Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35685 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35685 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a POGGIOREALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 13/07/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
10462 2024 GLYPH R.G.
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale con un primo motivo, in relazione alla ritenuta responsabilità ritenendo che la contravvenzione di cui all’art. 116 cod. strada assuma le caratteristiche di un reato d’autore, in violazione del principio di offensività, e con un secondo motivo in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto essertivi.
2.1. Quanto al primo motivo lo stesso non è sorretto da concreta specificità e pertinenza censoria, perché non si coniuga alla enunciazione di specifiche richieste con connessa indicazione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che le sorreggono, non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivaz dell’atto impugnato.
Lo stesso, inoltre, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, che a pag. 3 ha dato motivatamente conto dei motivi che l’hanno indotto a confermare l’affermazione di responsabilità dell’imputato, recidivo nel biennio e nuovamente sorpreso a guidare senza patente.
2.2. Quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche i giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto del loro diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche valutando, negativamente per l’odierno ricorrente, a fronte dei precedenti penali da cui è gravato, la mancanza di elementi positivi valutabili ai fini del riconoscimento delle stesse.
Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell’alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimen dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevant rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, 23055 del 23/4/2013, Banic e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo
riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
In caso di diniego, soprattutto dopo la specifica modifica dell’articolo 62bis c.p. operata con il d.l. 23.5.2008 n. 2002 convertito con modif. dalla I. 24.7.2008 n. 125 che ha sancito essere l’incensuratezza dell’imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione va ribadito che è assolutamente sufficiente, come avvenuto nel caso che ci occupa, che il giudice si limiti a dare conto in motivazione di avere ritenuto l’assenza di elementi o circostanze positive a tale fine (cfr. ex multis Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489 – 01; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME ed altri, Rv. 260610 – 01; conf. Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 – 01;)
In tema di attenuanti generiche, infatti, posto che la ragion d’essere della relativa previsione normativa è quella di consentire al giudice un adeguamento, in senso più favorevole all’imputato, della sanzione prevista dalla legge, in considerazione di peculiari e non codificabili connotazioni tanto del fatto quanto del soggetto che di esso si è reso responsabile, la meritevolezza di detto adeguamento non può mai essere data per scontata o per presunta, sì da dar luogo all’obbligo, per il giudice, ove questi ritenga invece di escluderla, di giustificarne sotto ogni possibile profilo, l’affermata insussistenza. Al contrario, secondo una giurisprudenza univoca di questa Corte Suprema, è la suindicata meritevolezza che necessita essa stessa, quando se ne affermi l’esistenza, di apposita motivazione dalla quale emergano, in positivo, gli elementi che sono stati ritenuti atti a giustificare la mitigazione del trattamento sanzionatorio; trattamento la cui esclusione risulta, per converso, adeguatamente motivata alla sola condizione che il giudice, a fronte di specifica richiesta dell’ imputato volta all’ottenimento delle attenuanti in que stione, indichi delle plausibili ragioni a sostegno del rigetto di detta richiesta, senz che ciò comporti tuttavia la stretta necessità della contestazione o della invalidazione degli elementi sui quali la richiesta stessa si fonda (così, ex plurimis, Sez. 1, n. 29679 del 13/6/2011, COGNOME ed altri, Rv. 219891; Sez. 1, n. 11361 del 19/10/1992, COGNOME, Rv. 192381; Sez. 1 n. 12496 del 21/9/1999, COGNOME ed altri, Rv. 214570; Sez. 6, n. 13048 del 20/6/2000, COGNOME ed altri, Rv. 217882). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
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Né può porsi in questa sede – indipendentemente dall’applicabilità o meno allo stesso della previsione di cui alla c.d. riforma Orlando che, per tutti i rea commessi dopo la sua entrata in vigore (3 agosto 2017) e fino al 31 dicembre 2019, data successivamente alla quale l’intera disciplina è stata innovata dalla I. legge 27 settembre 2021, n. 134 ha introdotto un termine di sospensione di diciotto mesi decorrente dalla data del deposito della motivazione della sentenza di primo grado) – la questione di un’eventuale declaratoria della prescrizione maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della manifesta infondatezza del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte ribadito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen (così Sez. Un. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, Rv. 217266 relativamente ad un caso in cui la prescrizione del reato era maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. Un., n. 23428 del 2/3/2005, COGNOME, Rv. 231164, e Sez. Un. n. 19601 del 28/2/2008, COGNOME, Rv. 239400; in ultimo Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, COGNOME, rv. 256463).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2024