Attenuanti Generiche: Quando il Giudice Può Negarle? Analisi di un Caso Pratico
L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli aspetti più discrezionali del processo penale, consentendo al giudice di adeguare la pena alla specifica situazione dell’imputato. Tuttavia, questa discrezionalità non è illimitata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i presupposti per il loro diniego, sottolineando come la semplice assenza di elementi positivi, unita a precedenti penali, possa giustificare una decisione negativa.
Il Caso: Dalla Condanna per Spaccio al Ricorso in Cassazione
Il caso in esame riguarda un individuo condannato in primo grado e in appello a due anni e otto mesi di reclusione per un reato legato agli stupefacenti. La Corte di Appello di Firenze aveva confermato la sentenza di primo grado, rigettando la richiesta della difesa di riconoscere le attenuanti generiche previste dall’articolo 62-bis del codice penale.
L’imputato ha quindi presentato ricorso alla Corte di Cassazione, basando la sua difesa su un unico motivo: un presunto vizio di motivazione da parte della Corte territoriale nel negare il beneficio richiesto. Secondo la difesa, i giudici non avrebbero valutato adeguatamente il suo comportamento collaborativo.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche e la Valutazione dei Giudici
La difesa sosteneva che l’imputato avesse collaborato indicando agli inquirenti le automobili dove era nascosta la droga. Tuttavia, sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno ritenuto tale collaborazione non significativa. La ragione era semplice e logica: le chiavi dei veicoli-nascondiglio erano state trovate nell’auto personale dell’imputato durante la perquisizione. Pertanto, le forze dell’ordine sarebbero comunque risalite allo stupefacente con facilità, rendendo l’indicazione dell’imputato di fatto superflua.
Oltre a questo, i giudici di merito hanno evidenziato due elementi negativi a carico dell’imputato: la sua personalità, ritenuta negativa, e un precedente penale specifico per un reato della stessa natura.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni della difesa una semplice riproposizione di doglianze già correttamente esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. La Suprema Corte ha confermato la piena logicità e correttezza della motivazione della Corte d’Appello, allineandosi alla consolidata giurisprudenza di legittimità sul tema delle attenuanti generiche.
L’Assenza di Elementi Positivi è Sufficiente per il Diniego
I giudici hanno ribadito un principio fondamentale, rafforzato dalla riforma legislativa del 2008: per la concessione delle attenuanti generiche, non è più sufficiente la sola assenza di elementi negativi (come lo stato di incensuratezza). È necessaria la presenza di elementi o circostanze di segno positivo che giustifichino una riduzione della pena. Nel caso specifico, non solo mancavano tali elementi positivi, ma era presente un elemento fortemente negativo come il precedente specifico.
L’Irrilevanza della Collaborazione Processuale
La Corte ha anche confermato la valutazione dei giudici di merito riguardo l’irrilevanza della collaborazione. Quando l’apporto dell’imputato non è determinante per le indagini, perché gli inquirenti avrebbero comunque raggiunto lo stesso risultato, tale comportamento non può essere considerato un elemento positivo sufficiente a motivare la concessione delle attenuanti.
Le Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza
Questa decisione della Cassazione offre un’importante lezione pratica. La concessione delle attenuanti generiche non è un diritto automatico, ma una valutazione che il giudice compie sulla base di elementi concreti. Un precedente penale, specialmente se specifico, costituisce un ostacolo significativo. Inoltre, una collaborazione con gli inquirenti, per essere valutata positivamente, deve essere genuina, spontanea e, soprattutto, utile alle indagini. In assenza di questi presupposti positivi, il giudice può legittimamente negare il beneficio, motivando la sua decisione sulla base degli elementi negativi emersi nel corso del processo.
Quando possono essere negate le attenuanti generiche?
Le attenuanti generiche possono essere negate quando mancano elementi o circostanze di segno positivo a favore dell’imputato. La loro negazione è a maggior ragione giustificata in presenza di elementi negativi, come un precedente penale specifico.
Un comportamento collaborativo garantisce la concessione delle attenuanti generiche?
No, non la garantisce automaticamente. La collaborazione deve essere significativa e realmente utile alle indagini. Se gli inquirenti sarebbero comunque giunti allo stesso risultato investigativo senza l’aiuto dell’imputato, la collaborazione può essere considerata irrilevante ai fini della concessione del beneficio.
Un precedente penale impedisce sempre di ottenere le attenuanti generiche?
Sebbene non sia un impedimento assoluto, un precedente penale, in particolare se specifico per lo stesso tipo di reato, è un elemento fortemente negativo che la corte valuta. Rende molto più difficile ottenere le attenuanti, poiché milita contro una valutazione positiva della personalità del reo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29068 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29068 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FARIS COGNOME nato il 22/03/1977
avverso la sentenza del 20/01/2025 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha confermato la sentenza emessa in data 4 giugno 2019 dal G.i.p. del Tribunale di Firenze che aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni due e mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con un unico motivo di ricorso, vizio di motivazione per il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis cod. pen.
Il motivo di ricorso riproduce doglianze già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito (pag. 4). La Corte territoriale, con giudizio logico ed esaustivo, sottolinea la negativa personalità dell’imputato, gravato da un precedente specifico, e la assenza di significatività del dedotto comportamento collaborativo ( l’imputato avrebbe indicato agli inquirenti le automobili ove era nascosta la droga). Al riguardo, i giudici di merito rilevano che la chiavi delle vetture usate come nascondiglio dello stupefacente erano state rinvenute all’interno dell’automobile del Faris al momento della perquisizione, e quindi erano già in possesso degli inquirenti, che vi sarebbero comunque agevolmente risaliti. La decisione della Corte di merito è in linea con i parametri elaborati sul punto dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell’art. 62-bis, disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo GLYPH stato GLYPH di GLYPH incensuratezza GLYPH dell’imputato (Sez. 4 ,n. 32872 del 08/06/2022,Rv.283489;Sez. 1, n. 39566 del 16/02/20 17,Rv. 270986;Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014,Rv. 260610, GLYPH cfr. GLYPH anche Sez. 3, n. 1913 del 20/12/2018, Rv. 275509). Nel caso in esame, la Corte territoriale ha correttamente applicato detti principi, osservando che nel caso di specie non erano ravvisabili elementi positivi, anzi, ha sottolineato il precedente specifico del reo.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento
di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma in data 8 luglio 2025.