Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3059 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3059 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a Bagnara Calabra il 10/9/1957
avverso la sentenza dell’11/1/2024 della Corte di appello di Reggio Calabria;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso; udito l’Avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’Il gennaio 2024 la Corte di appello di Reggio Calabria, decidendo a seguito di annullamento con rinvio disposto dalla Seconda Sezione penale di questa Corte il 4 giugno 2021, ha rideterminato la pena inflitta a COGNOME
NOME in misura pari ad anni cinque, mesi nove e giorni dieci di reclusione in relazione al reato di cui agli artt. 110, 416-bis cod. pen.
Avverso la sentenza della Corte di appello hanno proposto due ricorsi per cassazione i difensori dell’imputato.
L’Avv. NOME COGNOME ha dedotto violazione di legge e vizi di motivazione. La sentenza della Seconda Sezione penale di questa Corte, nell’annullare la sentenza della Corte di appello di Reggio Calabria, rimettendo al giudice di rinvio la rivalutazione della decisione in punto di quantificazione della pena, avrebbe all’evidenza ritenuto la motivazione in ordine al diniego delle attenuanti generiche inadeguata, a fronte della riqualificazione della condotta dell’imputato in termini di concorso esterno in luogo della partecipazione al sodalizio. La Corte di appello con la sentenza impugnata ha invece reiterato la medesima motivazione della sentenza annullata e un simile argomentare sarebbe viziato. La motivazione sarebbe palesemente illogica anche perché avrebbe fatto riferimento ad un’intima condivisione delle logiche sottese all’azione criminale della cosca ma, se vi fosse stata tale condivisione, il ricorrente non avrebbe avuto motivo di assumere un atteggiamento conflittuale con i componenti della cosca Alampi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi, incentrati su deduzioni sovrapponibili, devono essere rigettati.
Giova ricordare che la Seconda Sezione di questa Corte, nell’annullare la sentenza di appello impugnata, dopo avere ritenuto che il ricorrente fosse un concorrente esterno dell’associazione mafiosa e non un partecipe, ha testualmente affermato che «nonostante la pena edittale per le due diverse fattispecie di reato sia la medesima, ritiene il Collegio che la riqualificazione giuridica del fatto contestato ad COGNOME e COGNOME comporti l’annullamento della sentenza impugnata per entrambi con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria in relazione al trattamento sanzionatorio (diniego delle attenuanti generiche e determinazione della pena). Essere partecipi di un’associazione mafiosa e fornire alla stessa un contributo dall’esterno sono condotte che potrebbero essere valutate in modo diverso. Nel caso concreto risulta pertinente, dunque, il principio affermato da questa Corte in varie pronunce, secondo il quale la riqualificazione giuridica del fatto di reato, che attiene ai soli profili della struttura giuridica del fattispecie e non dipende da un differente apprezzamento dei suoi connotati fattuali, attribuisce al giudice il potere di operare una diversa considerazione complessiva del caso concreto e degli elementi circostanziali (Sez. 2, n. 25739 del 9/5/2017, COGNOME, Rv. 270667)».
Investita del rinvio, la Corte di appello ha condiviso gli argomenti della sentenza annullata dalla Seconda Sezione Penale di questa Corte e ha affermato che, «pur ritenuto concorrente esterno, NOME COGNOME aveva certamente condiviso le logiche della consorteria, tanto che aveva messo la propria
professionalità al servizio di un elemento di vertice della stessa quale suo uomo di fiducia, con piena consapevolezza di operare nell’illecito a vantaggio di soggetti pienamente inseriti in un’associazione mafiosa. La dialettica con gli COGNOME, emergente dagli atti e rivendicata anche nelle dichiarazioni spontanee rese in udienza, non si ricollegava a una presa di distanza dalla cosca ma a una diversa prospettiva strategica della gestione dell’impresa. Se COGNOME intendeva massimizzare la produttività dell’impresa anche a vantaggio degli COGNOME, questi ultimi rivendicavano un immediato tornaconto a vantaggio esclusivamente personale e contro gli interessi dell’impresa. Tutto ciò dimostrava lo zelo che COGNOME aveva messo nello svolgere il compito affidatogli da NOME COGNOME, e non che egli si fosse ribellato alle direttive mafiose, facendo scelte in contrasto con gli interessi della cosca». Che ciò non fosse avvenuto assumendo un ruolo nell’associazione era – secondo la Corte del merito – irrilevante ai fini di cui all’art. 62 -bis cod. pen., posto che l’imputato si era comunque mosso con finalità di interesse personale che si intrecciavano pienamente con quelle di COGNOME. Il dato afferente all’intrinseca gravità della condotta, già messo in evidenza nella sentenza impugnata per negare le attenuanti generiche, rimaneva, pertanto, confermato.
Siffatta motivazione resiste ai rilievi censori del ricorrente.
Premesso, infatti, che la Seconda Sezione di questa Corte non ha annullato a causa di un vizio di motivazione della sentenza impugnata ma solo perché, modificata la qualificazione giuridica del fatto, si imponeva una nuova valutazione sulla concedibilità delle circostanze attenuanti generiche e sul trattamento sanzionatorio, è evidente che, nella fase di rinvio, il Collegio territoriale era vincolato a motivare nuovamente ma non aveva l’obbligo di adottare una motivazione diversa da quella della pronuncia annullata.
In ottemperanza al dictum della sentenza rescindente, quindi, la Corte di appello ha rivalutato la condotta dell’imputato alla luce della nuova qualificazione giuridica del fatto ed è pervenuta alla conclusione che, pur se diversamente qualificato, il fatto – come già ritenuto nella sentenza annullata – era comunque grave, in ragione anche dell’agire dell’imputato in favore della cosca e della condivisione delle logiche di essa. Elemento, questo, che ostava alla concessione delle attenuanti generiche.
In tal modo la Corte territoriale ha giustificato la soluzione di confermare la decisione appellata in punto di negata concessione delle attenuanti generiche con considerazioni che non sono eccentriche al dato probatorio acquisito né risultano manifestamente incongrue sul piano logico, così che la relativa valutazione di merito non è censurabile in questa sede.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30 ottobre 2024.