Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6474 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6474 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a GALATINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/06/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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Con sentenza del 30 giugno 2023 la Corte di Appello di Lecce, in riforma della sentenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce del 19 gennaio 2023, resa in esito a giudizio abbreviato, ha ridotto la pena inflitta a NOME, nella misura di anni sei mesi quattro di reclusione ed euro trentamila di multa, in relazione ai i reati di cui agli artt. 73 comma 1 d.P.R. ottobre 1990, n. 309 (capo a); 81 comma 2 cod. pen., 23 comma 1 numero 1 e comma 3 della legge 18 aprile 1975, n. 110, 648 e 697 cod. pen. (capo b).
È stato proposto ricorso per cassazione, tramite il quale l’imputato ha richiesto l’annullamento della decisione con riguardo al trattamento sanzionatorio, in ragione altresì dell’erroneo e non motivato mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod. pen..
3. Il ricorso è inammissibile.
In relazione al motivo di censura, è orientamento consolidato che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cu motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 13 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269). Invero, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549).
Al riguardo, la Corte territoriale ha per un verso osservato quanto i fatti appaiano gravi i in considerazione dell’ingente quantitativo di sostanza stupefacente di tipo cocaina unitamente alla detenzione di armi illecite e modificate, ed in ragione altresì dell’inserimento del ricorrente – di cui era in t modo negativamente valutata la personalità – in un ambito di crimine organizzato.
A ciò si aggiunga che il Giudice dell’appello ha comunque rideterminato la pena in senso favorevole al prevenuto, muovendo dalla pena base per il reato di cui all’art. 73 cit. di anni otto di reclusione in ragione del dato ponderale e del qualità della sostanza del tipo cocaina illecitamente detenuta (dalla quale sarebbe stato possibile ricavare quasi undicimila dosi medie singole) altresì ulteriormente sottolineando, con deduzioni non manifestamente illogiche, al
contempo l’inserimento dell’imputato in contesti criminali (tenuto conto altresì delle sovvenzioni economiche che i suoi familiari ricevevano nel corso della sua detenzione da soggetti che del gruppo organizzato facevano parte).
D’altronde l’incensuratezza, in concreto l’unico elemento positivamente valutabile in favore del prevenuto nel caso di specie a parere del giudicante, non è sufficiente ex lege a giustificare la richiesta del beneficio di cui all’art. 62 -bis cit.. Infine, consegue la manifesta infondatezza della censura sul trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo a fronte di una congrua e non manifestamente illogica motivazione fondata sugli elementi di cui all’art. 133 cod.pen. come sopra evidenziato e tenuto conto che è stata irrogata una pena al di sotto della media edittale (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288).
L’impugnazione, che neppure si confronta appieno con l’iter argomentativo, è quindi manifestamente infondata.
Va conseguentemente dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 12 gennaio 2024
Il Consiglier e COGNOME
sore COGNOME Il Presidente