Attenuanti Generiche: Quando i Precedenti Penali Giustificano il Diniego
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di concessione delle attenuanti generiche: la presenza di un curriculum criminale significativo può, da sola, costituire una motivazione sufficiente per negarle. Questa pronuncia chiarisce i limiti del sindacato della Suprema Corte sulle valutazioni di merito del giudice, specialmente per quanto riguarda la personalizzazione della pena.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato in via definitiva per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del codice penale. L’imputato si rivolgeva alla Corte di Cassazione lamentando la decisione della Corte d’Appello, che aveva confermato la sentenza di primo grado. I motivi del ricorso si concentravano su due punti specifici: l’errata valutazione della sua recidiva e, soprattutto, il diniego delle attenuanti generiche.
La Decisione della Cassazione e le Attenuanti Generiche
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiudendo di fatto la porta a qualsiasi riesame nel merito della questione. La decisione si fonda su un principio consolidato: la valutazione circa la concessione o il diniego delle attenuanti generiche rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Si tratta di un ‘giudizio di fatto’ che non può essere messo in discussione in sede di legittimità, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica, contraddittoria o del tutto assente.
Il Peso dei Precedenti Penali
Il cuore della pronuncia risiede nella sufficienza della motivazione addotta dal giudice di merito. La Cassazione ha specificato che l’onere motivazionale del giudice è pienamente assolto quando il diniego delle attenuanti si basa sul richiamo ai numerosi precedenti penali dell’imputato. Questi elementi, indicati nell’art. 133 del codice penale come criteri per la commisurazione della pena, sono considerati un indicatore oggettivo della personalità del reo e della sua propensione a delinquere, giustificando così una maggiore severità nel trattamento sanzionatorio.
L’Onere della Prova del ‘Mutamento di Vita’
Un ulteriore aspetto toccato dalla Corte riguarda l’affermazione dell’imputato di aver intrapreso un percorso di ‘mutamento di vita’ dopo la commissione del reato. I giudici hanno sottolineato come tale affermazione, se non supportata da elementi concreti e prove tangibili, rimanga una pura asserzione e non possa essere considerata sufficiente a scalfire la valutazione negativa basata sui precedenti.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità richiamando la propria giurisprudenza costante. Viene ribadito che il giudice del merito non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli all’imputato, ma può fondare la sua decisione su quelli ritenuti preponderanti. In questo contesto, un passato criminale significativo è un fattore che può legittimamente prevalere su altri, senza che ciò costituisca un vizio di motivazione. La decisione del giudice di merito non è stata frutto di arbitrio né di un ragionamento illogico, ma si è basata su dati oggettivi (i precedenti penali), rendendo la valutazione insindacabile in Cassazione.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Per gli imputati con un passato criminale, ottenere le attenuanti generiche diventa una strada in salita. Non è sufficiente una mera dichiarazione di intenti o un ravvedimento asserito; è necessario fornire prove concrete e verificabili di un reale cambiamento di vita e di una ridotta pericolosità sociale. Per i professionisti legali, ciò significa che la strategia difensiva deve concentrarsi sulla raccolta di elementi probatori robusti (come relazioni di servizi sociali, prove di un lavoro stabile, percorsi di riabilitazione) per poter sperare in un trattamento sanzionatorio più mite. Infine, la pronuncia ricorda che l’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche di una somma in favore della Cassa delle ammende.
È sufficiente che un giudice citi i precedenti penali per negare le attenuanti generiche?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il richiamo ai numerosi precedenti penali dell’imputato costituisce una motivazione adeguata e sufficiente per giustificare il diniego delle attenuanti generiche, in quanto è un elemento rilevante ai sensi dell’art. 133 c.p. per valutare la personalità del reo.
La Corte di Cassazione può riesaminare la decisione di un giudice sul concedere o meno le attenuanti generiche?
No, la valutazione sulla concessione delle attenuanti generiche è un ‘giudizio di fatto’ che rientra nella discrezionalità del giudice di merito. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione è completamente assente, manifestamente illogica o contraddittoria, ma non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di grado inferiore.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In caso di inammissibilità del ricorso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata quantificata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43070 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43070 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/12/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME impugna la sentenza in epigrafe indicata, che ne ha confermato la condanna per il delitto di cui all’art. 385, cod. pen..
Egli lamenta violazione di legge e vizi di motivazione in punto di: 1) considerazione della recidiva; 2) diniego delle attenuanti generiche.
2. Il ricorso è inammissibile.
In tema di trattamento sanzionatorio, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133, cod. pen., da esso considerati preponderanti, e non si presenti quale frutto di mero arbitrio o di ragionamento del tutto illogico, contraddittorio od immotivato. In particolare, quanto alle attenuanti generiche, tale onere motivazionale deve ritenersi adeguatamente assolto attraverso il richiamo in sentenza ai numerosi precedenti penali dell’imputato (tra moltissime altre: Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826). A tanto si aggiunga che, nello specifico, la sentenza ha rilevato come il mutamento di vita dell’imputato successivamente al reato risulti puramente asserito, nulla replicando ricorso.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna alle spese del procedimento ed al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equa in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa della ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 25 ottobre 2024.