LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Attenuanti generiche: no se c’è capacità a delinquere

Un soggetto condannato in primo e secondo grado per spaccio di lieve entità ricorre in Cassazione lamentando, tra le altre cose, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando che le attenuanti generiche possono essere negate se la condotta dell’imputato, pur relativa a un reato di lieve entità, dimostra una concreta capacità a delinquere. La decisione ribadisce principi consolidati anche in materia di particolare tenuità del fatto e recidiva.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 26 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Attenuanti Generiche Negate: Capacità a Delinquere Prevale su Lieve Entità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in materia di commisurazione della pena: la concessione delle attenuanti generiche non è un automatismo, nemmeno di fronte a reati qualificati come di “lieve entità”. La valutazione del giudice deve concentrarsi sulla personalità dell’imputato e sulla sua capacità a delinquere, desumibile dalle modalità concrete della condotta. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio le logiche che guidano i giudici in queste delicate valutazioni.

I Fatti: Condanna per Spaccio di Lieve Entità

Il caso riguarda un giovane condannato sia dal Tribunale che dalla Corte d’Appello per il reato di spaccio continuato di sostanze stupefacenti, qualificato come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90. La condanna si basava su prove raccolte durante un’attività di osservazione della polizia, che aveva documentato diverse cessioni di droga a vari acquirenti, seguite da perquisizioni che avevano portato al rinvenimento di ulteriori dosi e del denaro provento dell’attività illecita.

Nonostante la doppia condanna, l’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di presentare ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a sei distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato un ricorso complesso, contestando diversi aspetti della sentenza d’appello:

Inadeguata Motivazione e Attribuzione della Droga

Si lamentava una carenza di motivazione riguardo all’effettiva attribuzione della sostanza stupefacente trovata in un vano contatori, accessibile a più persone, e sulla configurabilità delle cessioni precedenti all’arresto.

Mancato Riconoscimento della Particolare Tenuità del Fatto

La difesa contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sostenendo che i precedenti penali dell’imputato per reati di diversa natura (furto) non dovessero essere ostativi.

Contestazione su Recidiva, Attenuanti Generiche e Pena Base

Gli ultimi motivi di ricorso vertevano sull’errata applicazione della recidiva, sul mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), sulla non applicazione dell’attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) e sulla carenza di motivazione riguardo alla determinazione della pena base, fissata al di sopra del minimo edittale.

Le Motivazioni della Cassazione: il Ruolo delle Attenuanti Generiche

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili o infondati tutti i motivi di ricorso, confermando integralmente la sentenza di condanna. La parte più interessante della pronuncia riguarda proprio la valutazione delle circostanze attenuanti.

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il ricorso per cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti. Le censure relative alla ricostruzione della vicenda e alla valutazione delle prove sono state ritenute inammissibili, poiché i giudici di merito avevano fornito una motivazione logica e coerente basata su plurimi elementi (osservazioni della polizia, identità delle confezioni di droga, possesso delle chiavi dei locali, etc.).

Sul punto della particolare tenuità del fatto, la Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito. L’esclusione di tale causa di non punibilità era stata motivata non solo sulla base dell’abitualità della condotta, ma soprattutto sulla sua gravità intrinseca. Le modalità dell’azione (cessioni ripetute in un breve lasso di tempo) e il rinvenimento, durante la perquisizione, di un’arma clandestina (un fucile a canne mozze), connotavano il fatto di un disvalore sociale tale da escludere la particolare tenuità.

Il rigetto della richiesta di attenuanti generiche è stato motivato in linea con un orientamento giurisprudenziale consolidato. La Corte ha ricordato che, a seguito della riforma del 2008, per la concessione di tali attenuanti non è più sufficiente la mera incensuratezza (che in questo caso mancava), ma è necessaria la presenza di elementi di segno positivo. I giudici di appello avevano correttamente negato le attenuanti rilevando l’assenza di tali elementi e valorizzando, al contrario, le modalità della condotta come indice di una spiccata capacità delinquenziale. La qualificazione del fatto come “lieve entità” ai fini della norma speciale sugli stupefacenti non implica automaticamente un giudizio positivo sulla personalità dell’imputato.

Infine, anche le censure sulla determinazione della pena sono state respinte. La Corte ha specificato che una motivazione dettagliata è necessaria solo quando la pena si discosta significativamente dal minimo edittale, cosa non avvenuta nel caso di specie, dove un generico riferimento alla gravità del fatto era sufficiente.

Le Conclusioni: Principi Consolidati in Materia di Pena

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione. In primo luogo, consolida il principio secondo cui la qualificazione di un reato di spaccio come “di lieve entità” opera su un piano diverso rispetto alla valutazione della personalità del reo ai fini della concessione delle attenuanti generiche. Un fatto può essere lieve sotto il profilo quantitativo della droga, ma le sue modalità esecutive possono comunque rivelare una pericolosità sociale che giustifica il diniego dei benefici.

In secondo luogo, viene riaffermato l’ampio potere discrezionale del giudice di merito nel valutare la sussistenza di elementi positivi per la concessione delle attenuanti. In assenza di tali elementi, il diniego è legittimo e non richiede una motivazione particolarmente analitica. La decisione finale, quindi, conferma la validità di un approccio che guarda alla sostanza del comportamento criminale al di là delle mere qualificazioni giuridiche, ancorando la commisurazione della pena a una valutazione completa della condotta e della personalità dell’imputato.

Quando possono essere negate le circostanze attenuanti generiche?
Le circostanze attenuanti generiche possono essere negate quando il giudice non rileva elementi positivi da valorizzare riguardo alla condotta o alla personalità dell’imputato. Secondo la sentenza, è sufficiente l’assenza di tali elementi, soprattutto se le modalità del fatto indicano una certa capacità a delinquere, anche per reati di lieve entità.

La qualifica di un reato come ‘di lieve entità’ comporta automaticamente l’applicazione di altre attenuanti o benefici?
No. La sentenza chiarisce che la qualificazione di un fatto come di lieve entità (nel caso specifico, lo spaccio ex art. 73 co. 5 D.P.R. 309/90) non comporta automaticamente né il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), né la concessione di altre attenuanti come quella del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.) o le attenuanti generiche.

Perché la Corte di Cassazione non riesamina i fatti del processo?
La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o ricostruire i fatti (compito che spetta al Tribunale e alla Corte d’Appello), ma verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano fornito una motivazione logica e non contraddittoria per le loro decisioni. Per questo motivo, i ricorsi che si limitano a criticare la valutazione delle prove vengono dichiarati inammissibili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati