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Attenuanti generiche: no se c’è propensione a delinquere

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di negare le attenuanti generiche, sottolineando che la valutazione della propensione a delinquere, basata su precedenti specifici e sulla condotta abituale, costituisce una motivazione sufficiente. Il potere discrezionale del giudice nella determinazione della pena e nella concessione delle attenuanti è stato ribadito come ampio e insindacabile se logicamente motivato.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche: Quando la Propensione a Delinquere Giustifica il Diniego

L’applicazione delle attenuanti generiche rappresenta uno degli strumenti più significativi del potere discrezionale del giudice penale. Con l’ordinanza n. 23857/2024, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini di tale discrezionalità, chiarendo come la valutazione negativa della personalità dell’imputato, basata su elementi concreti come precedenti e abitualità della condotta, possa legittimamente giustificare il diniego del beneficio.

I fatti del caso e il ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da una condanna emessa dalla Corte d’Appello di Bologna, che aveva rideterminato la pena per un soggetto imputato di detenzione a fini di spaccio di hashish, qualificata come ipotesi di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La pena era stata fissata in tre mesi e dieci giorni di reclusione e 600 euro di multa.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per Cassazione lamentando un vizio di motivazione. Nello specifico, si contestava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ritenendo la pena eccessiva e la motivazione del diniego carente.

La Decisione della Corte: Focus sulle Attenuanti Generiche

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi cardine in materia di determinazione della pena e concessione dei benefici di legge.

Il Potere Discrezionale del Giudice e i Criteri dell’Art. 133 c.p.

In primo luogo, la Cassazione ricorda che la quantificazione della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere è esercitato correttamente anche con una motivazione sintetica, purché faccia riferimento, anche implicitamente, agli elementi di cui all’art. 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo).

Nel caso specifico, la pena applicata non era superiore alla media edittale, pertanto non era richiesta un’argomentazione particolarmente dettagliata da parte della Corte d’Appello. Il sindacato di legittimità, infatti, interviene solo in caso di decisioni arbitrarie o manifestamente illogiche.

La Valutazione della Propensione a Delinquere nel Diniego delle Attenuanti Generiche

Il punto cruciale della decisione riguarda la motivazione del diniego delle attenuanti generiche. La Corte d’Appello aveva basato la sua scelta sulla propensione a delinquere dell’imputato, evidenziata da precedenti penali di particolare offensività e dal carattere abituale della sua condotta di spaccio.

La Cassazione ha ritenuto tale motivazione congrua, logica e, pertanto, non censurabile in sede di legittimità. Viene richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudice non è tenuto a esaminare analiticamente tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che si soffermi su quelli ritenuti decisivi. Il riferimento ai precedenti penali e al comportamento processuale negativo dell’imputato è stato considerato un argomento sufficiente a giustificare il diniego del beneficio.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su due pilastri. Il primo è la natura stessa delle attenuanti generiche, che, a seguito delle modifiche normative all’art. 62-bis del codice penale, non costituiscono più un diritto automatico dell’imputato (nemmeno se incensurato), ma assumono una “valenza premiale”. Ciò significa che la loro concessione deve essere supportata da elementi positivi specifici che la giustifichino. Di conseguenza, il loro diniego può essere motivato anche solo evidenziando elementi negativi prevalenti, come la pericolosità sociale del reo.

Il secondo pilastro è il rispetto della discrezionalità del giudice di merito. La valutazione degli indici di cui all’art. 133 c.p. è un’operazione che spetta ai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella, a meno che quest’ultima non sia palesemente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la decisione di negare il beneficio, basata su precedenti e abitualità, è stata ritenuta perfettamente coerente e immune da vizi logici.

Le conclusioni

L’ordinanza in commento conferma che il riconoscimento delle attenuanti generiche è tutt’altro che scontato. I giudici di merito hanno il dovere di valutare in concreto la personalità dell’imputato, e possono legittimamente negare il beneficio qualora emergano elementi negativi significativi, come una spiccata propensione a delinquere. Per la difesa, ciò implica la necessità di non limitarsi a chiedere il beneficio, ma di argomentare in modo specifico e documentato l’esistenza di elementi positivi (comportamento processuale, sforzi di reinserimento sociale, etc.) che possano effettivamente meritare una valutazione premiale da parte del giudice.

Quando un giudice può negare le attenuanti generiche?
Un giudice può negare le attenuanti generiche quando valuta negativamente la personalità dell’imputato, basandosi su elementi concreti come la presenza di precedenti penali specifici e reiterati, un comportamento processuale negativo o una generale propensione a delinquere.

È necessaria una motivazione dettagliata per negare le attenuanti generiche?
No, non sempre. Secondo la Corte, è sufficiente una motivazione anche sintetica, purché faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi, come i precedenti penali o l’abitualità della condotta criminale, senza la necessità di analizzare ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole.

I precedenti penali sono sufficienti per negare le attenuanti?
Sì. La Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti basato esclusivamente sul riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, considerandoli un indicatore decisivo della sua propensione a delinquere e della sua personalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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