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Attenuanti generiche: no se c’è propensione al reato

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per furto aggravato. La Corte ha stabilito che i precedenti penali specifici e la mancanza di resipiscenza sono motivi validi per negare le attenuanti generiche e l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, confermando la decisione dei giudici di merito.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti generiche: no se c’è propensione al reato

La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui limiti alla concessione delle attenuanti generiche e all’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il caso riguarda un ricorso contro una condanna per furto aggravato, dichiarato inammissibile dalla Suprema Corte a causa dei precedenti specifici dell’imputato e della sua manifesta propensione a commettere reati contro il patrimonio.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di furto aggravato, ai sensi degli artt. 624 e 625 del codice penale. La Corte di Appello di Genova aveva confermato la decisione del Tribunale di Imperia. L’imputato, non rassegnandosi alla condanna, decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a diversi motivi volti a smontare l’impianto accusatorio e a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorrente basava la sua difesa su quattro principali argomentazioni:

1. Mancanza della condizione di procedibilità: Sosteneva che vi fosse stata una remissione tacita della querela da parte della persona offesa.
2. Errata qualificazione giuridica: Riteneva che il fatto dovesse essere classificato non come furto aggravato, ma come il reato minore di ‘spigolamento abusivo’ previsto dall’art. 626 c.p.
3. Mancata applicazione dell’art. 131 bis c.p.: Eccepiva la non applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
4. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Lamentava il diniego delle circostanze che avrebbero potuto portare a una riduzione della pena.

La Valutazione della Corte sul diniego delle attenuanti generiche

La Corte di Cassazione ha rigettato tutti i motivi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. La parte più significativa della decisione riguarda il terzo e quarto motivo, analizzati congiuntamente dai giudici.

La Suprema Corte ha sottolineato che la decisione del giudice di merito di negare le attenuanti generiche era pienamente giustificata e priva di illogicità. La motivazione si fondava su due pilastri solidi: la totale assenza di segni di resipiscenza (pentimento) da parte dell’imputato per la sua condotta e, soprattutto, i suoi precedenti penali specifici. Questi ultimi, secondo la Corte, erano indicativi di una chiara ‘propensione all’acquisizione di profitti illeciti’ attraverso reati contro il patrimonio.

Analogamente, è stata respinta la richiesta di applicare l’art. 131 bis c.p. La Corte ha chiarito che tale istituto non è applicabile quando la condotta non è meramente occasionale. I tre precedenti specifici dell’imputato per reati analoghi indicavano un comportamento abituale, condizione ostativa all’applicazione della norma.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si basano su principi consolidati. Per la concessione delle attenuanti generiche, non è sufficiente l’assenza di elementi negativi, ma è necessaria la presenza di elementi positivi di particolare meritevolezza che, nel caso di specie, mancavano completamente. I precedenti penali non sono un ostacolo assoluto, ma quando sono specifici e numerosi, come in questo caso, diventano un indice potente della personalità del reo e della sua inclinazione a delinquere, giustificando ampiamente il diniego del beneficio.

La Corte ha inoltre ribadito che un motivo di ricorso che si limita a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza una critica argomentata alla sentenza impugnata, è da considerarsi non specifico e quindi inammissibile. Questo è accaduto per la questione della riqualificazione del reato, dove il ricorrente non ha contestato efficacemente la giurisprudenza citata dalla Corte d’Appello (Cass. n. 27537/2020), che escludeva l’applicabilità dell’art. 626 c.p. al caso concreto.

Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: i benefici come le attenuanti generiche e la non punibilità per tenuità del fatto non sono automatici. Il giudice di merito ha il dovere di valutare complessivamente la condotta e la personalità dell’imputato. Precedenti penali specifici, uniti a una mancanza di pentimento, costituiscono un quadro che legittima pienamente una decisione rigorosa. Per gli operatori del diritto, ciò significa che un’istanza di concessione di tali benefici deve essere supportata da elementi concreti che dimostrino una reale meritevolezza, superando la semplice assenza di circostanze aggravanti.

Quando i precedenti penali impediscono la concessione delle attenuanti generiche?
Secondo la Corte, i precedenti penali, specialmente se specifici per reati della stessa indole, sono un forte indicatore della propensione a delinquere dell’imputato. Se uniti alla mancanza di segni di pentimento (resipiscenza), giustificano pienamente il diniego delle attenuanti generiche, poiché non emergono profili di particolare meritevolezza a favore del reo.

Perché il furto di vegetazione non è stato qualificato come ‘spigolamento abusivo’ (art. 626 c.p.)?
La Corte ha ritenuto inammissibile il motivo perché il giudice di merito aveva già correttamente spiegato che non sussistevano i requisiti per tale qualificazione. Il reato di ‘spigolamento abusivo’ si configura con l’atto di ‘raccolta’ di residui lasciati sui fondi, un’azione che nel caso di specie non era stata posta in essere.

Quali elementi ostacolano l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.)?
L’applicazione di tale norma è esclusa quando il comportamento del reo è abituale. Nel caso esaminato, i tre precedenti specifici per reati analoghi sono stati considerati prova di un comportamento abituale e non di una condotta meramente occasionale, costituendo quindi un presupposto ostativo all’applicazione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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