comportamento, unito ai precedenti di polizia a suo carico e a una condotta negativa anche dopo la commissione dei reati, ha dipinto un quadro incompatibile con la concessione del beneficio.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: nel bilanciamento giudiziale per la concessione delle attenuanti generiche, il giudice deve guardare all’intera personalità dell’imputato e alla sua condotta complessiva, sia prima che dopo il reato. Le parole, da sole, hanno poco valore se non sono supportate da fatti. La giovane età non è uno scudo automatico contro le proprie responsabilità, specialmente quando la condotta è grave e reiterata. Per sperare in uno sconto di pena, è necessario dimostrare un cambiamento reale, che passa innanzitutto attraverso il tentativo di rimediare al danno causato.
Le sole scuse dell’imputato sono sufficienti per ottenere le attenuanti generiche?
No. Secondo questa ordinanza, le scuse formali, se non accompagnate da gesti concreti come un’offerta di riparazione del danno, non sono considerate sufficienti per la concessione delle attenuanti generiche, specialmente a fronte di fatti gravi.
La giovane età è sempre un fattore determinante per la concessione delle attenuanti?
No, non necessariamente. La Corte ha chiarito che la giovane età non giustifica la concessione delle attenuanti se non ha impedito all’imputato di agire con particolare aggressività e di perseverare nella condotta criminosa.
Quali altri elementi valuta il giudice per negare le attenuanti generiche?
Oltre all’assenza di risarcimento e alla gravità dei fatti, il giudice valuta negativamente elementi come i precedenti di polizia a carico dell’imputato e il suo comportamento complessivo successivo al reato, che possono indicare una mancanza di reale ravvedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 991 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 991 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI 062AS4X) nato il 22/04/2002
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
che con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza del Tribunale di Firenze del 2 maggio 2022 che aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per un reato di lesioni personali aggravate, un reato tentato di lesione personali aggravate ed un reato di minaccia aggravata e, ritenuto il vincolo della continuazione, l’aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia;
che il primo e unico motivo di ricorso dell’imputato, che denunzia il vizio di motivazione circa la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è consentito dalla legge in sede di legittimità in quanto inerente al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione, atteso che la Corte evidenzia come, nel caso di specie, a fronte dell’obiettiva gravità dei fatti, non vale invocare le generiche scuse rappresentate dall’imputato in sede di spontanee dichiarazioni, alle quali non ha fatto seguito nessuna offerta di riparazione, e tantomeno la giovane età, che non gli ha impedito di reagire con modalità particolarmente aggressive, reiterando l’azione criminosa secondo una progressione criminosa significativa, tenuto conto anche dei precedenti di polizia a carico dell’imputato a cui si aggiunge il comportamento negativo successivo al reato (si vedano pagine 2 e 3 del provvedimento impugnato);
che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento in favore della Cassa delle ammende di una somma che si reputa equo fissare in euro 3.000,00;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 13/12/2023.