Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4930 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 4930 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/07/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che, riportandosi alla memoria scritta, ha concluso chiedendo la conferma della sentenza impugnata e il rigetto nel resto. udito il Difensore avvocato COGNOME NOME, del foro di TARANTO, in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME, in difesa di COGNOME NOME che ha illustrato i motivi di ricorso e ne ha chiesto l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 16 settembre 2022, il G.U.P. del Tribunale di Taranto, all’esito di giudizio abbreviato, dichiarava l’odierno ricorrente NOME COGNOME responsabile dei delitti sub a) e b) di cui agli artt. 589bis e 590 bis cod. pen., aggravati rispettivamente ai sensi degli artt. 589 bis, commi 4 (in essa assorbita la violazione dell’art. 186, commi 2, lett. b, e 2 bis, cod. strada, di cui al capo c della rubrica), 5, n. 1, e 7, e 589 ter, e 590 bis, commi 4 (in essa assorbita la violazione dell’art. 186, commi 2, lett. b, e 2 bis, cod. strada, di cui al capo c della rubrica) 5, n. 1, e 7, e 590 ter, cod. pen., nonché all’art. 189, comma 7, cod. strada (sub d), e, in concorso delle circostanze di cui agli artt. 589 bis, comma 7, 590 bis, comma 7, e 62, n. 6, c.p., applicata la fattispecie di cui all’art. 589 bis, co. 8, cod pen. fatti commessi in Lizzano il 16/1/2021 e operata la continuazione per la fattispecie prevista dal cod. strada, con la diminuente per il rito, lo condannava alla pena di anni tre di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Con revoca della patente di guida e trasmissione degli atti al AVV_NOTAIO per le determinazioni di competenza.
Con sentenza del 12 luglio 2023 la Corte di Appello di Lecce sezione distaccata di Taranto, pronunciando sul gravame nel merito proposto dal COGNOME, in parziale riforma della sentenza di primo grado, unificati i reati di cui ai capi a) e b) nell’unica ipotesi delittuosa di cui all’art. 589 bis, ultimo comma, cod. pen., esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 589 ter c.p. ed eliminato il relativo aumento, al pari di quello disposto per il delitto di cui all’art. 189 co. 1 e 7 cod. strada sub d della rubrica dal quale l’imputato è stato assolto per insussistenza del fatto, ha rideterminato la pena inflitta, con la diminuente per il rito, in anni due e mesi quattro di reclusione. Ed ha confermato nel resto la sentenza di primo grado.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, il COGNOME, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, co. 1, disp. att., cod. proc. pen.
Con un primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 62bis cod. pen. nonché manifesta illogicità della motivazione in punto di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Il difensore ricorrente richiama la giurisprudenza di legittimità in materia (Sez. 2 n. 5247/2020, Sez. 5 n. 3360/2009) e la pronuncia della Corte costituzionale n. 183/2011 e ricorda di avere posto all’attenzione della Corte territoriale non solo la circostanza che il proprio assistito è incensurato, ma il positivo comportamento ai fini dell’accertamento dei fatti per cui è processo
Viene evidenziato che la Corte territoriale, in accoglimento delle doglianze mosse e contrariamente a quanto rilevato dal primo giudice di merito, riteneva
che «la versione fornita dall’imputato, in ragione delle conferme ottenute dalle ulteriori risultanze istruttorie (quanto ai tempi, allo stato dei luoghi e alle azio poste in essere), sia tale – in assenza di elementi investigativi di segno contrario atti a sconfessare la portata – da prospettare una ricostruzione alternativa plausibile, così facendo insorgere (quanto meno) il dubbio sulla fondatezza della conclusione accusatoria in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 589 ter C.d.S. e del delitto di cui all’art. 189, comma 7, C.d.S.» e che «…l condotta tenuta da COGNOME NOME (al momento del fatto molto giovane e in stato di ebbrezza) non possa essere con certezza assoluta assimilata a quella del conducente di un veicolo che, causato un incidente stradale, si dia alla fuga (per sottrarsi ai controlli) e si sottragga all’obbligo di soccorrere i feriti (non prestan assistenza)».
Ciononostante, secondo il ricorrente apoditticamente e contraddittoriamente, il giudice di appello reputava inidoneo quanto precede a rendere meritevole il prevenuto del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, giudicando le medesime considerazioni difensive, per altro verso accolte, tali da non «poter condurre al superamento della conclusione già rassegnata dal giudice di prime cure». E ciò «attesa la gravità delle violazioni poste in essere con /a sua condotta di guida e l’offensività dell’azione, seppur colposa, realizzata, da valutarsi in re/azione al danno provocato anche alla vittima superstite». (v. pp 9 e 10 sent. imp.)
Per il ricorrente sarebbe evidente la contraddittorietà e la manifesta illogicità in cui è incorsa la Corte di merito. Ciò perché -secondo la tesi proposta in ricorsose il primo giudice negava la concessione delle generiche ritenendo il COGNOME non pienamente resipiscente «tenuto conto delle giustificazioni da lui addotte in ordine al suo allontanamento dal locus connmissi delicti, manifestamente implausibili», la Corte d’Appello al contrario valutava la versione dei fatti fornita dall’imputato verosimile (tanto da comportare una rideterminazione migliorativa del trattamento sanzionatorio precedentemente inflitto) salvo poi, però, pervenire irragionevolmente sul punto alla medesima conclusione del Gup, superamento le censure mosse dalla difesa e valorizzando esclusivamente la condotta antecedente al sinistro, nonché il danno cagionato e non anche il comportamento susseguente al reato, assolutamente tenuto in non cale (ancorché positivamente valorizzato persino dagli stessi Carabinieri intervenuti nell’immediatezza del sinistro.
Con un secondo motivo lamenta erronea applicazione degli artt. 218 e 222 cod. strada nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla disattesa richiesta della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida in luogo della revoca.
Ci si duole anche qui che la Corte territoriale, così come per le negate circostanze attenuanti generiche, nonostante abbia operato una più corretta ricostruzione della vicenda aderente alla versione dei fatti sostenuta dall’imputato, abbia poi ritenuto non accoglibile il motivo volto ad ottenere la sostituzione della sanzione amministrativa della revoca della patente con la sua mera sospensione.
Viene evidenziato che il COGNOME sin dal 28 novembre 2020 esercita la professione di autista sicché laddove fosse confermata la revoca della patente ci sarebbe un pregiudizio per la sua attività lavorativa, circostanza documentata alla Corte d’appello.
Si lamenta che con tale circostanza il giudice di appello non ci sia confrontato, limitandosi ad affermare che la circostanza non può assumere rilievo dirimente rispetto agli effetti devastanti prodotti dalle infrazioni poste in essere, apparendo di contro un motivo per reputare la sua sconsiderata condotta di guida ancor più grave. Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
Le parti hanno concluso in pubblica udienza come riportato in epigrafe
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i proposti motivi, peraltro ripropositivi acriticamente di analoghe doglianze proposte al giudice di appello, sono manifestamente infondati e pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile
Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche non appare sussistente la contraddizione lamentata dal ricorrente
Ed invero, sebbene quanto alla ricostruzione del fatto la Corte tarantina, come si legge alle pagine 6 e 7 della motivazione del provvedimento impugnato, abbia ritenuto di avallare le ricostruzioni difensive in ordine alle circostanze successive al fatto, per cui è giunta ad escludere la sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo 589 ter e l’autonoma figura criminosa di cui all’articolo 189 comma 7 del codice della strada, legittimamente, sul diverso piano della riconoscibilità all’imputato delle circostanze attenuanti generiche, ha ritenuto di dover privilegiare, ai fini del diniego, le violazioni poste in essere con la condotta di guida e l’offensività dell’azione, seppur colposa, realizzata, da valutarsi relazione al danno provocato anche alla vittima superstite (pagg. 9 e 10 sentenza impugnata)
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti,
rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale). Va ricordato che questa Corte di legittimità ha anche chiarito che, con un indirizzo assolutamente prevalente, che è legittima in tali casi la doppia valutazione dello stesso elemento (ad esempio la gravità della condotta) purché operata a fini diversi, come possono essere il riconoscimento del fatto di lieve entità, la determinazione della pena base, o la concessione ed il diniego delle circostanze attenuanti generiche (cfr. ex multis Sez. 2, n. 24995 del 14/5/2015, Rv. 264378; Sez. 2, n. 933 dell’11/10/2013 dep. il 2014, Rv. 258011; Sez. 4, n. 35930 del 27/6/2002, Rv. 222351
3. In ordine alla conferma da parte dei giudici del gravame del merito della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente già disposta dal giudice di primo grado è lo stesso ricorrente che, a pagina 9 del ricorso, dopo avere censurato il provvedimento impugnato perché a suo dire non si sarebbe confrontato con la circostanza che il COGNOME svolgesse all’epoca la professione di autista, riconosce che il confronto c’è stato e che i giudici del gravame del merito hanno riconosciuto che il fatto di trovarsi di fronte ad un conducente professionale connotasse ancora di maggior gravità la sua sconsiderata condotta di guida parentesi così a pagina 10 della sentenza impugnata.
Va peraltro evidenziato che la sentenza della Corte costituzionale 88/2019 non riguarda casi come quello all’odierno esame, ovvero la fattispecie aggravata dalla guida in stato di ebbrezza, per la quale la revoca della patente in casi come quello che ci occupa consegue sempre, senza alcun onere motivazionale per il giudice. Ed invero, la Corte Costituzionale, con sentenza del 17 aprile 2019, n. 88 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 222, comma 2, quarto periodo del codice della strada «nella parte in cui non prevede che, in caso di condanna, ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’art. 444 del codice di procedura penale, per i reati di cui agli artt. 589 bis (omicidio stradale) e 590 bis (lesioni personali stradali gravi o gravissime) del codice penale, il giudice possa disporre, in alternativa alla revoca della patente di guida, la sospensione della stessa ai sensi del secondo e terzo periodo dello stesso comma 2 dell’art. 222 cod. strada allorché non ricorra alcuna delle circostanze aggravanti previste dai rispettivi commi secondo e terzo degli artt. 589 bis e 590 bis cod. pen».
Peraltro, come si diceva, pur non essendovi tenuta, la Corte territoriale, con motivazione logica e congrua, oltre che corretta in punto di diritto, e che pertanto si sottrae alle proposte censure di legittimità, ha evidenziato che: «pur a fronte
delle considerazioni innanzi esposte in merito alla condotta tenuta dal COGNOME subito dopo il fatto, non colgono nel segno gli argomenti della difesa. Ferma restando l’assenza di ogni automatismo in ordine all’applicazione della revoca della patente di guida in assenza di circostanze aggravanti che nella specie non ricorrono, il fatto che il COGNOME svolgesse all’epoca la professione di autista non può assumere alcun rilievo dirimente rispetto agli effetti devastanti prodotti dalle infrazioni poste essere, apparendo di contro un motivo per reputare la sua sconsiderata condotta di guida ancor più grave».
Dunque, diversamente da quanto ritiene il ricorrente, secondo il logico argomentare dei giudici di appello, la circostanza di essere un autista professionale rende il suo comportamento ancora più grave.
Logica e coerente con tali premesse, e pienamente motivata, appare pertanto la conclusione di ritenere applicabile al caso in esame la più grave sanzione della revoca della patente di guida valorizzando negativamente le circostanze che l’odierno ricorrente «aveva guidato in stato di ebbrezza, superando di quasi il doppio il limite di velocità imposto nel centro abitato, vieppiù percorrendo strade di ridotte dimensioni, senza indossare la cintura e senza rispettare la segnaletica (ivi compresa quella relativa all’obbligo di dare la precedenza impostogli al crocevia precedente a quello in cui si era verificato l’impatto), tanto da avere attinto la vettura antagonista con una violenza tale da determinarne lo scarrocciamento per oltre 50 metri e da aver sospinto la sua vettura all’interno del giardino di una casa prospiciente la strada il cui muro di cinta aveva demolito con la parte anteriore del mezzo, fermatosi dopo aver urtato anche la parete esterna di quella abitazione».
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
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Il Presidente