Attenuanti generiche: no se c’è propensione al reato
La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti alla concessione delle attenuanti generiche e all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il caso riguarda un ricorso contro una condanna per furto aggravato, dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte a causa dei precedenti specifici dell’imputato e della sua manifesta propensione a commettere reati contro il patrimonio.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato, ai sensi degli artt. 624 e 625 del codice penale. La Corte di Appello di Genova aveva confermato la decisione del Tribunale di Imperia. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi volti a smontare l’impianto accusatorio e a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
Il ricorrente basava la sua difesa su quattro principali argomentazioni:
1. Mancanza della condizione di procedibilità: Sosteneva che vi fosse stata una remissione tacita della querela da parte della persona offesa.
2. Errata qualificazione giuridica: Riteneva che il fatto dovesse essere classificato non come furto aggravato, ma come il reato minore di ‘spigolamento abusivo’ previsto dall’art. 626 c.p.
3. Mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p.: Eccepiva la non applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
4. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Lamentava il diniego delle circostanze che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.
La Valutazione della Corte sul diniego delle attenuanti generiche
La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La parte più significativa della decisione riguarda il terzo e quarto motivo, analizzati congiuntamente dai giudici.
La Suprema Corte ha sottolineato che la decisione del giudice di merito di negare le attenuanti generiche era pienamente giustificata e priva di illogicità. La motivazione si fondava su due pilastri solidi: la totale assenza di segni di resipiscenza (pentimento) da parte dell’imputato per la sua condotta e, soprattutto, i suoi precedenti penali specifici. Questi ultimi, secondo la Corte, erano indicativi di una chiara ‘propensione all’acquisizione di profitti illeciti’ attraverso reati contro il patrimonio.
Analogamente, è stata respinta la richiesta di applicare l’art. 131 bis c.p. La Corte ha chiarito che tale istituto non è applicabile quando la condotta non è meramente occasionale. I tre precedenti specifici dell’imputato per reati analoghi indicavano un comportamento abituale, condizione ostativa all’applicazione della norma.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte si basano su principi consolidati. Per la concessione delle attenuanti generiche, non è sufficiente l’assenza di elementi negativi, ma è necessaria la presenza di elementi positivi di particolare meritevolezza che, nel caso di specie, mancavano completamente. I precedenti penali non sono un ostacolo assoluto, ma quando sono specifici e numerosi, come in questo caso, diventano un indice potente della personalità del reo e della sua inclinazione a delinquere, giustificando ampiamente il diniego del beneficio.
La Corte ha inoltre ribadito che un motivo di ricorso che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza una critica argomentata alla sentenza impugnata, è da considerarsi non specifico e quindi inammissibile. Questo è accaduto per la questione della riqualificazione del reato, dove il ricorrente non ha contestato efficacemente la giurisprudenza citata dalla Corte d’Appello (Cass. n. 27537/2020), che escludeva l’applicabilità dell’art. 626 c.p. al caso concreto.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: i benefici come le attenuanti generiche e la non punibilità per tenuità del fatto non sono automatici. Il giudice di merito ha il dovere di valutare complessivamente la condotta e la personalità dell’imputato. Precedenti penali specifici, uniti a una mancanza di pentimento, costituiscono un quadro che legittima pienamente una decisione rigorosa. Per gli operatori del diritto, ciò significa che un’istanza di concessione di tali benefici deve essere supportata da elementi concreti che dimostrino una reale meritevolezza, superando la semplice assenza di circostanze aggravanti.
Quando i precedenti penali impediscono la concessione delle attenuanti generiche?
Secondo la Corte, i precedenti penali, specialmente se specifici per reati della stessa indole, sono un forte indicatore della propensione a delinquere dell’imputato. Se uniti alla mancanza di segni di pentimento (resipiscenza), giustificano pienamente il diniego delle attenuanti generiche, poiché non emergono profili di particolare meritevolezza a favore del reo.
Perché il furto di vegetazione non è stato qualificato come ‘spigolamento abusivo’ (art. 626 c.p.)?
La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo perché il giudice di merito aveva già correttamente spiegato che non sussistevano i requisiti per tale qualificazione. Il reato di ‘spigolamento abusivo’ si configura con l’atto di ‘raccolta’ di residui lasciati sui fondi, un’azione che nel caso di specie non era stata posta in essere.
Quali elementi ostacolano l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
L’applicazione di tale norma è esclusa quando il comportamento del reo è abituale. Nel caso esaminato, i tre precedenti specifici per reati analoghi sono stati considerati prova di un comportamento abituale e non di una condotta meramente occasionale, costituendo quindi un presupposto ostativo all’applicazione del beneficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14285 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14285 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a BAGO DURRES( ALBANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/06/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il ricorrente NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Genova ha confermato la pronunzia del Tribunale Imperia in ordine al reato di furto aggravato (artt. 624, 625 n 5 cod. pen.);
Rilevato che il primo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta la mancanza della condizione di procedibilità per sopravvenuta remissione tacita di querela – è manifestamente infondato perché denunzia violazione di norme smentita dagli atti processuali (pag.2 in cui non traspare assolutamente la volontà del querelante di remissione).
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia l’errata qualificazione giuridica del fatto in furto aggravato anziché raspolamento – spigolamento abusivo ex art. 626 cod. pen. – è indeducibile perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (pag. 2 della sentenza impugnata in cui il Giudice di merito, rifacendosi alla giurisprudenza della presente Corte (sez. F. n. 27537 del 2020 Rv. 279575), ha esplicitato come la fattispecie non può essere sussunta nell’ art 626 cod. pen. in quanto mancano i requisiti per la configurazione di tale reato che si configura con l’atto di raccolta, atto che nel caso di specie non è stato posto in essere.).
Rilevato che il terzo ed il quarto motivo di ricorso, qui riuniti – con cui il ricorrente eccepisce la mancata applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. ed il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche – sono manifestamente infondati, in quanto l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche non è consentito in sede di legittimità in presenza di una motivazione esente da evidenti illogicità (pag. 4 laddove è evidenziato che non emergono specifici profili di particolare meritevolezza a favore del COGNOME, che non ha mai mostrato alcun segno di resipiscenza per la condotta posta in essere; inoltre, il diniego delle attenuanti generiche è pienamente giustificato in ragione dei citati precedenti penali specifici che appaiono indicativi della propensione del predetto all’acquisizione di profitti illeci attraverso la commissione di reati contro il patrimonio), anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti
generiche prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente ch faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tele valutazione; è inoltre fondato s motivi di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (pag.3 :non ricorrono le condizioni di applicabilità dell’art. 131 bis c.p., posto che il fatto in contestazione non risulta di minima consistenza tale da ritenersi irrilevante ai fini della punibilità, tenuto conto del valo commerciale del quantitativo di lentisco già asportato e rinvenuto sul furgone; inoltre, dal certificato penale acquisito agli atti risultano già tr precedenti condanne del COGNOME per reati analoghi, elementi che inducono ad escludere la mera occasionalità della condotta in contestazione, risultando invece indicativi della propensione dell’imputato a trarre i mezzi di sostentamento dalla commissione di reati contro patrimonio e costituiscono il presupposto del comportamento abituale ostativo all’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen.).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31/01/2024