Attenuanti Generiche Negate: la Quantità di Droga Pesa sulla Bilancia della Giustizia
La concessione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli strumenti più discrezionali a disposizione del giudice per adeguare la pena alla specifica situazione del reo. Tuttavia, questa discrezionalità non è illimitata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: di fronte a un reato di notevole gravità, come il trasporto di un ingente quantitativo di stupefacenti, l’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato rende legittimo il diniego di tale beneficio. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Dal Primo Grado all’Appello
Il caso ha origine da una condanna emessa dal GIP del Tribunale di Bolzano, a seguito di un rito abbreviato. L’imputata era stata ritenuta colpevole del reato di traffico di stupefacenti, aggravato dall’ingente quantità, e condannata alla pena di otto anni di reclusione e 30.000 euro di multa.
Successivamente, la Corte d’Appello di Trento, in parziale riforma della prima sentenza, ha rideterminato la pena, riducendola a sette anni e sei mesi di reclusione, confermando però l’importo della multa. Nonostante questa parziale vittoria, la difesa ha deciso di proseguire l’iter giudiziario, proponendo ricorso per cassazione.
Il Ricorso in Cassazione e la Richiesta di Attenuanti Generiche
Il ricorso presentato alla Suprema Corte si basava su un unico motivo: la presunta carenza di motivazione da parte della Corte d’Appello riguardo a tre specifici punti:
1. La richiesta di concessione delle attenuanti generiche.
2. La valutazione dell’intensità del dolo.
3. Il trattamento sanzionatorio complessivo.
La difesa sosteneva, in sostanza, che i giudici di secondo grado non avessero adeguatamente spiegato le ragioni per cui non avevano concesso all’imputata un ulteriore sconto di pena attraverso le attenuanti.
Le Motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha respinto con fermezza le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno chiarito che la sentenza d’appello aveva, in realtà, motivato in modo congruo e diffuso il diniego delle attenuanti generiche. La decisione si fondava su due pilastri solidi:
* Il rilevante dato ponderale: La Corte ha condiviso il giudizio dei gradi di merito, che avevano dato un peso decisivo alla notevole quantità di sostanza stupefacente trasportata. Questo elemento è stato considerato un indicatore oggettivo della gravità della condotta e della pericolosità sociale dell’autore del reato.
* L’assenza di elementi positivi: I giudici non hanno riscontrato alcun elemento a favore dell’imputata (come la confessione, la collaborazione, un comportamento processuale impeccabile o una positiva storia personale) che potesse bilanciare la gravità del fatto e giustificare la concessione del beneficio.
Inoltre, la Cassazione ha sottolineato che la Corte d’Appello aveva già operato una riduzione della pena, accogliendo parzialmente le doglianze dell’imputata, ma aveva correttamente confermato uno scostamento dal minimo edittale proprio in virtù della gravità del reato, evidenziata dal ‘rilevante dato ponderale’.
Conclusioni
La decisione finale è stata la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Questa pronuncia comporta non solo la conferma definitiva della condanna a sette anni e sei mesi, ma anche la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Quest’ultima sanzione è stata giustificata dal ‘palese carattere dilatorio’ del ricorso, ovvero dal fatto che è stato ritenuto un tentativo di ritardare l’esecuzione della pena senza reali basi giuridiche. La sentenza ribadisce che la discrezionalità del giudice nella concessione delle attenuanti generiche deve essere ancorata a elementi concreti e non può prescindere da una valutazione complessiva della gravità del fatto.
Perché la Corte di Cassazione ha negato le circostanze attenuanti generiche in questo caso?
La Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse correttamente motivata. Il diniego si basava su due elementi principali: il ‘dato ponderale’ molto rilevante, ovvero la grande quantità di sostanza stupefacente trasportata, e l’assenza totale di elementi positivi a favore dell’imputata che potessero giustificare la concessione del beneficio.
Qual è la conseguenza di un ricorso giudicato ‘manifestamente infondato’?
Un ricorso ‘manifestamente infondato’ viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta che la sentenza impugnata diventa definitiva e irrevocabile. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende per aver presentato un ricorso con carattere dilatorio.
La Corte d’Appello aveva modificato la pena del primo grado?
Sì, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza di primo grado, accogliendo uno dei motivi di appello. Aveva rideterminato la pena detentiva, riducendola da otto anni a sette anni e sei mesi di reclusione, pur confermando la multa di 30.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6932 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6932 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/11/2022 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di BOLZANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con sentenza in data 10 novembre 2022 la Corte d’appello di Trento, in parziale riforma della sentenza del Gip del Tribunale di Bolzano che, all’esito di rito abbreviato, aveva ritenuto NOME Hodollari ma colpevole del reato di cui agli artt. 73 e 80, comma 2, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309 (fatto accertato in Vipiteno il 25.9.2021) condannandola alla pena di anni otto di reclusione ed euro 30.000 di multa, ha rideterminato la pena in anni sette e mesi sei di reclusione ed Euro 30.000 di multa.
Avverso detta sentenza l’imputata, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo con cui deduce la carenza di motivazione per mancato esame di uno specifico motivo di appello relativo alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche nonché all’intensità del dolo ed al trattamento sanzionatorio.
Il ricorso é manifestamente infondato.
Ed invero la sentenza impugnata ha congruamente e diffusamente motivato il diniego delle circostanze attenuanti generiche condividendo il giudizio espresso dal giudice di primo grado che aveva valorizzato in senso negativo il dato ponderale della sostanza trasportata nonché l’assenza di elementi positivi atti a fondare la concessione del beneficio richiesto.
Quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza impugnata, in accoglimento del terzo motivo di appello, ha già rideterminato la pena inflitta dal giudice di primo grado confermando peraltro lo scostamento dal minimo edittale in considerazione del rilevante dato ponderale.
Evidenziato che all’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, avuto riguardo al palese carattere dilatorio del ricorso, appare equo stabilire nella misura indicata in dispositivo;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14.12.2023