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Attenuanti generiche: no se il ricorso è generico

Un imputato, condannato per furto pluriaggravato, ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, poiché le argomentazioni erano una semplice ripetizione di quelle già respinte in appello. La decisione sottolinea che, per negare le attenuanti, il giudice non è tenuto a esaminare ogni singolo elemento, ma può basare la sua motivazione su quelli ritenuti decisivi.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: Quando la Cassazione Conferma il Diniego

Il tema delle attenuanti generiche è centrale nel diritto penale, rappresentando uno strumento di flessibilità per il giudice nella commisurazione della pena. Tuttavia, la loro concessione non è automatica e il diniego deve essere motivato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti del ricorso contro tale diniego, sottolineando l’importanza della specificità delle argomentazioni difensive.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per il reato di furto pluriaggravato. La Corte di Appello, pur rideterminando la pena, aveva confermato la condanna, negando all’imputato la concessione delle circostanze attenuanti generiche previste dall’art. 62-bis del codice penale. L’imputato ha quindi deciso di presentare ricorso per Cassazione, contestando proprio questa mancata applicazione.

Il Ricorso e la questione delle attenuanti generiche

L’unico motivo di ricorso si fondava sulla richiesta di applicazione delle attenuanti generiche. Tuttavia, la Suprema Corte ha immediatamente rilevato una criticità fondamentale: le argomentazioni presentate non erano nuove, ma costituivano una ‘pedissequa reiterazione’ di quelle già esaminate e respinte dalla Corte di Appello.

Secondo gli Ermellini, un ricorso in sede di legittimità non può limitarsi a riproporre le stesse doglianze, ma deve contenere una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata, evidenziandone eventuali vizi logici o giuridici. Un ricorso che manca di questa specificità viene considerato ‘apparente’ e, di conseguenza, inammissibile.

La Motivazione del Giudice di Merito

La Corte di Cassazione non solo ha dichiarato il ricorso inammissibile per ragioni procedurali, ma lo ha anche ritenuto manifestamente infondato nel merito. Ha infatti evidenziato come la Corte di Appello avesse fornito una motivazione del tutto logica e priva di vizi nel negare le attenuanti.

Il principio cardine ribadito è che il giudice di merito, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, non è obbligato a prendere in considerazione ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole all’imputato. È sufficiente che la sua decisione si basi su elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti. Una volta fornita una valutazione logica su questi punti, tutti gli altri elementi non menzionati si considerano implicitamente superati o disattesi.

Nel caso specifico, il giudice di merito aveva puntualmente motivato la sua decisione, valutando sia la confessione resa dall’imputato (ridimensionandone la portata ai fini dell’applicazione dell’art. 62-bis c.p.) sia altri elementi di natura personale e fattuale che sconsigliavano un trattamento di favore. Tale ragionamento è stato giudicato ‘incensurabile’ dalla Suprema Corte.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri. Il primo è di natura procedurale: il ricorso è inammissibile perché non è consentito dalla legge presentare in sede di legittimità doglianze che sono una mera ripetizione di quelle già respinte, senza una critica puntuale alla sentenza di secondo grado. Il secondo pilastro è sostanziale: il motivo di ricorso è manifestamente infondato perché la motivazione della Corte d’Appello sul diniego delle attenuanti era esente da illogicità. Il giudice di merito ha correttamente esercitato il suo potere discrezionale, basando la sua decisione su elementi ritenuti decisivi, come la valutazione complessiva della confessione e di altri fattori personali, ritenendo che questi non giustificassero una riduzione della pena.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, un ricorso per Cassazione deve essere costruito come una critica mirata e argomentata della decisione impugnata, non come una semplice riproposizione delle tesi difensive già esposte. In secondo luogo, conferma l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle attenuanti generiche: se la motivazione del diniego è logica, coerente e basata su elementi concreti, essa è difficilmente sindacabile in sede di legittimità. La sola presenza di elementi potenzialmente favorevoli, come una confessione, non garantisce di per sé l’ottenimento del beneficio se il quadro complessivo, a giudizio del giudice, non lo giustifica.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché le argomentazioni presentate erano una semplice e pedissequa ripetizione di quelle già dedotte e respinte dalla Corte d’Appello, mancando di una critica specifica e argomentata contro la sentenza impugnata.

È necessario che il giudice analizzi tutti gli elementi a favore dell’imputato per negare le attenuanti generiche?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi, poiché tutti gli altri si considerano implicitamente superati da tale valutazione.

La confessione dell’imputato obbliga il giudice a concedere le attenuanti generiche?
No. La confessione è un elemento che il giudice deve valutare, ma non comporta un’automatica concessione delle attenuanti. Nel caso di specie, il giudice di merito ha valutato la confessione insieme ad altri elementi personali e fattuali, concludendo che, nel complesso, non erano sufficienti per giustificare un trattamento di favore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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